Si era alzato uno spicchio di luna e una tenue luce grigia verso l’orlo del mondo indicava che, contro ogni probabilita, si preparava un altro giorno.

Qualcuno aveva avvolto la bambina in una coperta.

— So che sei sveglia — disse la voce di Nonnina Weatherwax. — Potresti renderti utile e accendere il fuoco. Da queste parti c’e fin troppa abbondanza di legna.

Esk si mise seduta e si afferro al cespuglio di ginepro. Si sentiva cosi leggera da temere di volare via da un momento all’altro.

— Fuoco? — borbotto.

— Gia. Sai. Puntare un dito ed ecco fatto. — La voce della vecchia aveva un tono acido. Seduta su una roccia, cercava di trovare una posizione che non desse fastidio alla sua artrite.

— Io… io non credo di esserne capace.

— Senti, senti! — fu il commento enigmatico della Nonnina.

La vecchia strega si chino in avanti e poso una mano sulla fronte della bambina. Era come essere carezzata da una calzetta piena di dadini caldi.

— Hai anche un po’ di febbre. — E aggiunse: — Troppo sole e terreno freddo. Ti sta bene.

Esk si lascio andare fino a poggiare la testa in grembo alla Nonnina, con il suo odore familiare misto di canfora, erbe varie e un sentore di capra. La Nonnina le diede dei colpetti sui capelli che, nella sua intenzione, dovevano avere un effetto calmante.

Dopo un po’ Esk disse a voce bassa: — Non mi permetteranno di entrare all’Universita. Me l’ha detto un mago e io l’ho sognato, uno di quei sogni che dicono la verita. Sai, come mi hai detto tu, una mete-nonsoche.

— Mettarfora — disse calma la vecchia.

— Una di quelle.

— Credevi che sarebbe stato facile? Pensavi di passare la loro porta agitando la tua verga? Eccomi qua, voglio essere un mago, grazie mille?

— Mi ha detto che le donne non sono permesse nell’Universita!

— Lui si sbaglia.

— No, capivo che diceva la verita. Sai, Nonnina, si capisce…

— Sciocchina. Tu capivi soltanto che lui era convinto di dire la verita. Non sempre il mondo e quale la gente lo vede.

— Non capisco — protesto la bambina.

— Imparerai. Adesso dimmi. Questo sogno. Non ti lasciavano entrare nella loro universita, giusto?

— Si, e ridevano.

— E allora hai cercato di abbattere la porta con il fuoco?

Esk giro la testa e la guardo sospettosa.

— Come facevi a saperlo?

La Nonnina sorrise, ma come sorriderebbe una lucertola.

— Ero lontana chilometri — rispose. — Stavo cercando di raggiungerti con la mente e a un tratto mi sembrava di vederti dovunque. Risplendevi con un piccolo segnale, cosi facevi. Quanto al fuoco… guardati intorno.

Nella semiluce dell’alba, il pianoro era un ammasso di argilla bruciata. Il pendio davanti a Esk era vetroso e doveva essere colato come pece liquida sotto l’impatto violento, attraversato qua e la da grandi spaccature dalle quali erano sgorgate roccia fusa e scorie. Ascoltando attentamente, Esk riusciva a udire il debole battito della roccia che si andava raffreddando.

— Oh, sono io che ho fatto questo? — esclamo.

— Cosi sembrerebbe — affermo la Nonnina.

— Ma dormivo! Stavo solo sognando!

— E la magia. Che cerca di trovare una via d’uscita. La magia di una strega e quella di un mago, non so, e come se si alimentassero a vicenda. Credo.

Esk si morse un labbro.

— Che cosa posso fare? — chiese. — Sogno ogni sorta di cose!

— Be’, tanto per cominciare, andiamo dritte all’Universita — decise la Nonnina. — Devono essere abituati agli apprendisti incapaci di controllare la magia e che fanno sogni del genere. Altrimenti, quel posto sarebbe stato distrutto dalle fiamme gia da anni.

Lancio prima un’occhiata verso l’Orlo e poi alla scopa accanto a lei.

Tralasceremo il correre su e giu, gli sforzi per rendere piu stretti i nodi che legavano la scopa, le imprecazioni borbottate contro i nani, i brevi attimi di speranza quando la magia brillava intermittente, la disperazione quando si spegneva, e ancora gli sforzi per stringere i nodi e ancora le corse, l’avvio improvviso dell’incantesimo, l’arrampicarsi a bordo, le grida, il decollo…

Con una mano Esk si teneva aggrappata alla Nonnina e con l’altra reggeva la verga mentre si spostavano a fatica a qualche metro dal suolo. Qualche uccello le affiancava, interessato a quel nuovo albero volante.

— Andatevene via, accidenti! — urlo la Nonnina che, toltasi il cappello, lo agitava minacciosa.

— Non andiamo molto veloci, Nonnina — osservo Esk.

— Per me e abbastanza!

Esk si guardo intorno. Dietro a loro l’Orlo era una vampa dorata, attraversata dalle nuvole.

— Credo che dovremmo abbassarci, Nonnina — disse ansiosa la piccola. — Hai detto che la scopa non puo volare con i raggi del sole. — Guardo il paesaggio sottostante. Era ripido e inospitale. E sembrava in attesa.

— So quello che faccio, signorina — disse burbera la vecchia, che strinse piu forte la scopa e cerco di farsi la piu leggera possibile.

Abbiamo gia rivelato che nel mondo-Disco la luce si spande, lentamente, per effetto del suo passaggio attraverso il vasto e antico campo magico del Disco.

Cosi l’alba non sorge rapida come negli altri mondi. Invece di erompere, il nuovo giorno avanza adagio attraverso il paesaggio addormentato come fa la marea che striscia sulla spiaggia e fa crollare i castelli di sabbia della notte. Quando incontra le montagne, ci gira intorno. E se gli alberi si levano fitti, emerge dai boschi in nastri di luce, tagliati dalle ombre.

Un osservatore piazzato in alto in un punto adatto (prendiamo, tanto per dire, un cirrostrato al limite dello spazio) noterebbe con quanto amore la luce si spande sulla terra, come balza in avanti sulle distese pianeggianti e rallenta quando incontra le alture, con quanta bellezza essa…

Ora, ci sono degli osservatori i quali, davanti a tanta bellezza, si lamenteranno che la luce dal lento fluire non puo esistere e che, in caso contrario, non saremmo capaci di vederla. Al che si puo soltanto rispondere: allora, com’e che state su una nuvola?

Ma basta con il cinismo. Giu sul Disco la scopa avanzava veloce verso l’alba piena, lasciandosi indietro l’ombra della notte.

— Nonnina!

Il giorno esplose su di loro. Davanti, le rocce, inondate di luce, parevano fiammeggiare.

La vecchia avverti lo scarto del bastone e contemplo affascinata ma con terrore la piccola ombra barcollante sotto di loro.

— Che succedera quando ci abbatteremo al suolo?

— Dipende se riesco a trovare delle rocce morbide — rispose la Nonnina con voce preoccupata.

— La scopa sta per precipitare! Non possiamo fare qualche cosa?

— Be’, suppongo che potremmo scendere.

— Nonnina — disse Esk nel tono di voce esasperato e notevolmente adulto che i bambini adoperano per rimproverare i loro parenti ostinati — non mi sembra che tu capisca bene. Io non voglio sbattere sul terreno. Non mi ha mai fatto niente.

La Nonnina stava cercando di escogitare un incantesimo appropriato e rimpiangeva che la 'menteologia' non funzionasse con le rocce. Se si fosse accorta della nota che vibrava nella voce della bambina, forse non avrebbe risposto: — Allora, dillo alla scopa.

E sarebbero precipitate di sicuro. Ma si ricordo a un tratto di afferrare il cappello e di farsi forza. La scopa diede uno scossone, s’inclino.

…e il paesaggio divenne confuso.

In realta si tratto di un tragitto molto breve, ma tale che la Nonnina avrebbe poi sempre ricordato, in genere intorno alle tre del mattino dopo un pasto succulento. Avrebbe ricordato i colori dell’arcobaleno vividi nell’aria turbinosa, quell’orribile sensazione di pesantezza, l’impressione che qualcosa molto grossa e pesante sedesse sull’universo.

Avrebbe ricordato la risata di Esk. Avrebbe ricordato, a dispetto di tutti i suoi sforzi, la velocita con cui il terreno scorreva sotto di loro e come intere catene montuose le superassero sfrecciando con un odioso rumore sibilante.

Piu di tutto, avrebbe ricordato come avevano raggiunto la notte.

Essa appari davanti ai suoi occhi, una linea buia e frastagliata che precedeva il mattino. Guardo, con affascinato terrore, la linea divenire una macchia, una chiazza, un intero continente di tenebra che correva a precipizio verso di loro.

Per un istante rimasero ferme sulla cresta dell’alba che si rovesciava sulla terra in un tuono silenzioso. Mai nessun surfista cavalco una simile onda. Ma la scopa attraverso rapida la luce tumultuosa e penetro senza sforzo nella frescura dietro di essa.

La Nonnina riprese a respirare.

L’oscurita si porto via un po’ del terrore del volo. Ma implicava pure che, se Esk se ne disinteressava, la scopa avrebbe dovuto essere in grado di volare solo grazie alla sua magia alquanto arrugginita.

— … — cerco di dire la Nonnina e si schiari la gola secca per riprovarci: — Esk?

— E divertente, non e vero? Mi chiedo come riesco a farlo accadere.

— Gia, divertente — asseri debolmente la vecchia. — Ma posso guidare io il bastone, per piacere? Non voglio che oltrepassiamo il Bordo. Per piacere?

— E vero che intorno al bordo del mondo c’e una gigantesca cascata e che uno puo guardare giu e vedere le stelle?

— Si. Possiamo rallentare adesso?

— Mi piacerebbe vederla.

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