deviazione dal piano costruttivo, Thor ordinava che il blocco difettoso venisse dissaldato e sostituito: si recava varie volte ogni ora in cima alla torre, per controllare di persona l’installazione o la sostituzione di un blocco critico.
La bellezza dell’edificio dipendeva dalla mancanza di strutture portanti interne, per tutta la sua lunghezza smisurata, ma per erigere un edificio come quello occorreva controllare con la massima precisione ogni dettaglio. Era fastidioso doversi allontanare dal posto di lavoro proprio a meta del turno, ma non si poteva rifiutare una chiamata di Krug.
Come Thor, appena uscito del trasmat, entro nell’ufficio, Krug gli chiese: — Dimmi, Thor, da quanto tempo sono il tuo dio?
Thor rimase sbalordito. Lotto silenziosamente per riacquistare l’equilibrio interiore; scorse il cubo sulla scrivania di Krug, e comprese quel che era successo. Lilith; Manuel; si, ecco cos’era. Krug sembrava straordinariamente tranquillo. L’alfa non riusciva a decifrare la sua espressione.
Guardingo, Thor disse: — Che altro creatore avremmo dovuto venerare?
— Che motivo c’era, di venerarne uno?
— Quando si e nell’angoscia piu profonda, signore, si desidera rivolgersi a qualcuno piu potente di noi, per trarne conforto e aiuto.
— Dunque — chiese Krug — e a questo che serve un dio? Per ottenere favori da lui?
— Per avere la sua misericordia, forse.
— E pensate che io possa darvi quanto chiedete?
— Cosi noi preghiamo.
Thor, incerto e preoccupato, studio Krug. Krug prese in mano il cubo. Lo attivo a caso e lesse qualche versetto qui e la; annui, sorrise e infine lo spense. L’androide non si era mai sentito imbarazzato come in quel momento, neppure quando Lilith si era servita del proprio corpo per sedurlo. Il destino di tutti gli androidi, comprese, forse dipendeva da quella conversazione.
Krug disse: — Sai, mi e molto difficile capire. La bibbia. Le cappelle. L’intera vostra religione. Mi chiedo se ci sia mai stato nessuno che, come me adesso, abbia scoperto di punto in bianco che migliaia di persone lo consideravano il loro dio.
— Forse non c’e mai stato nessuno.
— E mi chiedo la profondita dei vostri sentimenti. La penetrazione di questa religione, Thor. Tu mi hai sempre parlato come si parla a un uomo: il tuo datore di lavoro, non il tuo dio. Non mi hai fatto sospettare quel che pensavi di me, a eccezione di un certo rispetto, forse anche un certo timore. E invece eri sempre al fianco di Dio, eh? — Krug rise. — Osservavi le lentiggini sulla testa pelata di Dio. Vedevi il foruncolo sul mento di Dio. Sentivi l’odore dell’aglio che Dio aveva mangiato a colazione. Cosa hai pensato in tutto questo tempo, Thor?
— Devo proprio rispondere, signore?
— No. No. Lascia perdere. — Krug ritorno a osservare il cubo. Thor, immobile davanti a lui, cercava di fermare un improvviso tremore alla coscia destra. Perche Krug continuava a giocare con lui a questo modo? E che cosa stava succedendo alla torre? Euclide Pianificatore cominciava il turno tra diverse ore; chissa se la posa dei blocchi stava procedendo nel modo dovuto, ora che mancava il capomastro? Bruscamente, Krug disse: — Thor, sei mai stato in un salone di trasferimento?
— Signore?
— Un egoscambio. Saprai di cosa si tratta. In una rete statica con un’altra persona. Cambiare identita per un giorno o due.
Thor scosse la testa. — Non e un passatempo per androidi.
— Lo so. Be’, oggi verrai a trasferirti con me. — Krug si accosto al terminale e disse: — Leon, procurami un appuntamento nel primo salone di trasferimento che trovi. Per due. Nei prossimi quindici minuti.
Sbalordito, Thor esclamo: — Signore, ma dite seriamente? Io e voi…
— E perche no? Hai paura di fare scambio di personalita con Dio, e cosi? Accidenti, Thor, tu
All’alfa, la cosa sembrava sfiorare pericolosamente il sacrilegio. Ma non poteva rifiutare. Opporsi alla Volonta di Krug? Anche se mi dovesse costare la vita, obbedirei ugualmente.
L’immagine di Spaulding aleggio nell’aria. — Ho un appuntamento a New Orleans — disse. — La aspettano immediatamente, anche se hanno dovuto spostare tutte le prenotazioni. Ma ci sara un intervallo di un’ora e mezzo per la calibrazione della rete.
— Impossibile. Entreremo nella rete appena arrivati.
Sul volto di Spaulding si diffuse l’orrore. — Signor Krug, non lo fanno mai!
— Lo faranno per me. Che controllino attentamente l’equilibrio della rete quando noi saremo dentro, tutto qui.
— Non credo che accetteranno…
— Gli hai detto chi hanno come cliente?
— Si, signore.
— Bene, di’ che insisto! E se continuano a protestare, di’ che comprero quel maledetto salone e lo faro funzionare come voglio, se non fanno come chiedo.
— Certo, signore.
L’immagine di Spaulding svani. Krug, borbottando tra se e se, prese a comporre numeri sulla tastiera del terminale e ignoro completamente la presenza di Thor. L’alfa rimase in piedi senza osare muoversi, raggelato, costernato. Meccanicamente, si fece diverse volte il segno di “Krug ci salvi”. Avrebbe voluto potersi sottrarre alla situazione che egli stesso aveva contribuito a creare.
Di nuovo comparve l’immagine di Spaulding nell’aria. — Si arrendono — disse. — Ma solo se lei firma una dichiarazione di piena responsabilita.
— La firmo — disse Krug, seccamente.
Dalla feritoia del riproduttore usci una pagina stampigliata. Krug le diede un’occhiata senza attenzione e scribacchio la propria firma. Si alzo. A Thor disse: — Andiamo. Ci aspettano al salone.
Thor non si era mai preoccupato di informarsi a fondo sul trasferimento di personalita. Era un divertimento praticato solo dagli umani, e solo dai ricchi: da innamorati che volevano intensificare la propria unione spirituale, da amici che si trasferivano per divertimento, da persone stanche del tran-tran quotidiano, che, frequentando il salone con estranei altrettanto annoiati, ottenevano il risultato di introdurre un po’ di varieta nelle loro giornate. Non aveva mai pensato che una volta o l’altra si sarebbe trasferito anche lui, e certo non avrebbe osato pensare a uno scambio di personalita con Krug. Ma non poteva opporsi. Il trasmat li trasporto istantaneamente da New York allo scuro vestibolo del salone di scambio di New Orleans: li furono accolti da alcuni inservienti alfa che avevano sul volto un’espressione di preoccupazione intensa. La tensione degli alfa aumento quando videro che uno dei candidati allo scambio era un alfa anche lui. Lo stesso Krug pareva inquieto: serrava le mascelle e muoveva le labbra in modo rivelatore. Gli alfa si aggiravano intorno a loro. Uno continuava a ripetere: — Dobbiamo farvi presente l’irregolarita della richiesta. Calibriamo sempre la rete statica. A far cosi, potrebbe succedere di tutto, nel caso di un brusco apporto carismatico…
— Me ne assumo la responsabilita — rispose Krug. — Non ho tempo da sprecare aspettando i comodi della vostra rete.
Angustiati, gli androidi li condussero rapidamente nella sala di trasferimento. Era un ambiente di oscurita luccicante e di silenzio pieno di misteriosi ticchettii; si vedevano due alte cuccette e vari apparecchi lustri come specchi che pendevano dal soffitto. Krug venne fatto accomodare per primo. Thor, quando fu il suo turno, incontro con lo sguardo gli occhi dell’inserviente alfa e rimase stupito dallo sbalordimento e dal timore che vi lesse. Fissandolo, si strinse impercettibilmente nelle spalle, come per dire:
Dopo aver collocato sulla loro fronte l’elmetto del trasferimento e collegato gli elettrodi, l’alfa disse: — Alla chiusura del contatto, sentirete immediatamente la pressione della rete statica che separa l’Io dalla sua matrice fisica. Vi parra di subire un attacco isterico, e in un certo senso lo subirete. Comunque, cercate di rilassarvi e di accettare il fenomeno, perche e impossibile resistere, per prima cosa, e, per seconda, cio che sperimenterete sara proprio il trasferimento che avete richiesto. Non dovete preoccuparvi di nulla. Nel caso di anormalita di funzionamento, interromperemo automaticamente il circuito e vi restituiremo alla vostra identita.
— E sara bene! — mormoro Krug.