«Che accidente di pianeta» borbotto Trehearne.
«Dovresti vedere gli altri di questo sistema. Questo e il migliore di tutti.»
Attraversarono il cortile esterno dello stabilimento, una specie di serraglio affollato di gente di altri pianeti, venuti per commerciare. Creature a sangue freddo dagli occhi color cremisi, principi ofidi dei pianeti piu vicini alla stella, avvolti in mantelli dorati per ripararsi dal gelo. Sparuti re, ricoperti di pelo, dei pianeti piu lontani, incappucciati e adorni di pietre preziose, immobili e ansimanti nel caldo. Questi e altri osservarono i due alti Vardda, immersi nei propri pensieri.
Attraversarono il cancello e uscirono dallo stabilimento, affondando nel fango. Il sole tramontava in una fosca luce di un livido verde, screziata qua e la di variopinte sfumature. Trehearne guardava il villaggio, i vicoli tortuosi, le casupole di cristallo raccolte in una loro sordida bellezza, e la foresta di alberi fatati che si stendeva intorno. Un dubbio lo assali.
«Forse avremmo dovuto rimanere alla base. Ci deve essere una quantita di vino e l’ambiente e piu confortevole.»
Yann impreco contro di lui con bonaria allegria. «Ti ho detto che conosco questa gente meglio dei miei stessi figli! Vieni Trehearne, non c’e niente da fare alla base. Non desideri vedere qualcosa di nuovo?»
Trehearne lo desiderava. Era stanco fino alla nausea dello stabilimento dopo quei lunghi turni di lavoro sfibrante. Alzo le spalle, e si assicuro che il disgregatore prismatico a tubo fosse al suo posto, nel fodero della cintura. Era consuetudine che quando i Vardda andavano in giro in pianeti strani, portassero con se un’arma. Talvolta era necessaria. Yann noto il suo gesto e sogghigno. La sua custodia era vuota.
«Mi sentirei piu sicuro se ne avessi uno anch’io» disse. «Ma questa gente che andiamo a trovare e mia amica. Si offenderebbero a morte se io andassi da loro armato, un segno di sfiducia. Fa’ attenzione!» Lo precedette giu per la strada fangosa e Trehearne lo segui.
Sopraggiunse la notte. Il cielo meraviglioso della costellazione incombeva su di loro, disseminato fino a divampare di stelle splendenti come lune. Gli alberi di cristallo assumevano l’aspetto di fuochi opalini. I muri delle capanne mandavano vividi bagliori. Intorno ai Vardda si raccolse una folla di fanciulli dagli occhi come prugne selvatiche, silenziosa e solenne, la pelle di un verde opaco. Le donne sulle soglie li seguivano con lo sguardo. Di aspetto abbastanza umano e anche piacente, le piu giovani, dalla liscia pelle verde oliva, avevano i fianchi avvolti in lucide sete provenienti da Llirdis, e portavano ornamenti nei capelli.
Yann chiacchierava allegramente mentre percorrevano le vie tortuose, raccontando qualcuna delle sue numerose scappatelle e avventure, e dei mezzi ingegnosi con cui era riuscito a truffare la direzione della base.
Gli sguardi curiosi e ostili delle donne li seguivano e di tanto in tanto un uomo sputava in segno di spregio nel fango, al loro passaggio.
Giunsero infine a una casupola al limite estremo dell’abitato. Davanti alla porta erano legati a due a due otto animali della grandezza di un cane da caccia, bianchi come il latte, il muso e le zampe scuri, i corpi flessuosi, agili e slanciati, fatti per la corsa. Emisero acuti guaiti e balzarono verso gli stranieri, non appena li videro, mostrando avide zanne. Trehearne penso che assomigliavano a gigantesche donnole, e ne avevano l’aspetto inoffensivo.
«Segugi» disse Yann. «Kurat e un cacciatore. Ho trattato personalmente con lui certe partite di pelli.» Strizzo l’occhio e chiamo a gran voce Kurat, evidentemente invitandolo nella lingua del luogo a uscire a dare il benvenuto a suo fratello.
Comparve un uomo snello, dalla forte muscolatura. Aveva una fascia di seta azzurro vivido intorno ai fianchi e una collana di metallo battuto. Saluto Yann con grida di gioia. Trehearne sorrise dentro do se. Appartenevano allo stesso tipo quei due, il Vardda e il cacciatore: erano un paio di simpatiche canaglie. Kurat gli rivolse il benvenuto nella lingua franca delle citta commerciali. Un fratello. Egli spinse Trehearne nell’interno della capanna davanti a se.
Vi era riunita una numerosa famiglia. Un vecchio e una vecchia sedevano in un angolo, in ozio. Bambini e ragazzetti si rincorrevano per la stanza. La goffa moglie di Kurat veleggiava imperturbabile tra di essi. Una bella donna piu giovane entro con una grande caraffa gocciolante e ne verso il contenuto nella tazza di Trehearne. Il vino era freddo, e aspro. Trehearne ingollandolo di un fiato, comincio a dimenticare il caldo e la stanchezza. Poi, alzando lo sguardo al viso della giovane donna, fu stupito di scoprire tanto odio nei suoi occhi intenti.
Disse all’improvviso: «Perche ci odiate cosi?»
La donna scoppio in una risata dal suono metallico. «Esiste un mondo in cui i Vardda siano amati?»
«Perche siamo capaci di volare tra le stelle e voi no?»
«Perche noi pure avremmo potuto dominare le stelle e voi Vardda ce lo avete impedito!»
Trehearne la fisso, sconcertato da quell’improvviso tono appassionato. «Ma il segreto ando perduto…»
«Oh, si! E anche in questo mondo remoto sappiamo come ando perduto! Tutto l’Universo ha sentito parlare di Orthis e di come i Vardda lo confinarono nelle profondita dello spazio e di come lo eliminarono perche avrebbe voluto comunicare la sua scoperta, e cosi voi siete liberi e io sono incatenata e cosi i miei figli dopo di me, per sempre.»
Si distolse bruscamente da lui. Egli la segui con lo sguardo, rattristato da questa nuova dimostrazione di quanto profonda e amara fosse l’ostilita che covava dietro i visi dei non-Vardda.
Ma Yann scosse le spalle. «Kurat ha fatto buona caccia oggi, una pelle rara. Vieni fuori a vedere, potrebbe valere molto denaro.»
Meno per interesse che per sfuggire a un senso di oppressione, Trehearne si alzo. Uscirono da una porta dietro la casupola. A qualche distanza c’era una rimessa dove, disse Kurat, la pelle era stesa a seccare. Yann e lui chiacchieravano nel gergo straniero. A Trehearne l’intera faccenda non interessava un gran che.
Era buio dentro la rimessa. Yann disse: «Aspetta un momento mentre faccio luce.»
Trehearne aspetto, ma non molto. La luce esplose all’interno del suo cervello. Udi Kurat mugolare alle sue spalle nello sforzo di colpirlo, poi ridere. Anche Yann rideva.
Trehearne ebbe un momento di furia assassina e poi il pianeta della stella verde scomparve ai suoi occhi. Quando riprese conoscenza, si trovo bocconi con il viso nel fango, spogliato della tunica, della cintura ingioiellata, dell’arma e dei sandali. La capanna di Kurat era scomparsa e con essa la citta. Si trovava nella foresta, circondato da alberi, i cui rami di cristallo scintillavano al lume delle stelle desolate. La testa gli doleva violentemente.
Si alzo barcollando con un unico pensiero nella mente: la ferma decisione di mettere le mani sul suo buon amico Yann. Mosse tre passi senza una direzione particolare, poi si fermo improvvisamente, immerso in un bagno di sudore diaccio. A qualche distanza, non troppo lontano, udi l’acuto guaito degli strani segugi di Kurat.
13
La mente di Trehearne si schiari con uno sforzo quasi fisico. I fumi del vino e la fitta oscurita, succeduta al colpo, si diradarono. Il dolore rimase, ma riusciva a pensare. Riusciva a ricordare. Il pianeta della stella variabile.
L’uomo vestito di scuro, che diceva: 'Delitto'.
Delitto. Yann.
'Non ringraziare me, e Yann che ti ha salvato. Lui ha riavvitato il tuo respiratore…'
Pazzie. Non poteva essere stato Yann.
Ecco com’era. Lui li aveva seguiti docilmente nella trappola e si era seduto docilmente a bere mentre Yann e Kurat parlavano allegramente di come farlo fuori, precisando i particolari.
Il latrato della muta era vicino.
Non volevano che il suo corpo rimanesse nella casupola o in citta. Non volevano che la cosa avesse l’aspetto del delitto. Lo avrebbero portato nella foresta, e poi gli avrebbero aizzato contro i segugi, lasciandoli a compier l’opera. Chi si poteva accusare se un Vardda ubriaco si era spinto fin la dove non aveva nulla da fare ed era stato assalito da una muta di segugi? Si chiese se Yann e Kurat stessero seguendo la caccia. Si chiese perche Yann volesse sopprimerlo.
Yann. Quello sporco traditore figlio di un cane…
Trehearne comincio a correre.
Le viti che si arrampicavano in un groviglio su per gli alberi di cristallo erano come lacci tesi a imprigionargli i piedi. Cadde e si alzo e si mise a correre di nuovo e il terreno melmoso affondava morbido sotto i suoi piedi come sabbia. Aveva caldo, e si sentiva pesante, pesante dell’impaccio di quel pesante pianeta.
Dietro di lui, nitido e acuto, era l’
Invoco di poter trovare un ramo caduto, ma non ce n’erano. Invoco di ritrovare il villaggio, ma anche questo gli era impossibile. Corse pesantemente sotto gli alberi scintillanti e alle sue spalle gli animali emisero d’improvviso un latrato sonoro, pieno, piu lontano ora, ma ugualmente raccapricciante. Non ci sarebbe voluto molto perche lo raggiungessero.
Misuro gli alberi con uno sguardo per arrampicarvisi e cercarvi rifugio. Erano vitrei, deformi, e bassi. Ricordo i lunghi corpi scattanti delle bestie simili a donnole. Penso che avrebbero potuto spiccar salti alti quanto bastava per gettarlo a terra. Prosegui barcollando e ogni volta che cadeva era piu difficile rialzarsi. Un’ira terribile era in lui, ira contro Yann. Non era leale. Non era leale obbligare un uomo a fuggire cosi per salvarsi la vita in un mondo in cui non era possibile fuggire. L’ululato della muta si avvicinava.
D’un tratto, da chissa dove, piu avanti, rispose il latrato di altri segugi. Non aveva senso proseguire. Inghiotti l’amaro nodo di paura che gli attanagliava la gola e cerco un’arma, qualcosa, qualunque cosa da tener in mano con la quale colpire almeno un poco prima di esser sbranato.
Si avvide che i latrati degli animali piu avanti provenivano sempre dallo stesso luogo. Erano di irritazione. Non stavano cacciando. Erano alla catena. Trehearne trasse un profondo respiro. Ricomincio a correre.
C’era una radura. La vide davanti a se, indistinta, tra il lume delle stelle e gli alberi. Fece uno sforzo per raggiungerla e la muta tumultuava alle sue spalle. Inciampo e cadde bocconi e ne fu quasi contento perche ando a finire su un groviglio di rami, accumulatisi quando gli alberi di cristallo erano stati abbattuti. Ne raccolse uno. Non era lungo, ma era acuminato e pesante. Era meglio che niente. Si lancio con esso verso l’orlo della radura e la i segugi lo aggredirono.
Veloci e flessuosi, bianchi come ghiaccio al chiarore delle stelle, giunsero balzando leggeri tra gli alberi scintillanti. Ulularono una volta, tutti insieme, e poi s’acquetarono, poi scattarono come frecce, lanciati verso di lui attraverso l’aria. S’appoggio col dorso a un tronco vitreo e vibro il ramo di cristallo spezzato. Ne colpi qualcuno. Ma le loro zanne gli s’immergevano nella carne come ferri roventi.
Nel mezzo della radura sorgeva una capanna. Quattro segugi erano legati, li accanto. Si trattava di quelli che avevano risposto con i loro latrati alla muta di Kurat. Ora digrignavano i denti, guaivano e cercavano di liberarsi dalla catena. Un uomo, una donna e un ragazzo alto uscirono dalla capanna. Il ragazzo si diede a correre verso Trehearne gridando. L’uomo lo trattenne. Gli disse qualcosa e lo costrinse a quietarsi. Rimasero la, a guardare.
Trehearne uccise uno dei segugi e ne azzoppo un altro con il suo bastone di cristallo. Gli altri sei tumultuavano intorno a lui, un mobile groviglio di corpi che balzavano e saltavano, avventandosi con i bianchi coltelli dei denti. Il sangue comincio a scorrere sul corpo di Trehearne. Colpi e colpi ancora e chiamo aiuto invocando l’uomo e la donna che contemplavano la scena con aria ottusa.
Non si mossero. Il ragazzo tento di correre verso di lui, ma l’uomo lo acciuffo. Trehearne emise un suono rauco e lascio cadere il ramo. Uno dei mostri lo aveva avvinghiato a un polso. Il peso