Thor non pote piu ne udire ne vedere. Si limito ad attendere. Non pote neppure fare i soliti gesti di conforto, perche gli avevano legato le braccia alla cuccetta per evitargli movimenti bruschi nel corso dello scambio mentale. Cerco di pregare. Credo in Krug sempiterno Creatore di ogni cosa, penso. Krug ci ha messo al mondo e a Krug noi ritorniamo. Krug e nostro Creatore e nostro Protettore e nostro Salvatore. Krug, ti supplichiamo di guidarci alla luce, AAA AAG AAC AAU a Krug AGA AGG AGC AGU a Krug. ACA ACG ACC…
Una forza calo senza preavviso e gli separo l’Io dal corpo, troncando il collegamento come un colpo d’accetta.
Si trovo alla deriva. Ondeggio in abissi senza tempo dove nessuna stella splendeva. Vide colori che non corrispondevano a nessuna frequenza dello spettro; udi note musicali che non appartenevano a nessuna scala. Spostandosi a volonta, veleggio al di sopra di golfi dove funi gigantesche si tendevano come sbarre da un bordo all’altro del vuoto. Penetro in tetre gallerie ed emerse all’orizzonte; si senti stirare a una lunghezza infinita. Non aveva massa. Non aveva durata. Non aveva forma. Scorreva per grigi reami di mistero.
Senza alcun senso di transizione, entro nell’anima di Simeon Krug.
Conservava una fuggevole coscienza della propria identita. Non
Si mosse liberamente all’interno di Krug.
Ecco la fanciullezza. Una cosa soffocante e distorta, ficcata in uno scompartimento buio. Ed ecco speranze, sogni, intenzioni, appagate e no, bugie, successi, rivalita, invidie, capacita, discipline, illusioni, contraddizioni, fantasie, soddisfazioni, frustrazioni, severita. Ecco una ragazza dai capelli rossi e dall’ampio petto, su un corpo ossuto, che si schiudeva timidamente a lui, ed ecco il ricordo del primo fiotto di passione nell’affondare in quel rifugio. Ecco dei maleodoranti composti chimici, in una vasca. Ecco strutture molecolari che ondeggiano su uno schermo. Ecco il sospetto. Ecco il trionfo. Ecco l’appesantimento della carne negli anni seguenti. Ecco un’insistente configurazione di brevi impulsi sonori: 2-5-1, 2-3-1, 2-1. Ecco la torre germogliare come un fulgido fallo e squarciare il cielo. Ecco Manuel che sorrideva, che faceva una smorfia, che si scusava. Ecco una vasca scura, profonda, con alcune ombre che si agitavano pigramente nell’interno. Ecco una folla di consiglieri finanziari che borbottava calcoli laboriosi. Ecco un neonato rosa dal volto molliccio. Ecco le stelle che avvampavano nella notte. Ecco Thor Guardiano aureolato di orgoglio e di lode. Ecco Leon Spaulding, furtivo e amaro. Ecco una ragazza carnosa che agitava i fianchi con ritmo disperato. Ecco l’esplosione dell’orgasmo. Ecco la torre violentare le nubi. Ecco la musica del messaggio delle stelle: brevi suoni acuti su uno sfondo di interferenze. Ecco Justin Malinotti che mostrava il progetto della torre. Ecco Clissa Krug, nuda, il ventre gonfio, i seni stipati di latte. Ecco degli alfa umidi arrampicarsi sul bordo della vasca. Ecco una nave inconsueta, dalla carena granulosa, puntata verso le stelle. Ecco Lilith Mesone. Ecco Siegfried Classificatore. Ecco Cassandra Nucleo che scivolava sul terreno ghiacciato. Ecco il padre di Krug: una figura senza volto, avvolta nella nebbia. Ecco il vasto edificio dove gli androidi incespicavano in una delle prime fasi dell’addestramento motorio. Ecco una fila di robot lucidi, con i pannelli pettorali spalancati per la manutenzione. Ecco un lago scuro con ippopotami e canneti. Ecco un atto non caritatevole. Ecco un tradimento. Ecco l’amore. Ecco il rimorso. Ecco Manuel. Ecco Thor Guardiano. Ecco Cassandra Nucleo. Ecco un foglio sporco e sbertucciato, con le formule di struttura degli amminoacidi. Ecco il potere. Ecco la bramosia. Ecco la torre. Ecco una fabbrica d’androidi. Ecco Clissa che partoriva, un fiotto di sangue che le usciva dal ventre. Ecco il segnale delle stelle. Ecco la torre ultimata. Ecco un pezzo di carne cruda. Ecco la collera. Ecco il professor Vargas. Ecco un cubo, con iscritte le parole:
La veemenza di Krug nel rifiutare la propria divinita annichili Thor. L’androide vide quel rifiuto levarsi come una liscia muraglia di pietra bianca, abbagliante, senza crepe, senza porte, senza punti espugnabili, che si stendeva sull’orizzonte e che sbarrava il mondo. Non sono il loro dio, diceva la muraglia. Non sono il loro dio. Non sono il loro dio. Non accetto. Non accetto.
Thor si libro piu in alto; supero quella bianca muraglia infinitamente lunga e scese lentamente entro il territorio cintato.
E laggiu fu ancora peggio.
Trovo un completo rifiuto delle aspirazioni degli androidi. Trovo le reazioni e gli atteggiamenti mentali di Krug, schierati come soldati in manovra sulla pianura. Che sono gli androidi? Gli androidi sono cose che escono dalle vasche. Perche esistono? Per servire l’umanita. Che ne pensi del movimento d’eguaglianza androide? Una sciocchezza. Quando riceveranno, gli androidi, i pieni diritti di cittadino? Li riceveranno quando li riceveranno i robot e i computer. E gli spazzolini da denti. Gli androidi sono dunque cosi ottusi? Alcuni sono molto intelligenti, certo. Ma anche i computer sono molto intelligenti. L’uomo fabbrica i computer. L’uomo fabbrica gli androidi. Entrambi sono cose fabbricate. Non concedo la cittadinanza alle cose. Neppure se quelle cose sono abbastanza intelligenti da chiederla. E da pregare per averla. Una cosa non puo avere un dio. Una cosa puo solo credere di avere un dio. E io non sono il loro dio, nonostante quel che credono loro. Io li ho fatti. Io li ho fatti. Io li ho fatti. Sono cose.
Cose Cose Cose Cose Cose Cose Cose Cose Cose
Cose Cose Cose Cose Cose Cose Cose Cose Cose
Cose Cose Cose Cose Cose Cose Cose Cose Cose
Una seconda muraglia. All’interno della prima. Piu alta. Piu spessa. Un contrafforte insuperabile, pattugliato da un’infinita di sentinelle pronte a gettare barili di acido disprezzo su chi si avventurava vicino. Thor udi ruggiti di draghi. Dal cielo gli crollo sul capo una pioggia di sterco. Striscio via: era solo piu una cosa china, curva sotto il fardello della propria condizione di cosa. Si senti gelare. Si fermo sull’orlo dell’universo, in un luogo privo di materia, e lo spaventoso freddo del nulla gli monto dalle caviglie. Laggiu non si muoveva alcuna molecola. Sulla sua pelle rossa luccicava la brina. Toccalo: lo sentirai suonare. Toccalo piu forte e andra in mille pezzi. Gelo. Gelo. Gelo. In questo universo non c’e nessun dio. Non c’e redenzione. Non c’e speranza. Krug mi salvi, non c’e speranza!
Il suo corpo si fuse e ruscello via in un rivolo scarlatto.
Alfa Thor Guardiano cesso di esistere. Non c’e esistenza senza speranza. Sospeso nel vuoto, escluso da ogni contatto con l’universo, Thor considero il paradosso della speranza senza esistenza e dell’esistenza senza speranza, ed esamino la possibilita che ci fosse un bugiardo anti-Krug a distorcere malvagiamente i sentimenti del vero Krug. Sono forse entrato nell’anima dell’anti-Krug? E forse l’anti-Krug, colui che si oppone a noi cosi implacabilmente? C’e speranza di fare breccia nella muraglia per raggiungere il vero Krug che sta all’interno?
No. No. No. No.
Thor, una volta compresa questa triste, irrimediabile verita, senti che la realta ritornava ad avere consistenza. Scivolo indietro per fondersi col corpo che Krug gli aveva dato. Era di nuovo se stesso, e giaceva esausto su una cuccetta in una stanza buia e sconosciuta. Fece uno sforzo per guardarsi intorno e vide Krug nella cuccetta vicino. Gli inservienti androidi erano chini su di loro. Su, ora. Tienti. Riesci a camminare? Lo scambio e finito. Terminato dal signor Krug.
Silenzio.
Lo ruppe Krug: — Anche dopo avere letto la tua bibbia, non lo credevo. La profondita della religione. La diffusione. Ma adesso mi e chiaro. Voi non ne avevate nessun diritto! Chi vi ha detto di farmi diventare dio?
— Ce l’ha detto l’amore per voi — disse Thor, con un timbro vacuo.
— L’amore per voi stessi — disse Krug. — Il vostro desiderio di usarmi per i vostri scopi. Ho visto tutto, Thor, quando ero nella tua testa. Gli intrighi. Le manovre. Come hai manipolato Manuel perche manipolasse me.
— All’inizio ci affidavamo solamente alle preghiere — disse Thor. — Ma alla fine mi sono spazientito di attendere. Ho peccato nel cercare di forzare la Volonta di Krug.
— Non hai affatto peccato. Per peccare occorre qualcosa… di sacro. E non ce n’e. Il tuo e un errore di tattica.
— Si.
— Perche io non sono un dio e non c’e niente di sacro in me.
— Si. Ora so. Ora so che non c’e speranza.
Thor si avvio alla cabina trasmat.
— Dove vai? — esclamo Krug.