di Fleming la ragazza lo aveva tenuto, per quanto possibile, a distanza; era divisa tra l’istinto, che la spingeva ad amarlo, e la netta sensazione di non volere che lui la scambiasse per qualcosa che lei non era. Almeno, mentre era via, Judy non doveva fare rapporto su di lui, ma solo su Bridger, e questo le costava meno.

Bridger non offri indizi a nessuno. Judy si tenne lontana dalla brughiera e le pattuglie di Quadring non scoprirono nulla. Bridger stesso si faceva sempre piu triste e riservato. Lavorava con la solita competenza, ma senza entusiasmo, e passava i ritagli di tempo osservando le ultime migrazioni di uccelli dai nidi di Thorholm.

L’autunno si incupiva nell’inverno. Di ritorno a Londra, Fleming si mise a studiare l’intero messaggio, e tutti i suoi calcoli originali. A Bouldershaw Fell continuavano a intercettare il segnale. Ma ormai era soltanto routine. Il codice era sempre lo stesso; Fleming non riusciva a trovare in tutto il suo lavoro nulla che indicasse quello che temeva.

A Thorness la Dawnay faceva dei progressi notevoli.

«Quel ragazzo aveva ragione su un punto,» diceva a Reinhart. «La storia delle domande e delle risposte. Introduciamo le cifre dell’atomo di carbonio e immediatamente la macchina comincia a stampare roba sulla struttura delle molecole proteiniche.»

Quando ebbe introdotto nuovamente tali informazioni, la macchina comincio a porre un numero di domande sempre maggiore. Presentava le formule di una grande varieta di strutture basate sulle proteine e voleva chiaramente che le venissero fornite informazioni in maggior quantita su tale argomento. La Dawnay mise al lavoro il suo reparto di Edimburgo, e a risultato della collaborazione reintrodussero nella macchina tutto quello che era conosciuto sulla formazione delle cellule. Prima della fine dell’anno la macchina aveva dato loro la struttura molecolare dell’emoglobina.

«Perche l’emoglobina?» chiese Judy che aveva seguito a Edimburgo la Dawnay nel tentativo di capire quello che accadeva.

«L’emoglobina del sangue porta il rifornimento di elettricita al cervello.»

«E vi ha offerto questa alternativa a un’intera serie di altre?» chiese Reinhart. Si erano incontrati tutti e tre nello studio della Dawnay, in uno dei vecchi grigi palazzi dell’universita; Madeleine aveva spiegato loro che desiderava un benestare del Ministero.

«Si,» confermo. «Come prima. E abbiamo reintrodotto anche questa.»

«Dunque ora la macchina sa come funziona il nostro cervello?»

«Conosce molto piu di questo, oggi come oggi.»

Reinhart si strofinava il mento.

«Ma perche diavolo vuole saperlo?»

«Lei e sotto l’influenza di Fleming, vero?» lo rimprovero la Dawnay. «Non e che ‘voglia sapere’ qualcosa. Si limita a calcolare delle risposte logiche da informazioni che noi stessi le diamo e da quelle che gia possiede. Perche e una macchina calcolatrice.»

«E tutto qui?» Judy, per quel poco che ne sapeva, condivideva i dubbi di Reinhart.

«Cerchiamo di essere scientifici in questa faccenda,» aggiunse la Dawnay. «Non mistici.»

«Professor Reinhart, lei…»

Reinhart pareva a disagio. «Fleming direbbe che la macchina vuole sapere con che tipo di intelligenza ha a che fare, che tipo di calcolatori siamo, quanto e grande il nostro cervello, come lo nutriamo, in che tipo di creatura il nostro cervello vive.»

«Il giovane Fleming ha dei disturbi emotivi, se vuole sapere il mio parere,» disse la Dawnay; accenno agli scaffali colmi di incartamenti e documentazioni. «Abbiamo tanto materiale ora che quasi ci affoghiamo, ma ho una mezza idea di quel che si tratta, ed e per questo che volevo vederla. Penso che ci abbia dato il progetto di base per una cellula vivente.»

«Una che?»

«Non che ci serva a qualcosa. C’e questa enorme quantita di numeri: e troppo complesso perche li possiamo mai capire completamente.»

«E perche?»

«Ma guardi che razza di roba. Possiamo riconoscere degli stralci di strutture cromosomiche e cosi via, ma ci vorrebbero anni per analizzare tutto.»

«Se questo e quel che dobbiamo fare.»

«Cosa intende dire?»

Reinhart si sfrego nuovamente il mento. C’era in lui qualcosa di molto confortevole e umano anche quando era immerso nelle sue riflessioni.

«Voglio parlare a Fleming e a Osborne,» disse.

Alla fine li riuni nell’ufficio di Osborne. A quel punto aveva tutti gli elementi in mano e voleva che si agisse. Fleming sembrava invecchiato e stanco, come se la molla dentro di lui si fosse allentata. Aveva il viso segnato, gli occhi iniettati di sangue.

Osborne se ne stava elegantemente appoggiato allo schienale e ascoltava Reinhart.

«La professoressa Dawnay si trova per le mani quella che sembra essere la struttura cromosomica dettagliata di una cellula.»

«Una cellula vivente?»

«Si. E qualcosa che non abbiamo mai conosciuto prima: l’ordine in cui sono disposte le molecole di acido nucleico.»

«Allora potreste davvero costruirne una?»

«Se possiamo usare come controllo il calcolatore, e se possiamo costruire un dispositivo chimico che agisca sulle istruzioni non appena vengano fuori — di fatto, insomma, se possiamo costruire un sintetizzatore di DNA — allora penso che si possa cominciare a costruire un tessuto vivente.»

«E quello che i biologi cercano di fare da anni, vero?»

«Volete davvero permettergli di costruire un organismo vivente?» domando Fleming.

«La Dawnay vuole tentare,» rispose Reinhart. «Fleming non vuole. Che facciamo?»

«Perche non vuole, lei?» chiese Osborne a Fleming con aria indifferente, come se si trattasse di una faccenda qualsiasi.

«Perche siamo stati spinti in questa storia da una specie di costrizione esterna,» rispose Fleming stancamente. «E quello che continuo a ripetere dal giorno in cui abbiamo costruito quell’apparecchio dell’accidente, e non c’e nulla che possa farmi cambiare idea. Madeleine Dawnay immagina che si possa sfruttare quella macchina come se si trattasse di una qualsiasi attrezzatura da laboratorio: e una bella ottimista. Se vuole giocare alla sintesi di DNA se ne stia a farsela nella sua universita. Non lasciatele usare il calcolatore. Oppure, se proprio dovete, almeno, ner prima cosa, toglietegli la memoria.»

«Reinhart?» Osborne si rivolse languidamente al professore. Qualsiasi impressione Fleming gli avesse fatto, non la diede a vedere.

«Non so,» mormoro Reinhart. «Davvero non so. Proviene da un’intelligenza straniera, ma…»

«Possiamo sempre togliere la corrente?…» concluse Fleming per lui. «Senta, l’abbiamo costruito per provare il contenuto del messaggio. E cosi? Bene, lo abbiamo dimostrato, lo abbiamo messo in azione per scoprire i suoi fini. Ora conosciamo anche questi.»

«Davvero?»

«Io lo so. E una quinta colonna intellettiva che proviene da un altro mondo, da un’altra forma di esistenza. Ha in se stessa il germe della vita, ma anche il seme della distruzione.»

«Ma lei ha qualche elemento per affermarlo?» chiese Osborne.

«Niente di tangibile.»

«E allora come possiamo…?»

«E va bene, andate pure avanti!» Fleming si alzo dirigendosi alla porta. «Andate avanti e vedrete quel che accadra. Ma non venite poi a piangere da me.»

6

Allarme

Вы читаете A come Andromeda
Добавить отзыв
ВСЕ ОТЗЫВЫ О КНИГЕ В ИЗБРАННОЕ

0

Вы можете отметить интересные вам фрагменты текста, которые будут доступны по уникальной ссылке в адресной строке браузера.

Отметить Добавить цитату