cielo, e pensarono che dopo tutto sarebbe riuscito vittorioso. Ma in quel tempo la nuova razza Vardda aveva incominciato a prosperare e alcuni fra loro erano gia in grado di volare. Si misero all’inseguimento di Orthis, credendo nel proprio diritto cosi intensamente come egli nel suo. Orthis stesso doveva essere indubbiamente in grado di sopportare le ultravelocita, perche fu una caccia lunga ed estenuante. I nuovi giovani Vardda disarmarono in parte la sua astronave, ma anche cosi egli riusci a sfuggir loro. Non vi erano in quei giorni il radar o la radio a onde ultracorte e, dopotutto, il vecchio si era fatto le ossa tra le stelle. Lo persero di vista e quella fu la fine di Orthis e della sua astronave, di tutto, tranne del messaggio lasciato nella scialuppa alla deriva e ritrovato piu di un secolo dopo. E Trehearne pensava: 'Abbia avuto ragione o torto, quell’Orthis era un diavolo di un uomo'.

Riusciva a capire perche l’Orthismo avesse resistito cosi tenacemente per tutti quei secoli. Certamente non si era mai concepito un piu nobile sogno. Per parte sua, comunque, era contento si trattasse soltanto di un sogno. Gli piaceva essere un Vardda. Gli piacevano le cose cosi come stavano. Erano andate abbastanza bene per tutti, e guardando al passato, riusciva a pensare a una gran quantita di gente che gli sarebbe ripugnato sapere in grado di raggiungere i suoi vicini di altri sistemi solari. Orthis, quel solitario nato nello spazio, aveva visto solo l’ideale, l’astrazione. Il Consiglio aveva tenuto conto della realta delle cose.

Non discusse la questione con nessuno. Quella notte nel parco dei divertimenti, gli aveva lasciato viva la sensazione che l’intero argomento fosse pericoloso, specialmente per lui.

Il pensiero di Kerrel gli tornava qualche volta come un’ombra oscura e legata a esso era una tormentosa ansieta per Edri che non aveva visto prima di partire, non per ragioni di prudenza, se ne sarebbe vergognato, ma perche Edri se ne era andato da qualche parte e non si poteva raggiungerlo. Aveva inviato a Trehearne un breve messaggio augurandogli buona fortuna e questo era tutto.

A Shairn pensava il meno possibile. Non desiderava sapere che cosa stesse facendo. Preferiva ricordare le due settimane trascorse alla Torre d’argento come perse al di la di una cieca muraglia.

Continuava a leggere l’epica saga delle esplorazioni dei Vardda che avevano aperto le vie delle stelle. Studiava le leggi e i codici. Imparava tutto intorno all’astronave.

I suoi compagni di cuccetta erano piu che desiderosi di far mostra delle loro cognizioni con un novellino, soprattutto perche era piu vecchio di loro. Perri gli spiegava il funzionamento segreto dei vibranti giganti metallici che azionavano l’astronave: adattamenti del cosmotrone e generatore, con centrifughe sintonizzate a ultravelocita che creavano radiazioni del quinto ordine. Rohan gli lascio manovrare le leve dei calcolatori che risolvevano problemi di matematica astrale e Yann gli insegno a interpretare gli schermi del radar che funzionava non solo con onde elettromagnetiche lente, ma con radiazioni del genere di quelle che fornivano l’energia motrice all’astronave, essendo dotate di una velocita superiore a quella della luce. Nella cabina di trasmissione ascoltava le astronavi dei Vardda comunicare attraverso la Galassia in fitti colloqui fantomatici per mezzo degli stessi raggi supersonici. Il capitano in breve accondiscese e gli permise — ed era come realizzare un sogno impossibile — di tenere con le sue mani i comandi della Saarga.

Yann lo prendeva benevolmente in giro: «Sei solo al principio, ed e ancora divertente. Aspetta finche sarai un veterano come me.» Aveva ventott’anni. «Ho fatto nove viaggi nella Costellazione, e ne sono stulo. Tutto quello che voglio e un’astronave mia; ne affidero il comando a qualcun altro e io me ne staro comodamente a Llirdis a spassarmela tra vino e donne.»

«Hai qualche probabilita di procurartene una?» chiese Trehearne.

«Con questo viaggio ce la faro.»

Rohan scoppio in un fragorosa risata. «Sentilo! Non lasciarti prendere in giro, Trehearne. Guadagniamo bene, ma non fino a questo punto.»

Yann disse gravemente: «Lo dico sul serio.»

«Ti spiacerebbe dirmi come?»

«Ho risparmiato del denaro» rispose candidamente Yann, poi sogghigno. «E inoltre stai dimenticando che ho passato quasi un anno a terra, a riempir moduli per un dannato agente vardda che e morto. Non ho sprecato, il mio tempo.» Si rivolse a Trehearne: «Aspetta che facciamo scalo a quel sistema solare, ti mostrero cose che non hai mai visto prima d’ora. Una vera barbarie. Buona gente, tuttavia. Sono in ottimi rapporti con loro.»

«Suppongo» disse Trehearne «che vi sia ogni tipo di mondo nella costellazione di Ercole.»

«Aspetta» disse Rohan acido. «Ne farai un’indigestione prima di aver finito il viaggio. Ve ne sono di belli, di pittoreschi, e di molto strani, e va bene, e alcuni anche civilizzati. Ma ve n’e una quantita infernale di semplicemente spaventosi. Avrai intuito che vi sono delle buone ragioni se riceviamo un forte compenso per questo viaggio.»

La grande costellazione di Ercole si trasformo da una piccola macchia di fosco splendore, sperduta nella vampa, nel fragore e nel tuono dell’Universo, in un mostruoso sciame di stelle, abbagliante pur attraverso l’oblo oscurato, un alveare brulicante di astri, bianchi, rossi, gialli, turchesi e verde intenso, che riecheggiava nel vuoto eterno con l’impeto e il rombo di una valanga cosmica, rotolante in qualche sconosciuta direzione, mossa dai maligni occhi ammiccanti delle variabili cefeidi. La Saarga, si immerse infine in quel brulichio e Trehearne scopri almeno una delle molte ragioni per cui Edri lo aveva preavvertito delle difficolta di quel viaggio a Ercole.

«Tutte le costellazioni globulari sono pericolose» gli disse Yann allegramente.

«I Centauri, Omega, eccone un’altra da far impazzire uno Stellare. Una buona astronave, un buon capitano, nessuna immaginazione, ecco cosa ci vuole per un viaggio come questo.»

Trehearne fece conoscenza delle correnti di gravita e per la prima volta in vita sua seppe che cos’era la vera paura. I generatori sussultavano incessantemente. La Saarga gemeva e scricchiolava in tutta la sua armatura, procedendo a scatti irregolari di velocita e arresti improvvisi, impennandosi e inclinandosi allorche si faceva strada tra banchi d’astri, lottando per aprirsi un varco tra intricati, instabili campi di gravita. Trehearne aveva la sensazione di essere chiuso in un gigantesco pallone che venisse scagliato qua e la tra le stelle.

Yann sogghignava: «Andra peggio piu avanti.»

E fu cosi. Trehearne pensava fosse impossibile per qualsiasi astronave resistere tra quelle possenti, intersecantesi correnti di gravitazione mentre gli astri si infittivano come api sciamanti. Cento volte al giorno era convinto che la fine fosse vicina e il suo unico conforto era il pensiero che la costellazione di Ercole era un luogo che si prestava di piu a una morte gloriosa di qualsiasi altro visto sulla Terra. Esauri il suo potenziale emotivo finche si senti vuoto dentro e non soffri piu che per i rumori e le violente impennate, mentre la Saarga rollava faticosamente sulla sua rotta. Immaginava che si dovessero trovare nel cuore della costellazione, e rimase sbalordito nell’apprendere, quando l’astronave fece il suo primo scalo, che erano ancora soltanto ai margini. Era troppo scosso per curarsene, Tutto cio che voleva era di aver sotto i piedi la terra ferma. Usci fuori dalla camera di compressione alla luce di una stella evanescente, indicibilmente opaca e triste e poso lo sguardo su un oscuro pianoro, scarsamente illuminato anche a mezzogiorno dal riflesso di astri lontani che ardevano solitari. La pianura era nuda, battuta fino alle rocce sottostanti dai venti che la percorrevano impetuosi, arida, disseccata, fredda.

Ma vi si ergeva una citta nitida, gaia e colorata.

A Trehearne faceva venire in mente un trucco troppo vivo sul volto di un cadavere. La Saarga scarico cibarie, metalli e svariati articoli voluttuari, ricevendo in pagamento gemme di porpora reale estratta dalla roccia grigia da piccoli uomini dagli occhi tristi. Il luogo incominciava a dare sui nervi a Trehearne. Il suo lavoro lo teneva nelle vicinanze dell’astronave a controllare le bollette di carico, ma aveva modo di osservare la gente che veniva dalla citta. Erano uomini sani, ben nutriti, ben vestiti. Ma avevano certi corpi macilenti e anche i volti dei fanciulli esprimevano una tristezza che sembrava essere parte di loro come la luce morente del sole e il suolo inaridito. Noto l’espressione con cui guardavano la grande astronave e gli ardenti astri fiammeggianti che essi non avrebbero mai potuto raggiungere. Non parlavano molto. Se ne stavano immobili a guardare. Ma una volta un gruppo di ragazzi sgattaiolo vicino a lui e un bambino gli chiese nella lingua franca dei modi commerciali: «Che cosa si prova a volare tra le stelle?»

La Saarga non si fermo li a lungo e Trehearne ne fu contento. «Dannazione!» disse a Yann. «Quei ragazzini ti spezzerebbero il cuore. Non si potrebbe trasferirli altrove o far qualcosa? Muoiono lentamente con il loro mondo.»

Yann scosse il capo. «Si e tentato, ma senza riuscirvi. A velocita planetarie per superare una distanza anche relativamente piccola tra le stelle, ci vogliono degli anni, e la maggior parte della gente non vi e preparata psicologicamente. Crollano in un modo o nell’altro oppure avvizziscono e muoiono. Inoltre, suppongo vi sia una specie di ecologia interstellare. I mondi vecchi muoiono e i nuovi nascono e se si comincia a distruggere l’equilibrio naturale, non si otterra altro che di sovraffollare i pianeti abitabili di popolazione in numero maggiore di quanta ne possano sostentare.»

Pensando ai bambini, Trehearne sbotto: «Al diavolo l’ecologia. Sono esseri umani!»

Il giovane Perri si strinse nelle spalle. «A ognuno tocca la propria sorte. Ti ci abituerai. Qualcuno sa quale sara il prossimo scalo?»

«E ai margini della costellazione» disse Yann. «Un bel posto. Piacera a Trehearne: non vi sono affatto abitanti.»

L’istruzione di Trehearne in fatto di diritti, privilegi e doveri dei Vardda era solo all’inizio. La Saarga rallento di nuovo nelle vicinanze di una variabile a cumuli dal piu funesto aspetto e si diresse verso un pianeta che si rivelo degna creatura di tale genitore. «Ecco dove ci guadagniamo la nostra paga» disse Yann.

«Scafandri antiradiazione. Equipaggiamento completo. Soltanto il Vecchio non ne fa uso.»

«Che cosa facciamo?» Trehearne desiderava saperlo.

«Raccogliamo funghi» gli rispose Rohan, con un’aria poco allegra. «Se ne estrae un antibiotico particolarmente efficace, una volta che siano stati opportunamente trattati, ma nel frattempo sta’ attento. Sono dannatamente velenosi. E bada che il tuo respiratore a ossigeno sia in perfetto ordine. L’aria e satura di metano.»

«Non se ne cura, lui» lo canzono Yann. «Ha la testa ancora piena delle meraviglie dei nuovi mondi.»

«Smettila di prendermi in giro» brontolo Trehearne. «E vero.»

11

Trehearne usci in fila indiana con gli altri, l’equipaggio dell’astronave quasi al completo, per raccogliere quella strana messe. Lo scafandro antiradiazioni che egli indossava non era troppo pesante — non avrebbe potuto esserlo per uomini che dovevano compiere un cosi duro lavoro — una semplice tuta di tessuto metallico flessibile, con un casco munito di microfono e una bombola di ossigeno che poteva essere rapidamente sostituita quando si fosse consumato. Il mondo in cui si trovava era come evocato da un incubo. Funghi piu alti di lui crescevano fitti, l’orrida caricatura di una foresta, in colori che variavano dal nero al cremisi a un giallo di cervelli putrefatti. La stella gigantesca — una stella malata, insana, penso Trehearne, come tutte le variabili a brevi periodi — incombeva nel cielo infetto, avendo oltrepassato ora il culmine massimo del suo splendore ma riversando ancora le sue febbrili energie in un purpureo bagliore di sangue. Trehearne fece una smorfia e scosse il capo. «Questo» disse «e un pianeta che potrebbe piacere solo a Weizsacker.»

La voce di Perri gli giunse attraverso il microfono del casco, stranamente sottile, ma cosi vicina che Trehearne trasali. «Chi e Weizsacker?»

«Un Terrestre che ha una sua teoria. Avanzo l’ipotesi che molte stelle hanno pianeti loro propri.»

Rohan chiese incredulo: «Intendi dire che qualcuno ne abbia mai dubitato?»

«Oh, certo. In realta e tuttora opinione generale che il Sole sia l’unica stella circondata da pianeti, e che il terzo pianeta del Sole, cioe la Terra, sia l’unico pianeta dotato di vita, soprattutto di vita intellettiva.»

Rohan impreco e poi scoppio a ridere. «Non ho mai visto tanta vanita. Mi sembrava tu avessi detto che i Terrestri sono civili. Soltanto i selvaggi hanno una cosi alta considerazione della loro importanza.»

Armati di coltelli ricurvi e di grandi sacchi di una sottile sostanza plastica flessibile come un tessuto ma impermeabili all’aria una volta sigillati, si sparsero qua e la tra la giungla di funghi. Si tenevano piu o meno uniti in piccoli gruppi. Trehearne li poteva sentire discorrere, una confusione di voci nel microfono. Egli stesso continuava a parlare, non di qualcosa in particolare, parlava soltanto per sentire un’altra voce umana. Provava una strana e via via piu spiacevole sensazione di isolamento, chiuso dentro il suo scafandro, respirando aria artificiale, impossibilitato a guardarsi intorno dal casco che limitava il suo campo visivo. Si muoveva con difficolta nel terreno melmoso in cui a ogni passo affondava fin quasi alle ginocchia. La luce era livida e feriva gli occhi, l’orrenda vegetazione diventava ogni minuto piu orrenda, i suoi vividi colori sempre piu ripugnanti. Era difficile dire chi gli fosse vicino perche tutti erano mascherati, privati di ogni umana sembianza dagli scafandri informi. Cerco di tenersi vicino a Yann e ai due ragazzi, identificandoli dalla voce.

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