della sua famiglia e dira a me come tornare a casa.»

Lamia alzo lo sguardo su Hunter con aria deliziata. «E a te dara un po’ di cervello» disse «e a me un cuore.»

Porta ripuli anche l’ultima briciola di curry dal contenitore usando le dita, poi se le lecco. «Staremo benissimo noi tre, Richard. Non ci possiamo permettere una guida.»

Lamia si risenti. «Sara lui a pagarmi, non tu.»

«E che tipo di pagamento pretende una come te?» chiese Hunter.

«Questo» disse Lamia con un dolce sorriso «sta a me saperlo e a lui scoprirlo.»

Porta scosse il capo. «Non penso proprio.»

Richard sbuffo. «E solo che non vi piace l’idea che per una volta sia io a risolvere le cose invece di seguirvi ciecamente e andare sempre dove mi viene detto.»

«Non e cosi. Per niente.»

Richard si rivolse a Hunter. «Be’, Hunter, tu la conosci la strada per andare da Islington?»

Hunter scosse il capo.

Porta sospiro. «Dovremmo proprio muoverci. Down Street, hai detto?»

Lamia sorrise con le labbra color prugna. «Si, signora.»

Quando il Marchese arrivo al mercato, se ne erano andati.

QUINDICI

Lasciarono la nave e raggiunsero la riva, dove scesero alcuni scalini, attraversarono un lungo sottopassaggio e risalirono di nuovo.

Lamia procedeva sicura a grandi passi in testa al gruppo. Li condusse in un vicoletto acciottolato, con i muri illuminati dagli scoppiettanti lampioni a gas.

«Terza porta» disse.

Si fermarono davanti alla porta in questione, su cui campeggiava una targa di ottone che diceva:

ACCADEMIA REALE DELLE SCIENZE PER LA PREVENZIONE DELLA CRUDELTA CONTRO LE CASE

E sotto, a caratteri piu piccoli:

DOWN STREET. SI PREGA DI BUSSARE.

«Si arriva alla strada attraversando la casa?» chiese Richard.

«No,» rispose Lamia «la strada e nella casa.»

Richard busso alla porta. Non accadde nulla. Aspettarono e rabbrividirono. Busso di nuovo. Infine, suono il campanello.

La porta venne aperta da un domestico dall’aria assonnata che indossava una parrucca incipriata e una livrea scarlatta. Guardo l’eterogeneo e disordinato gruppo con un’espressione che indicava chiaramente che non era gente per cui valesse la pena di alzarsi dal letto.

«Si?» disse il servitore. Richard era stato mandato a farsi fottere e a morire ammazzato con maggior calore e buona grazia.

«Down Street» disse Lamia con tono imperioso.

«Da questa parte,» sospiro il domestico «se vi pulite i piedi.»

Attraversarono un ingresso davvero imponente. Poi attesero che il domestico accendesse tutte le candele di un candelabro, del tipo che di solito si vede solo sulle copertine dei libri, dove viene tradizionalmente tenuto ben saldo da giovani signorine in camicia da notte svolazzante, in fuga da un maniero dove e accesa un’unica luce, proveniente, guarda caso, da una finestra della soffitta.

Poi scesero un’imponente scalinata con sfarzosa passatoia. Quindi una rampa di scale meno imponente e meno sfarzosamente coperta dalla passatoia.

Scesero una rampa per nulla imponente con passatoia in lisa tela di sacco marrone.

Poi una rampa di scale di legno grezzo priva della benche minima traccia di passatoia.

Ai piedi di quest’ultima scala c’era un antico ascensore di servizio con sopra un cartello. Su cui era scritto:

FUORI SERVIZIO

Il domestico ignoro il cartello e apri la porta esterna a rete con un rumore metallico. Lamia lo ringrazio educatamente ed entro nell’ascensore. Gli altri la seguirono.

Il servitore volto loro le spalle. Attraverso la grata Richard lo vide afferrare il candelabro e tornare alla scala di legno.

Sulla parete dell’ascensore c’era una breve serie di pulsanti. Lamia premette quello piu in basso. La grata metallica si richiuse automaticamente con un bang. Si ingrano un motore e l’ascensore comincio, lentamente e cigolando, a scendere.

Nell’ascensore i quattro stavano piuttosto stipati. Richard noto di poter sentire il profumo di ognuna delle donne insieme a lui. Porta odorava principalmente di curry; Hunter odorava, in modo assolutamente non sgradevole, di sudore, in una maniera che lo fece pensare ai grandi felini nelle gabbie degli zoo; Lamia, invece, odorava in modo inebriante di caprifoglio, mughetto e muschio.

L’ascensore continuava a scendere. Richard si accorse che stava sudando, un sudore viscido e freddo, e si era conficcato le unghie nel palmo delle mani. Con il tono piu disinvolto che riusci a ottenere, disse «Questo non sarebbe il momento migliore per scoprire che si soffre di claustrofobia, vero?»

«Gia» rispose Porta.

«Allora non lo faccio» disse Richard.

E continuarono a scendere.

Ci fu un sobbalzo, un clunk, e il rumore del motorino di arresto, quindi l’ascensore si fermo. Hunter apri la porta, esito un istante, poi usci su una sorta di stretta piattaforma.

Richard guardo fuori dalla porta dell’ascensore. Erano sospesi nell’aria, in cima a qualcosa che gli ricordo un dipinto della torre di Babele, o meglio l’aspetto che avrebbe avuto la torre di Babele del quadro vista dall’interno. Si trattava di un enorme e decoratissimo sentiero a spirale, intagliato nella roccia, che si sviluppava intorno a un pozzo centrale. Ed era in cima a quel pozzo centrale, a qualche centinaio di metri da terra, che era sospeso l’ascensore. Ondeggiava un po’.

Richard fece un respiro profondo e mise il piede sulla sporgenza di legno. Poi, pur sapendo che era una pessima idea, guardo giu. Non c’era nient’altro che un asse a dividerlo dal piano roccioso, centinaia di metri piu sotto.

Tra la sporgenza su cui si trovavano e la cima della strada di pietra, a una distanza di circa tre metri, c’era una lunga passerella di legno.

«E immagino» disse, con molta meno noncuranza di quanto credeva, «che non sarebbe un buon momento per far presente che sono una vera nullita quando si tratta di altezze.»

«E sicuro» disse Lamia. «O almeno lo era l’ultima volta che sono stata qui. Guarda.»

Attraverso la passerella, un fruscio di velluto nero. Avrebbe potuto portare in equilibrio sulla testa una decina di libri senza farne cadere neppure uno. Arrivata al sentiero di pietra si fermo, si volto e sorrise con aria incoraggiante.

Hunter la segui al di la della passerella, si giro e rimase sul ciglio accanto a lei, in attesa.

«Visto?» disse Porta. Allungo una mano e strinse il braccio di Richard. «E a posto.»

Richard annui, e degluti. A posto.

Porta attraverso. Non sembrava divertirsi, ma attraverso comunque.

Le tre donne stavano aspettando Richard, che era rimasto indietro. Si accorse che non sembrava avere fatto neppure un passo sulla passerella di legno, nonostante avesse ripetutamente ordinato alle proprie gambe di camminare.

Molto sopra di loro venne premuto un pulsante.

Richard udi il tunk e la lontana messa in moto di un vecchio motore elettrico. La porta dell’ascensore si chiuse di botto, lasciandolo in precario equilibrio sulla stretta piattaforma di legno, non piu ampia della passerella stessa.

«Richard!» grido Porta. «Muoviti!»

L’ascensore comincio a salire. Richard passo dalla piattaforma tremolante alla passerella di legno, senti le gambe diventargli di gelatina e si mise carponi, cercando di tenere duro per salvarsi la pelle.

C’era una minuscola parte razionale del suo cervello che si interessava all’ascensore: chi l’aveva chiamato, e perche? Il resto della mente, tuttavia, era impegnato a dire a tutti e quattro i suoi arti di tenersi rigorosamente aggrappati alla passerella, e a gridare, con quanta voce mentale aveva, «Non voglio morire!» Richard chiuse gli occhi stretti stretti, certo che se li avesse aperti e avesse visto il muro di roccia sotto di lui avrebbe sicuramente lasciato la presa per precipitare, precipitare, precipitare…

«Non ho paura di cadere» si disse. «Quello di cui ho paura e il momento in cui smetti di cadere e cominci a essere morto.» Ma sapeva di mentire a se stesso. Era la caduta che temeva — il pensiero di agitarsi e ruzzolare impotente nell’aria, sapendo di non poter fare nulla, che nessun miracolo ti puo salvare…

Lentamente si rese conto che qualcuno gli stava parlando.

«Arrampicati semplicemente lungo la passerella, Richard.»

«Io… non ce la faccio» sussurro.

«Hai passato di molto peggio per ottenere la chiave, Richard» disse una voce. Era Porta che parlava.

«Non sono per niente bravo con l’altezza» disse ostinatamente, il viso premuto con forza contro le assi di legno. Quindi, «Voglio andare a casa.»

Sentiva il legno contro il viso.

Poi la passerella comincio a vibrare.

La voce di Hunter disse, «In realta non so che peso possa reggere quell’asse. Voi due fate da contrappeso qui.»

La passerella vibrava come se qualcuno la stesse percorrendo, muovendosi verso di lui. L’afferro ancora piu saldamente, sempre a occhi chiusi. Quindi Hunter, suadente, calma, gli disse all’orecchio, «Richard?»

«Mmm.»

«Avanza lentamente, Richard. Un pezzetto alla volta. Vieni…» Le dita di zucchero caramellato gli accarezzarono la mano dalle nocche bianche che stringeva l’asse di legno. «Vieni.»

Fece un respiro profondo e avanzo di qualche centimetro. E si blocco di nuovo.

«Stai andando ottimamente» disse Hunter. «Va bene cosi. Vieni.»

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