Lei ruoto su se stessa, sollevando un piede verso l’esterno, con un movimento fluido, quasi da ballerina.

Il piede colpi Richard in pieno stomaco. Lui cadde a terra, piegato in due, senza fiato e dolorante.

«Hunter?» boccheggio.

«Mi dispiace ma e cosi» disse Hunter.

Mister Croup e mister Vandemar non degnavano ne Richard ne Hunter della benche minima attenzione. Mister Vandemar era impegnato a legare i polsi di Porta, mentre mister Croup se ne stava in piedi a guardare.

«Non devi pensare a noi come ad assassini e tagliagole, signorina» stava dicendo amabilmente mister Croup. «Pensa a noi come a un servizio di accompagnatori.»

«Senza prestazioni extra, pero» aggiunse mister Vandemar.

Mister Croup si rivolse a mister Vandemar. «Accompagnatori nel senso di scorta. Per assicurare che la nostra bella lady arrivi sana e salva dove deve arrivare. Non la stavo paragonando ne a un gigolo d’alto bordo ne a una comune lucciola di strada, mister Vandemar.»

Mister Vandemar non si era ancora rabbonito. «Ha detto che eravamo un servizio di accompagnatori» brontolo. «So cos’e.»

«Lo cancelli dal verbale, mister Vandemar. Non mi sono espresso bene. D’ora in poi consideriamoci chaperon. Guardie. Cavalieri.»

Mister Vandemar si gratto il naso con un anello di teschio di corvo. «D’accordo» disse.

Mister Croup si volto verso Porta e le sorrise, mostrando molti denti. «Vedi, Lady Porta. Dobbiamo assicurarci che arrivi sana e salva a destinazione.»

Porta lo ignoro. «Hunter» grido. «Cosa succede?»

Mister Croup fece un ampio sorriso di orgoglio. «Prima di accettare di lavorare per te, Hunter aveva accettato di lavorare per il nostro principale. Prendendosi cura di te.»

«Te l’avevamo detto» si vanto mister Vandemar. «Te l’avevamo detto che uno di voi era un traditore.» Piego la testa all’indietro e ululo come un lupo.

«Credevo parlaste del Marchese» disse Porta.

Mister Croup si gratto la testa, con mossa teatrale. «Parlando del Marchese, mi chiedo dove sia. Sembra scomparso, vero, mister Vandemar?»

«Gia, proprio scomparso, mister Croup. Davvero scomparso.»

«Al punto che d’ora in avanti dovremo chiamarlo lo scomparso Marchese de Carabas. Purtroppo e giusto un pochino…»

«Morto stecchito» concluse mister Vandemar.

Richard, che respirava affannosamente e si contorceva a terra, riusci a inspirare abbastanza aria nei polmoni da rantolare, «Tu, puttana traditrice.»

Hunter abbasso lo sguardo. «Niente di personale» mormoro.

«La chiave che avete preso dai Frati Neri,» chiese mister Croup a Porta «chi ce l’ha?»

«Ce l’ho io» ansimo Richard. «Potete perquisirmi, se volete.» Si frugo nelle tasche — accorgendosi di qualcosa di duro e per niente familiare nella tasca posteriore, ma in quel momento non c’era il tempo di investigare — e ne tiro fuori la chiave della porta d’ingresso del suo vecchio appartamento. Si trascino in piedi e barcollo fino a mister Croup e mister Vandemar. «Ecco.»

Mister Croup allungo una mano e gli prese la chiave di ottone. «Accidentaccio, mister Vandemar» disse, senza quasi degnarla di uno sguardo. «Mi sono lasciato completamente abbindolare da questa astuta manovra.» Passo la chiave a mister Vandemar, che la tenne tra pollice e indice e la accartoccio come fosse carta stagnola. «Imbrogliati ancora, mister Croup» disse.

«Gli faccia male, mister Vandemar» disse mister Croup.

«Con piacere, mister Croup» disse mister Vandemar, assestando a Richard un calcio sulla rotula. Richard cadde a terra in agonia, tenendosi la gamba.

Come proveniente da un luogo lontanissimo, poteva udire la voce di mister Vandemar. Sembrava stesse tenendo una conferenza. «La gente pensa che sia la forza a fare male» diceva la voce di mister Vandemar. «Ma non e come sferri il calcio che conta. E dove. Voglio dire, questo e davvero un calcetto gentile…»

Qualcosa sbatte contro la spalla sinistra di Richard. Il braccio era completamente intorpidito, e un fiore di dolore gli sboccio sulla spalla. Gli sembrava che tutta la parte sinistra andasse a fuoco, e congelasse, come se qualcuno gli avesse infilato uno stimolatore elettrico nella carne e avesse dato il massimo di corrente. Si mise a piagnucolare. E mister Vandemar diceva:

«… Ma fa male quanto questo — che e molto piu forte…»

Lo stivale si conficco nel fianco di Richard come una palla di cannone. Riusciva a sentirsi urlare e singhiozzare, e avrebbe tanto desiderato sapere come fare a smettere.

«Ce l’ho io la chiave» senti dire Porta.

«Se tu avessi un coltellino svizzero» continuava mister Vandemar rivolto a Richard con tono servizievole, «potrei farti vedere come si usano tutti i pezzi. Anche l’apribottiglie, e gli attrezzi per togliere i sassi dagli zoccoli dei cavalli.»

«Lo lasci, mister Vandemar. Ci sara tutto il tempo per i coltellini svizzeri. Allora, vediamo se ha il lasciapassare.»

Mister Croup frugo nelle tasche di Porta e prese la statuetta scolpita nell’ossidiana: la piccola Bestia.

La voce di Hunter era bassa e sonora. «E io? Dov’e il mio compenso?»

Mister Croup tiro su col naso e le lancio la sacca per le canne da pesca. Lei l’afferro con una mano.

«Buona caccia» disse mister Croup. Poi lui e mister Vandemar si voltarono e si incamminarono lungo la tortuosa discesa di Dawn Street, con Porta nel mezzo.

Hunter si inginocchio e comincio a sciogliere i lacci della borsa. Aveva gli occhi grandi e luminosi.

Richard giaceva a terra e la osservava.

«Cos’e?» chiese. «Trenta denari?»

Lei la estrasse, lentamente, dalla guaina di stoffa, accarezzandola e lisciandola con le dita. Amandola.

«Una lancia» disse.

Era fatta di un metallo color bronzo; la lama era lunga e ricurva come un kris, tagliente da un lato, seghettata dall’altro; dei volti erano stati scolpiti sull’impugnatura, che appariva verde di verderame, e decorata con strani disegni e insolite volute. Era lunga circa un metro e mezzo, dalla punta della lama alla fine dell’impugnatura. Hunter la toccava quasi con timore, come fosse la cosa piu bella che avesse mai visto.

«Hai venduto Porta per una lancia» disse Richard.

Lei non rispose. Si inumidi le dita con la lingua rosea e con dolcezza le passo lungo la lama, controllando l’affilatura; sembro soddisfatta.

«Hai intenzione di uccidermi?» chiese Richard.

Allora lei volto la testa e lo guardo. Sembrava piu viva che mai, piu bella e piu pericolosa. «E che razza di sfida sarebbe cacciare te, Richard Mayhew? Ho un avversario ben piu grande da uccidere.»

«Quella e la tua lancia per la caccia alla Grande Bestia di Londra, vero?»

Lei guardava la lancia come mai nessuna donna aveva guardato Richard. «Dicono che nulla le possa tenere testa.»

«Ma Porta si fidava di te. Io mi fidavo di te.»

«Basta.»

Lentamente, il dolore cominciava a scemare, riducendosi a un sordo indolenzimento alla spalla, al fianco e al ginocchio. «Allora, per chi lavori? Dove la stanno portando? Chi c’e dietro tutto questo?»

«Diglielo, Hunter» stridette il Marchese de Carabas.

Teneva una balestra puntata contro Hunter, i piedi nudi ben piantati per terra, e aveva sul viso un’aria implacabile.

«Mi chiedevo se eri davvero morto come dicevano Croup e Vandemar» disse Hunter. «Mi avevi dato l’impressione di uno duro da uccidere.»

Lui piego il capo, in un ironico inchino. «Anche tu mi dai la stessa impressione, cara signora. Ma una freccia di balestra nella gola e una caduta di un centinaio di metri potrebbero smentirmi, ti pare? Posa la lancia e fai un passo indietro.»

Appoggio la lancia a terra, con gentilezza, con amore. Poi si alzo e si allontano.

«Puoi anche dirglielo, Hunter» disse il Marchese. «Io lo so. Ho trovato la strada difficile. Digli chi sta dietro a tutto questo.»

«Islington» rispose lei.

Richard scosse il capo, come se stesse cercando di scacciare una mosca. «Non puo essere» disse. «Cioe, ho incontrato Islington. E un angelo.» Poi, in tono quasi disperato, «Perche?»

Il Marchese non aveva staccato gli occhi da Hunter e la punta della balestra non aveva vacillato. «Vorrei saperlo. Ma Islington e in fondo a Down Street e in fondo a questa storia. E tra noi e Islington ci sono il labirinto e la Bestia. Richard, prendi la lancia. Hunter, davanti a me, per favore.»

Richard sollevo la lancia poi, goffamente, utilizzandola come punto di appoggio, si rimise in piedi. «Vuole che venga con noi anche lei?» chiese, stupito.

«Preferiresti averla alle spalle?» domando secco il Marchese.

Richard scosse il capo.

E ricominciarono a scendere.

SEDICI

Camminarono in silenzio per ore, seguendo la sinuosa strada di pietra che portava in basso. Richard era ancora dolorante e zoppicava. Inoltre provava una strana agitazione fisica e mentale: dentro di lui si rincorrevano sensazioni di sconfitta e tradimento che, associate al rischio di perdere la vita a causa di Lamia, al danno inflittogli da mister Vandemar e all’esperienza sulla passerella la in alto, lo facevano sentire un vero rottame. E, tanto per peggiorare ulteriormente le cose, era assolutamente certo che tutte le sue esperienze dell’ultimo giorno sarebbero impallidite fino a diventare qualcosa di assolutamente insignificante se paragonate a quello che doveva avere passato il Marchese. Percio, non diceva nulla.

Il Marchese stava in silenzio, dato che ogni parola che pronunciava gli faceva dolere la gola. Si accontentava di lasciarla guarire e di concentrarsi su Hunter. Sapeva che se avesse distolto l’attenzione anche per un solo istante, lei se ne sarebbe accorta e sarebbe scappata, o li avrebbe attaccati. Percio, non diceva nulla.

Hunter camminava davanti a loro, a qualche passo di distanza. Anche lei non diceva nulla.

Dopo un po’ raggiunsero la fine di Down Street. La strada terminava con un cancello, un ampio passaggio ciclopico — costruito con enormi blocchi di pietra grezza.

Quel cancello l’hanno costruito i giganti, penso Richard, senza pero saper dire come avesse avuto quell’intuizione.

Da molto tempo il cancello vero e proprio si era arrugginito e sgretolato. Ne potevano ancora vedere dei frammenti nel fango sotto i loro piedi o inutilmente penzolanti dal cardine arrugginito a lato dell’ingresso. Il cardine era piu alto di Richard.

Il Marchese fece cenno a Hunter di fermarsi. Si inumidi le labbra e disse, «Questo cancello segna la fine di Down Street e l’inizio del labirinto. Oltre il labirinto attende l’Angelo Islington. Nel labirinto c’e la Bestia.»

«Io ancora non capisco» disse Richard. «Islington. L’ho incontrato sul serio. Esso… Egli… Lui e un angelo. Voglio dire… un vero angelo.»

Il Marchese sorrise, senza ironia. «Quando gli angeli vanno a male, Richard, marciscono piu di chiunque altro. Ricordati che anche Lucifero era un angelo.»

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