Cominciai a pensare che avrei fatto meglio a telefonare a Carvajal.

Prima che potessi fare qualcosa, comunque, una notizia sconvolgente arrivo da ovest. Richard Leydecker, Governatore della California, capo riconosciuto dei Nuovi Democratici, candidato N. 1 per la prossima nomina presidenziale, mori improvvisamente su un campo di golf di Palm Springs nel Memorial Day, all’eta di 57 anni, e la sua carica e l’enorme potenza passarono al vicegovernatore Carlos Socorro, che divenne cosi una formidabile forza politica nel paese in virtu del controllo sullo stato piu ricco e influente della nazione.

Socorro, che avrebbe ora comandato l’immensa delegazione californiana alla convenzione nazionale dell’anno successivo, comincio a sollevare la questione del futuro candidato alla sua prima conferenza stampa, due giorni dopo la morte di Leydecker. Riusci a far capire, parlando d’altro, che egli guardava al Senatore Eli Kane dell’Illinois come al candidato piu probabile per la nomina dell’anno seguente, mettendo la miccia a un boom di Kane-per- presidente che nelle settimane successive sarebbe diventato schiacciante.

Io stesso avevo pensato a Kane. Quando arrivo la notizia della morte di Leydecker, la mia conclusione immediata fu che adesso Quinn avrebbe dovuto far finta di volere la nomina presidenziale invece di quella vicepresidenziale (perche non farsi della pubblicita extra ora che non avevamo piu paura di una lotta impari con Leydecker?); poi avremmo sistemato le cose in modo che Quinn fosse battuto, all’interno della convenzione, da qualche candidato anziano e non molto famoso, che alla fine, a novembre, sarebbe stato strapazzato per bene dal presidente Mortonson. A Quinn sarebbero rimasti in eredita i brandelli del partito da rimettere insieme per il 2004. Qualcuno come Kane, un politico fedele alla linea del partito, distinto ma insignificante, sarebbe stato l’uomo ideale per il ruolo del cattivo che porta via la nomina al giovane e impetuoso sindaco.

Perche Quinn potesse contendere seriamente la nomina a Kane, tuttavia, era necessario l’appoggio di Socorro. Quinn era ancora sconosciuto in gran parte del paese mentre Kane era famoso e amato nell’immenso entroterra centroamericano. Con l’appoggio della California, Quinn avrebbe perso ugualmente contro Kane, ma senza fare una brutta figura. Pensai che avremmo potuto lasciar passare un doveroso lasso di tempo, per esempio una settimana, e poi cominciare a fare delle proposte a Socorro. Ma la sua immediata adesione per Kane cambio tutto da un momento all’altro e taglio completamente fuori Quinn. Di colpo si vide il senatore Kane girare per la California a fianco del nuovo governatore ed emettere altisonanti belati di lode per l’abilita amministrativa di Socorro.

Il guaio era che ormai Quinn era finito. Si stava chiaramente profilando un’accoppiata elettorale Kane- Socorro, che sarebbero sicuramente arrivati alla convenzione dell’anno successivo con la nomina di primo scrutinio gia in tasca. Quinn avrebbe fatto la figura di un ingenuo donchisciotte, o peggio, del furbo insincero, se si fosse messo in concorrenza per la nomina. Avevamo mancato di contattare in tempo Socorro, nonostante l’appunto di Carvajal, e Quinn aveva perso la possibilita di acquistare un potente alleato. Con questo non era stato arrecato nessun danno irreparabile alle possibilita presidenziali di Quiim nel 2004, ma la nostra lentezza ci era comunque costata cara.

Oh, il dolore, la vergogna, il disonore! Ecco qua, dice lo strano ometto, ecco un foglietto di carta con scritti su tre pezzi di futuro. Intraprendi l’azione che le tue capacita profetiche ritengono migliore. Bene, rispondi tu, grazie mille, e le tue doti non ti dicono proprio niente, non fai niente. Cosi il futuro ti scivola intorno alle orecchie fino a diventare presente, e tu vedi molto chiaramente cosa avresti dovuto fare, e appari stupido ai tuoi stessi occhi.

Mi sentivo avvilito. Mi sentivo buono a nulla.

Sentivo di aver fallito una specie di prova.

Avevo bisogno di una guida. Andai da Carvajal.

16

E questo sarebbe il posto dove vive un milionario dotato di una seconda vista? Un piccolo, sudicio appartamento in un tozzo condominio di circa cento anni fa poco lontano da Flatbush Avenue nel cuore della parte di Brooklyn abbandonata da Dio? Arrivarci fu un’impresa di folle temerarieta. Sapevo — chiunque faccia parte dell’amministrazione municipale lo impara subito — quali zone della citta dovevano essere considerate “off limits”, oltre qualsiasi speranza di redenzione, al di fuori dell’autorita della legge. Questa ne era un esempio. Sotto il velo del tempo e della decadenza vedevo i resti della rispettabilita residenziale di un tempo; una volta era stato un distretto della piccola borghesia ebrea, un quartiere di macellai, di “kosher” e di avvocati falliti; poi divento la zona della piccola borghesia negra e quindi dei bassifondi negri, forse con qualche colonia portoricana, e adesso era solo una giungla, un deserto corrosivo di casupole accoppiate per due famiglie, di mattoni rossi ormai in briciole, e palazzoni a sei piani coperti di fuliggine, abitati da vagabondi, tossicomani, rapinatori, rapinatori di rapinatori, teppisti selvaggi, bande in pantaloni corti, topi giganteschi e Martin Carvajal.

— La? — balbettai quando, avendogli chiesto un colloquio, Carvajal mi aveva suggerito di andare a casa sua. Immagino di aver mancato di tatto, mostrandomi cosi stupito. Lui ribatte tranquillamente che non mi sarebbe stato torto un capello.

— Penso comunque che chiedero di essere scortato dalla polizia — dissi e lui scoppio a ridere, affermo che quello era il modo migliore per cercare guai e di nuovo mi consiglio, fermamente, di non avere paura, che non mi sarebbe successo niente se fossi andato solo.

La voce interiore di cui seguo sempre i suggerimenti mi disse di avere fiducia e cosi mi recai da Carvajal senza la scorta di polizia, ma non senza paura.

Nessun taxi si sarebbe addentrato in quella parte di Brooklyn e nessun mezzo pubblico, ovviamente, arriva in posti del genere; presi in prestito una macchina non segnata tra quelle dell’amministrazione municipale e la guidai io, non avendo il coraggio di arrischiare la pelle di un autista.

Arrivai in orario, intatto se non del tutto tranquillo, alla casa di Carvajal. Per strada mi ero aspettato di trovare sporcizia e mucchi fatiscenti di spazzatura, aree cosparse di macerie di edifici in demolizione, simili ai buchi lasciati dai denti caduti; ma non mi aspettavo carcasse secche e annerite di animali — cani, capre, maiali? — e neppure le folte erbacce che crescevano rompendo l’asfalto come se fosse una citta fantasma, e neppure il fetore di escrementi umani o i turbinii di sabbia in cui si affondava fino alla caviglia. Un getto di calore torrido mi investi quando uscii, timidamente e con paura, dal fresco della macchina. Benche si fosse solo all’inizio di giugno, un tremendo calore da fine agosto cuoceva quelle miserabili rovine.

Attivai il dispositivo d’allarme della macchina. Quanto a me, avevo un bastone antipersone caricato al massimo e indossavo un cono difensivo pure al massimo che avrebbe abbattuto un malintenzionato a una dozzina di metri. Pure, mi sentivo tremendamente indifeso mentre attraversavo il cupo asfalto, sapendo di non essere protetto contro un’eventuale pallottola sparata dall’alto. Invece, benche alcuni visi terrei mi spiassero con astio dall’oscurita delle finestre cadenti e scrostate, e alcuni cow-boy di strada dai fianchi stretti mi lanciassero lunghe occhiate scostanti, non ci fu nessun colpo di fucile dal quarto piano. In seguito appresi che non sarei riuscito a sopravvivere sessanta secondi dopo essere uscito dalla macchina se Carvajal non avesse dato degli ordini riguardo alla mia incolumita. In quella giungla bruciata la sua autorita era immensa; agli occhi dei suoi feroci vicini Carvajal era una specie di stregone, un totem sacro, un pazzo santo, rispettato, temuto e obbedito. La sua seconda vista, senza dubbio, usata con buon senso e con effetto impressionante, l’aveva reso invulnerabile, laggiu — nella giungla nessuno scherza con lo sciamano — e ora aveva esteso il suo mantello protettivo su di me.

Il suo appartamento era al quinto piano. Non c’era ascensore. Ogni piano di scale fu un’avventura allucinante. Sentivo lo sgambettio dei topi giganteschi; soffocavo e avvertivo i conati di vomito per strani odori ripugnanti; immaginavo assassini di sette anni nascosti in ogni pozza d’ombra.

Raggiunsi la sua porta senza incidenti. Apri prima che riuscissi a trovare il campanello. Nonostante il caldo, Carvajal indossava una camicia bianca con il colletto chiuso, una giacca di tweed grigio e una cravatta marrone. Sembrava un professore in attesa di sentirmi ripetere le coniugazioni e le declinazioni latine.

— Visto? — mi disse — sano e salvo. Nessun guaio.

Carvajal viveva in tre stanze: una camera da letto, un soggiorno e una cucina. I soffitti erano bassi, l’intonaco scrostato, le pareti di un verde sbiadito sembrava che fossero state verniciate l’ultima volta al tempo di Dick Nixon il Dritto. Il mobilio era anche piu vecchio, doveva risalire all’epoca di Truman ed era pomposo e troppo imbottito, ricoperto di una stoffa a fiori da cui spuntavano robuste zampe da rinoceronte. Non c’era aria condizionata e si soffocava; l’illuminazione era a incandescenza e pallida; il televisore era un vecchio modello da tavolo; il lavello della cucina aveva acqua corrente e non ultrasuoni. Quando ero un ragazzino, a meta degli Anni 70, uno dei miei

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