La lusinga del Wyrm

Era chiamato il Wyrmberg e si ergeva a un’altezza di quasi mille metri al di sopra della verde vallata: un monte imponente, grigio e capovolto.

Alla base misurava soltanto una ventina di metri, poi s’innalzava attraverso una coltre di nubi, si curvava graziosamente come una tromba volta verso l’aito finche era troncato da un altopiano largo una quarantina di metri. Lassu c’era una piccola foresta che sporgeva i suoi rami verdi oltre il bordo. C’erano delle case e c’era perfino un torrente che formava una cascata spumeggiante che il vento sferzava cosi da farla ricadere a terra sotto forma di pioggia.

Pochi metri sotto l’altopiano si aprivano a intervalli regolari delle caverne che parevano rozzamente scolpite, cosi che in quel fresco mattino autunnale il Wyrmberg svettava sopra le nubi come una gigantesca colombaia.

In questo caso le 'colombe' avrebbero avuto un’apertura alare di un po’ piu di quaranta metri.

— Lo sapevo — esclamo Scuotivento. — Ci troviamo in un forte campo magico.

Duefiori e Hrun diedero un’occhiata alla piccola conca dove avevano fatto una sosta per mezzogiorno, poi si guardarono.

I cavalli brucavano l’erba rigogliosa sulle rive del torrente. Farfalle gialle svolazzavano tra i folti cespugli. C’era odore di timo e un ronzio di api. I cinghiali allo spiedo mandavano uno sfrigolio leggero.

Hrun alzo le spalle e si rimise a oliarsi i bicipiti. Che brillavano. — A me sembra normale — disse.

— Prova a gettare in aria una moneta — gli consiglio Scuotivento.

— Cosa?

— Forza, getta una moneta.

— Va bene. Se ti fa piacere. — Hrun estrasse dalla borsa una manciata di monete rapinate da decine di reami. Scelse con cura uno Zchloty di piombo da un quarto e lo soppeso sull’unghia.

— Scegli tu — disse. — Testa o… — Esamino il rovescio con aria d’intensa concentrazione. — Una specie di pesce con le zampe.

— Quando e in aria — disse Scuotivento. Hrun sogghigno e diede una schicchera col pollice.

La moneta roteo in alto.

— Di taglio — affermo Scuotivento senza guardarla.

La magia non muore mai. Svanisce soltanto.

In nessun luogo cio era piu evidente, nella vasta distesa azzurra del mondo-disco, come nelle zone che erano state la scena delle grandi battaglie delle Guerre dei Magi, poco dopo la Creazione. In quei giorni la magia, allo stato naturale era stata largamente accessibile e se ne erano avvalsi i Primi Uomini nella loro guerra contro gli Dei.

Le esatte origini delle Guerre dei Magi si sono perse nelle nebbie del Tempo, ma i filosofi del disco si trovano d’accordo nel giudicare che i Primi Uomini, poco dopo la loro creazione, a ragione andarono in collera. E grandi e pirotecniche furono le battaglie che ne seguirono: il sole veleggio nel cielo, i mari ribollirono, uragani spaventosi devastarono la terra, piccoli bianchi piccioni apparvero misteriosamente negli indumenti della gente e fu minacciata la stabilita stessa del disco (trasportato nello spazio sul dorso di quattro giganteschi elefanti a cavallo della tartaruga). Fu cosi che seri provvedimenti furono presi dai Grandi Vecchi ai quali perfino gli Dei devono rendere conto. Gli Dei furono esiliati in alti luoghi, gli uomini furono ricreati molto piu piccoli e gran parte dell’antica libera magia venne risucchiata via dalla terra.

Tutto questo pero non risolse il problema delle zone del disco le quali, durante le guerre, erano state direttamente colpite da un incantesimo. La magia svani… lentamente, nel corso dei millenni e libero durante il processo miriadi di particelle sub-astrali che stravolsero la realta circostante…

Scuotivento, Duefiori e Hrun guardavano la moneta.

— E di taglio — disse Hrun. — Bene, sei un mago. E allora?

— Io non faccio… questo tipo d’incantesimo.

— Vuoi dire che non ci riesci.

Scuotivento ignoro la battuta, perche era la verita. — Riprovaci — suggeri.

Hrun tiro fuori una manciata di monete.

Le prime due ricaddero nella solita maniera. E cosi la quarta. La terza, invece, ricadde di taglio e li rimase a ondeggiare. La quinta si trasformo in un piccolo bruco giallo e striscio via. La sesta, raggiunto il suo zenit, svani con un acuto 'spang'! Un momento piu tardi risuono un breve scoppio di tuono.

— Ehi, quella d’argento — esclamo Hrun, saltando in piedi e guardando in su. — Riportala qui!

— Non so dove e andata — disse stancamente Scuotivento. — Probabilmente sta ancora aumentando di velocita. Comunque, quelle con cui ho provato stamane non sono tornate giu.

Hrun continuava a fissare il cielo.

— Cosa? — chiese Duefiori.

Scuotivento sospiro. Ecco il momento che aveva temuto. — Ci siamo persi in una zona con alto quoziente magico. Non chiedetemi come. Qui una volta deve avere avuto origine un campo magico veramente potente, e noi ne risentiamo gli effetti.

— Esatto — confermo un cespuglio che passava in quel momento.

Hrun abbasso di scatto la testa. — Vuoi dire che questo e uno di quei luoghi? Andiamocene!

— Giusto — disse Scuotivento. — Se torniamo sui nostri passi potremmo farcela. Possiamo fermarci pressappoco a ogni chilometro e gettare in aria una moneta.

Si alzo in fretta e prese a riporre le sue cose nelle sacche da sella.

— Cosa? — ripete Duefiori.

Il mago si fermo. — Sentite — gli disse brusco. — Non discutete. Venite.

— A me questo posto mi sta bene — protesto Duefiori. — Giusto un po’ spopolato, ecco tutto…

— Gia. Curioso, no? Andiamo!

In alto sulle loro teste si produsse un rumore simile a quello di una correggia sbattuta su una roccia bagnata, e una forma indistinta e trasparente passo sulla testa di Scuotivento, fece alzare una nuvola di ceneri dal fuoco e la carcassa del porco schizzo via dallo spiedo e sfreccio su nel cielo. Viro per evitare un folto d’alberi, si raddrizzo, traccio un cerchio angusto e si diresse verso il centro, lasciando dietro di se una scia di goccioline di grasso di porco.

— Che stanno facendo adesso? — chiese il vecchio.

La giovane donna guardo nella sfera di cristallo. — Si dirigono velocemente verso il bordo del cerchio. A proposito, hanno ancora quella cassa che cammina.

Il secchio ridacchio, un suono che sembro turbare il silenzio della buia cripta polverosa. — Legno del pero sapiente — disse. — Interessante. Si, credo che ce lo prenderemo. Pensaci tu, mia cara, prima forse che oltrepassino la sfera del tuo potere.

— Silenzio! O…

— O che cosa. Liessa? — chiese il vecchio (nella luce fioca, c’era qualcosa di strano nel modo in cui era accasciato sulla sedia). — Mi hai gia ucciso una volta, ricordi?

Lei sbuffo e si alzo in piedi, gettando indietro i capelli con gesto sprezzante. Erano rossi, spruzzati d'oro. Eretta, Liessa Wyrmbidder era una visione magnifica. Era anche praticamente nuda, salvo due ridottissimi lembi di sottile maglia di ferro e gli stivali da cavallo di pelle iridescente di drago. In uno era infilato un frustino, di foggia insolita perche lungo quanto una lancia e ornato sulla punta da minuscoli pungiglioni d’acciaio.

— Il mio potere sara ampiamente sufficiente — rispose in tono freddo.

La figura indistinta annui o almeno dondolo la testa. — Come continui ad assicurarmi — disse.

Liessa sbuffo di nuovo e lascio la sala con passo deciso.

Suo padre non si curo di guardarla andar via. Primo perche, naturalmente, essendo morto da tre mesi i suoi occhi non erano nella migliore delle condizioni. Secondo perche essendo lui un mago, anche se un mago defunto del quindicesimo grado, i suoi nervi ottici da un pezzo erano avvezzi a guardare in livelli e dimensioni molto lontani dalla comune realta e pertanto erano piuttosto inadatti a osservare le cose puramente terrene. (Quando era in vita, agli altri i suoi occhi erano sembrati dotati di otto sfaccettature e stranamente simili a quelli degli insetti.) Inoltre, dato che adesso egli era sospeso nel ristretto spazio tra il mondo dei viventi e il buio mondo umbratile della Morte, era in grado di contemplare l’intera sfera della Causalita. Ecco perche a parte una vaga speranza che questa volta la sua disgraziata figlia si facesse ammazzare, non concentrava i suoi notevoli poteri a saperne di piu sui tre viaggiatori che stavano disperatamente galoppando per uscire dal suo regno.

A parecchie centinaia di chilometri di distanza, Liessa era di umore strano mentre scendeva i gradini consunti che portavano al centro del Wyrmberg, seguita da mezza dozzina di Cavalieri. Sarebbe stata quella l’occasione che aspettava? Forse era quella la chiave per superare il punto morto, la chiave al trono del Wyrmberg. Certo esso era suo di diritto, ma la tradizione diceva che soltanto un uomo poteva governarlo. Questo la irritava sommamente e quando Liessa era in collera, il Potere fluiva piu forte e i dragoni erano particolarmente grossi e crudeli.

Se avesse avuto un uomo, le cose sarebbero andate diversamente. Qualcuno grande e grosso ma corto di cervello. Qualcuno che facesse cio che gli si diceva.

Il piu grosso dei tre che stavano fuggendo dalla terra dei dragoni poteva fare al caso suo. E, qualora si rivelasse diverso da come se lo aspettava, i dragoni erano sempre affamati e avevano bisogno di essere nutriti regolarmente. Farli diventare crudeli sarebbe stato affar suo.

E comunque, piu crudeli del solito.

La scalinata passava sotto un arco di pietra e terminava in una stretta piattaforma vicina al tetto della grande caverna dove stavano appollaiati i Wyrm.

I raggi del sole che penetravano dalle miriadi di aperture nei muri della caverna intersecavano l’oscurita polverosa come bacchette d’ambra contenenti un milione

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