lui. Ho sempre lavorato con metodi stocastici fino a pochissimo tempo fa, finche non mi sono lasciato intrappolare da Carvajal. Lo sai benissimo.

— Ma Quinn no.

— E con questo? E assurdo che mi consideri una minaccia. Stammi a sentire, i miei sentimenti nei confronti di Quinn sono sempre stati un miscuglio di timore, ammirazione, rispetto e, be’, amore. Amore. Anche adesso. Continuo a pensare che sia un grande uomo e un grande personaggio politico, voglio vederlo presidente, e anche se vorrei che non avesse paura di me, non gliene voglio per questo. Posso capire che dal suo punto di vista gli sia sembrato indispensabile liberarsi di me. Pero, voglio ancora fare tutto quello che posso per lui.

— Non ti riassumera, Lew.

— Va bene, l’accetto. Ma posso continuare a lavorare per lui senza che lo venga a sapere.

— Come?

— Tramite te. Ti posso passare dei suggerimenti e tu a tua volta li trasmetti a Quinn come se fossero consigli tuoi.

— Se dovessi mai passargli delle indicazioni come quelle che gli davi tu, butterebbe fuori a calci anche me. Forse piu in fretta.

— Non sara roba di quel genere, Lew. Primo, adesso so che sarebbe troppo rischioso. Secondo, non ho piu la mia fonte. Ho rotto con Carvajal. Sai che non mi aveva mai avvertito che sarei stato licenziato? Mi parla del futuro di Sudakis, ma non del mio. Capisci? Ho quasi l’impressione che desiderasse il mio allontanamento da City Hall. Carvajal non mi ha procurato che guai e dolori e non sono certo disposto a sopportarne degli altri. Continuo ad avere, comunque, i miei metodi intuitivi su cui lavorare, la mia abilita stocastica. Posso analizzare gli orientamenti, derivarne una strategia generica e poi riferirti le mie previsioni, d’accordo? Posso? Faremo in modo che Quinn e Mardikian non scoprano che ci teniamo in contatto. Non puoi lasciarmi perdere cosi, Bob. Non quando c’e ancora un sacco di lavoro da fare per Quinn. Allora, cosa ne dici?

— Possiamo provare — approvo cautamente. — Penso di poterti dare questa possibilita, si. D’accordo. Saro il tuo portavoce. Purche tu mi lasci la scelta di decidere cosa passare e cosa non passare a Quinn. Questa volta e la mia testa in pericolo, non la tua.

— Sono d’accordo.

Non potendo essere utile io stesso a Quinn, l’avrei fatto per procura. Per la prima volta dopo il mio allontanamento, mi sentii vivo e utile. Quella notte non nevico nemmeno.

37

Ma il nostro piano per procura ando a monte. Ci provammo ma senza successo. Mi misi diligentemente a tavolino con un giornale e mi aggiornai sugli ultimi sviluppi — avevo perso il filo degli avvenimenti per una settimana e non mi raccapezzavo gia piu in mezzo alle nuove situazioni — e poi attraversai la citta gelata fino all’ufficio della New Nichols Associates, che continuava a funzionare anche se a singhiozzo, e affidai alcune previsioni ai miei macchinari. Trasmisi i risultati a Bob via corriere, non volendo correre il rischio di telefonare. Si trattava di roba di poco conto, un paio di banali suggerimenti sulla politica cittadina nel campo dell’occupazione. Nei giorni seguenti tirai fuori indicazioni dello stesso genere, anche piu addomesticate. Poi Lombroso mi chiamo.

— Puoi anche smettere. Mardikian ci ha scoperti.

— Cos’e successo?

— Ho passato le tue previsioni un po’ alla volta. Ieri sera sono stato fuori a pranzo con Haig e, arrivati al dessert, lui mi ha chiesto a bruciapelo se continuavo a vederti.

— Tu gli hai detto la verita?

— Ho cercato di non dirgli niente. Ma Haig e molto furbo, lo sai. Mi ha letto dentro come in un libro aperto. Ha detto: “Questa roba la ricevi da Lew, non e vero?”. Io ho alzato le spalle e lui si e messo a ridere e ha detto: “Lo so che e cosi. Si sente la sua mano”. Non ho ammesso niente. Molto amichevolmente Haig mi ha consigliato di lasciar perdere, che avrei compromesso la mia posizione con Quinn.

— Allora Quinn non lo sa ancora?

— A quanto pare, no. Mardikian non ha intenzione di dirglielo. Ma io non posso correre questo rischio. Se Quinn se ne accorge, sono finito. Da in escandescenze quando qualcuno pronuncia il nome di Lew Nichols.

— E ridotto a questo punto?

— Proprio.

— Ormai sono diventato il nemico.

— Temo di si. Mi dispiace, Lew.

— Anche a me.

— Io non ti chiamero piu. Se hai bisogno di parlarmi, chiama il mio ufficio di Wall Street.

— Okay. Non voglio che tu abbia dei guai, Bob.

— Mi dispiace.

— Va bene.

— Se potessi fare qualcosa per te…

— Va bene, va bene.

38

Due giorni prima di Natale ci fu una bufera terribile, con venti furiosi e violenti, temperature subartiche e una fitta tormenta di una neve secca, dura, tagliente. Il tipo di bufera che avrebbe sconvolto uno del Minnesota e fatto piangere un eschimese. Per tutto il giorno le finestre di casa tremarono nelle loro venerande intelaiature, mentre cascate di neve portate dal vento le colpivano come manciate di sassolini, e io tremavo all’unisono con loro, pensando che avevamo ancora davanti gennaio e febbraio e che poteva nevicare anche a marzo. Andai a letto presto e mi alzai di buon’ora in una mattinata di sole abbagliante. Le giornate fredde e soleggiate sono comuni dopo le bufere di neve, perche arrivano correnti d’aria secca e limpida, ma quella volta la luminosita aveva qualcosa di strano, non lo splendore gelido tipico di un giorno invernale, ma il giallo dolce, maturo e dorato della primavera; quando accesi la radio, sentii l’annunciatore parlare dell’incredibile cambiamento di tempo. In apparenza, qualche massa d’aria vagante s’era mossa, nella notte, dalle Caroline verso nord e la temperatura era salita fino a un grado di calore da aprile inoltrato.

La primavera non ci abbandono. Giorno dopo giorno il tepore fuori stagione accarezzava la citta satura d’inverno. All’inizio, naturalmente, la vita fu caotica: gli alti cumuli di neve recente si squagliavano e scorrevano in ruscelli turbinosi verso i condotti; a meta della settimana festiva, comunque, gran parte della fanghiglia nevosa era scomparsa. Un’ondata di gaiezza folle invase New York, i cappotti e le tute da neve sparirono, le strade si affollarono di gente sorridente e allegra avvolta in tuniche leggere e giubbini, di moltitudini di bagnanti nudi e seminudi, pallidi ma impazienti, sparsi sugli imbarchi soleggiati di Central Park, ogni fontana aveva la sua cornice di musici, giocolieri e danzatori. L’atmosfera carnevalesca cresceva mentre l’anno vecchio fuggiva e continuava quel tempo assurdo, perche era il 1999 e quello che stava scivolando via non era solo un anno ma un intero millennio. (Quelli che continuavano a sostenere che il XXI secolo e il terzo millennio non sarebbe iniziato fino al 1° gennaio 2001 erano considerati dei guastafeste pedanti.) L’arrivo di aprile a dicembre sconvolgeva tutti. Il tepore innaturale del tempo subito dopo un gelo altrettanto innaturale, la lucentezza misteriosa del sole sospeso all’orizzonte, l’assurda consistenza primaverile dell’aria, tutto contribuiva a dare una bizzarra, apocalittica fragranza a quelle giornate, tanto che qualsiasi cosa sembrava possibile e non avrebbe sorpreso vedere strane comete nel cielo notturno o repentini cambiamenti nelle costellazioni. Immagino che debba essere stato lo stesso a Roma prima dell’arrivo dei Goti q a Parigi all’inizio del Terrore. Fu una settimana gioiosa ma nello stesso tempo oscuramente inquietante e paurosa; gustavamo quel miracoloso tepore, ma lo consideravamo anche un presagio, un auspicio di qualche fosca catastrofe futura. Con l’avvicinarsi dell’ultimo giorno di dicembre, ci fu uno strano, percettibile aumento di tensione. Cio che provavamo era la disperata allegria dei funamboli su una corda sospesa sopra un abisso impenetrabile. C’era chi diceva, traendo una soddisfazione crudele dalla cupa predizione, che l’ultimo giorno

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