La scopa era poggiata su due trespoli. Nonnina Weatherwax sedeva su un masso. Intanto un nano, alto la meta di lei, con indosso un grembiule zeppo di tasche, girava intorno alla scopa e di tanto in tanto le dava un colpetto.
Alla fine diede un calcio alle setole e trattenne il respiro, una specie di fischio all’inverso, che in tutto l’universo e il segno segreto degli artigiani e significa che sta per accadere qualcosa che risultera costosa.
— Beeee’ — disse. — Potrei far venire qui degli apprendisti per dargli un’occhiata, potrei. Per loro sarebbe un insegnamento. E tu dici che veramente si alzava in aria?
— Volava come un uccello — rispose la Nonnina.
Il nano si accese la pipa. — Mi piacerebbe moltissimo vedere quell’uccello — disse in tono riflessivo. — Immagino che valga la pena di osservarlo, un simile uccello.
— Gia, ma puoi ripararla? Ho fretta — insistette la strega.
Il nano si mise lentamente a sedere, con fare deciso.
— Quanto a una
— Io non la voglio ricostruita, voglio solo che funzioni come si deve — protesto la Nonnina.
— E un modello vecchio, vedi — continuo il nano senza scomporsi. — Assai difficili, questi vecchi modelli. Non si trova il legno…
Si senti afferrare e sollevare finche i suoi occhi furono a livello con quelli della Nonnina. I nani, essendo essi stessi magici, oppongono resistenza alla magia. Ma, dalla sua espressione pareva che la vecchia fosse intenzionata a far si che il bulbo degli occhi gli si incastrasse nel cranio dietro.
— Soltanto ripararla — sibilo. — Per piacere!
— Cosa, fare un lavoro alla carlona? — esclamo il nano e la pipa gli cadde a terra.
— Si.
— Rappezzarla, vuoi dire? Tradire la mia esperienza, facendo un lavoro a meta?
— Si. — Le pupille della vecchia erano due piccoli buchi neri.
— Oh! Va bene, allora — disse il nano.
Gander il capoccia era preoccupato.
Era la terza mattina da che avevano lasciato Zemphis, tenendo una buona andatura, e adesso stavano salendo al passo attraverso le montagne conosciute come le Pap di Scilla. (Ce n’erano otto, e Gander si domandava spesso chi fosse stata Scilla e se gli sarebbe piaciuta).
Una banda di gnoll si era avvicinata di nascosto a loro durante la notte. Le perfide creature, una varieta dei folletti delle rocce, avevano tagliato la gola a una guardia, certo con l’intenzione di massacrare l’intera carovana. Soltanto…
Soltanto, nessuno sapeva bene cosa fosse accaduto in seguito. Erano stati svegliati dalle urla e, dopo che i fuochi erano stati ravvivati e Treatle il mago aveva illuminato il campo di un azzurro fulgore, gli gnoll scampati erano distanti, ombre grottesche, che correvano come se fossero inseguiti dalle legioni infernali.
A giudicare da quanto era successo ai loro compagni, probabilmente avevano ragione. Brandelli di gnoll pendevano dalle rocce vicine, dando loro una sorta di aria allegra e festosa. La cosa non dispiaceva troppo a Gander. Gli gnoll prendevano gusto a catturare i viaggiatori e praticare l’ospitalita del tipo coltello arroventato e randello. Ma lo rendeva nervoso trovarsi nello stesso luogo di un Qualcosa che trapassava una dozzina di gnoll armati e robusti, come un cucchiaio che entra in un uovo poco cotto. Ma che non lasciava tracce.
Infatti il terreno era perfettamente pulito.
Era stata una notte molto lunga e la mattina non prometteva di essere migliore. L’unica persona ben sveglia era Esk, la quale aveva dormito sotto uno dei vagoni durante l’intera vicenda e si lamentava soltanto di avere fatto dei sogni curiosi.
Tuttavia, era un sollievo allontanarsi da quella vista macabra. Secondo Gander, l’aspetto degli gnoll non era migliore dentro che fuori. Lui li odiava con tutte le sue forze.
Esk viaggiava sul vagone di Treatle e parlava con Simon, che lo guidava con mani inesperte, mentre dietro a loro il mago recuperava un po’ di sonno.
Simon era inesperto in tutto. Ci riusciva veramente bene. Era uno di quei ragazzi alti, apparentemente fatti solo di ginocchi, pollici e gomiti. Guardarlo camminare era stressante, uno si aspettava sempre che i fili si spezzassero. E quando parlava, lo spasimo d’agonia de! suo volto se scorgeva certe consonanti piu avanti nella frase, spingeva istintivamente le persone a pronunciarla per lui. Ma ne valeva la pena davanti alla espressione di gratitudine che gli si diffondeva sul viso butterato, come la luce del primo sole sulla luna.
In quel momento gli occhi gli lacrimavano per la febbre da fieno.
— Desideravi essere un mago quando eri piccolo?
Simon scosse la testa — Io vvv…
— …volevo…
— …scoprire come le cose fff…
— …funzionavano?
— Si. Poi qualcuno del mio villaggio lo disse all’Universita e mm-mandarono il Mm-maestro T-Treatle a prendermi. Diventero un mmm…
— …mago…
— un giorno. Il mio Maestro Treatle dice che ho un’inclinazione eccezionale per la tt-teoria. — Gli occhi acquosi del ragazzo si inumidirono e sul suo viso devastato si dipinse un’espressione quasi rapita.
— Lui d-dice che hanno migliaia di l-libri nella biblioteca dell’Universita Invisibile — disse, con la voce di un innamorato. — Piu l-libri di quanto sia p-possibile leggere in tutta una vv-vita.
— Non sono sicura che i libri mi piacciano — disse la ragazzina. — Come puo la carta conoscere le cose? La mia nonnina dice che i libri sono buoni solo se la carta e sottile.
— No, non e vero — protesto Simon. — I libri sonopieni di ppp… — Inghiotti e le lancio un’occhiata supplichevole.
— …parole? — disse Esk, dopo averci pensato un momento.
— Si, e possono cambiare le cc-cose. Qu-questo e… — Si sforzo di pronunciare una parola farfugliando.
— …cio che… — lo aiuto Esk.
— devo ss-scoprire. So che e ll-li, da qualche parte in tutti i vecchi libri. Loro ddd…
— …dicono…
— che non ci sono incantesimi nuovi, ma io so che da qualche parte ci ss-sono le ppp…
— …parole…
— si, che nessun mmm…
— mago? — suggeri Esk, la fronte aggrottata nello sforzo di concentrarsi.
— Si, ha mai trovato. — Chiuse gli occhi e sorrise, beato. Poi aggiunse: — Le Parole che Cambieranno il Mondo.
— Cosa?
— Eh? — Simon apri gli occhi, giusto in tempo per impedire che i buoi uscissero dalla pista.
— Hai talmente farfugliato!
— Davvero?
— Ti ho sentito. Riprovaci.
Il ragazzo respiro a fondo e ci riprovo ripetutamente, ma senza risultato.
— Non serve, mi sfugge. Qualche volta mi riesce, se non ci penso. Il mio Maestro dice che sono allergico a qualche cosa.
— Allergico?
— C’e qualcosa nell’aria, pp-polline forse o l’odore dell’erba. Lui ha cercato di scoprirne la causa, ma sembra che la magia non sia di a-aiuto.
Stavano passando attraverso uno stretto sentiero tra pareti di rocce giallastre. L’espressione di Simon era sconsolata.
— La mia nonnina mi ha insegnato dei rimedi contro la febbre da fieno. Potremmo provarli — offri Esk.
Lui scosse la testa, dando l’impressione che gli si potesse staccare dal collo.
— Provato di tutto — disse. — Che bel mmm-mago sarei, eh, incapace perfino di pronunciare la pppp… il nome.
— Potrei vedere dove sarebbe il problema — dichiaro lei. Rimase per un po’ a guardare il paesaggio e a seguire il filo dei suoi pensieri.
Alla fine chiese: — Ehm, e possibile per una donna essere… sai, un mago?
Simon la guardo sorpreso e lei gli ricambio lo sguardo con aria di sfida.
La gola del ragazzo si serro, nello sforzo di trovare una frase che iniziasse con una consonante facile da pronunciare. Alla fine fu costretto a scendere a un compromesso.
— Un’idea curiosa — disse. Ci penso su per un po’ e poi scoppio a ridere finche non vide l’espressione della bambina.
— Alquanto buffa, davvero — aggiunse. Ma il suo viso si fece serio. Era chiaramente perplesso. — Non ci avevo mm-mai pp-pensato prima.
— Allora? E possibile? — La voce di Esk era tagliente come un rasoio.
— Certo che non e possibile. E una cosa lampante, piccola. Simon, rimettiti a studiare.
Treatle scosto la tenda che separava la parte posteriore del vagone e si arrampico sul sedile.
La solita espressione di lieve panico torno sulla faccia di Simon. Treatle gli tolse le redini dalle mani e lui lancio un’occhiata supplichevole a Esk. Ma la bambina lo ignoro.
— Perche no? Perche e cosi lampante?
Treatle si volto a guardarla. Fino a quel momento non le aveva mai prestato molta attenzione; per lui la piccola era semplicemente un’altra figura intorno ai fuochi da campo.
Quale Vice-Cancelliere dell’Universita Invisibile, era abituato a vedere delle vaghe figure darsi da fare per servirgli i pasti e tenergli in ordine le stanze. Certo, era