«Che scherzo?»

«Dava l’antienzima al posto dell’enzima. Invece di una cellula rigeneratrice, una cellula distruttrice. Probabilmente agisce attraverso la pelle e l’hanno assorbito mentre lavoravano.» Sollevo una mano della Dawnay, abbandonata senza vita sul lenzuolo. «Niente da fare, a meno che non si prepari in tempo l’enzima adatto. Ecco perche le ho portato la formula esatta.»

«Pensa veramente…» Hunter corrugo le sopracciglia con aria scettica, fissando il blocco di fogli, e Fleming, alzando gli occhi dalla mano della Dawnay che ancora teneva, lo guardo con disgusto.

«Non vuole gloria e onore?»

«Voglio salvare delle vite,» rispose Hunter.

«Allora prepari la formula esatta. Dovrebbe agire come antidoto a quella che ha ottenuto la Dawnay. Puo almeno tentare. Se no…» Si strinse nelle spalle e depose di nuovo la mano della Dawnay sul lenzuolo. «Questa macchina fara lo sporco giuoco di tutti finche le va bene.»

Hunter sospiro. «Se e cosi maledettamente intelligente, perche ha fatto un errore simile?»

«Non lo ha fatto. Il solo errore che ha commesso e stato quello di colpire la persona sbagliata. Era me che voleva colpire, e non si e curata di quanta gente avrebbe fatto fuori in questa ricerca. Uno dei vostri contratti commerciali con la Intel, e avrebbe potuto far fuori mezzo mondo.»

Lascio Hunter tutto accigliato sulla formula; era ovviamente obbligato a tentare.

Quel pomeriggio l’uomo mori; ma il nuovo enzima era stato preparato e somministrato ai due che sopravvivevano. In principio non accadde nulla di rimarchevole, ma prima di sera era chiaro che il deperimento andava rallentando. Dopo cena Judy visito l’infermeria e si diresse poi verso il cancello principale per accogliere Reinhart che era atteso con l’ultimo treno. Passando accanto all’edificio del calcolatore provo l’impulso di entrare. Non c’era alcun operatore in servizio e trovo Andre che sedeva sola al banco di controllo, lo sguardo fisso davanti a se. L’odio accumulato per mesi, le frustrazioni di anni ribollirono d’improvviso in Judy.

«E morta un’altra persona,» sbotto selvaggiamente. Andre si strinse nelle spalle e Judy senti una voglia terribile di picchiarla. «La professoressa Dawnay sta combattendo per la vita, e il ragazzo anche.»

«Allora hanno una possibilita,» disse la ragazza, senza alcuna intonazione.

«Grazie al dottor Fleming, non grazie a lei.»

«Non e affar mio.»

«E stata lei a dare la formula alla professoressa Dawnay.»

«Gliel’ha data la macchina.»

«Gliel’avete data assieme.»

Andre si strinse ancora nelle spalle. «Il dottor Fleming ha l’antidoto. E intelligente, lui, li puo salvare.»

«Lei non se ne preoccupa, vero?» Judy si sentiva gli occhi ardenti e asciutti, guardandola.

«Perche dovrei preoccuparmene?» chiese la ragazza.

«La odio.» Judy si sentiva anche la gola secca e riusciva appena a parlare. Avrebbe voluto prendere qualcosa di pesante e spaccare la testa alla ragazza; ma in quel momento il telefono squillo e dovette andare al cancello principale e ricevere Reinhart.

Quando Judy se ne fu andata, la ragazza sedette immobile, per lungo tempo, fissando il quadro di controllo, e delle lacrime, delle vere lacrime umane, le sgorgarono dagli occhi scorrendole lentamente giu per le guance.

Judy condusse Reinhart direttamente alla baracca di Fleming dove venne messo al corrente dello stato delle cose.

«E Madeleine?» chiese il vecchio. Sembrava stanco e incerto.

«Ancora viva, grazie a Dio,» rispose Fleming. «Ne possiamo salvare due.»

Sembro che Reinhart ne fosse un po’ sollevato e parve meno stanco. Gli tolsero il soprabito, lo installarono in una sedia vicina al calorifero e gli diedero da bere. Aveva un aspetto invecchiato che Judy non gli aveva mai visto, patetico, era ormai Sir Ernest, e sembrava che, concedendogli l’onorificenza, lo avessero definitivamente invecchiato. Judy immaginava quanto lontana nel passato gli dovesse sembrare la sua amicizia di gioventu con la Dawnay, e sentiva che lui si aggrappava a quella vita come se la sua in qualche modo le fosse legata. Reinhart prese in mano il bicchiere e cerco di fissare la sua attenzione su quello che doveva dire.

«Non ne avete ancora parlato a Geers?»

«Cosa farebbe, Geers?» chiese Fleming. «Gli spiacerebbe soltanto che non si tratti di me. Mi avrebbe fatto buttare fuori dalla base e fuori dal paese, se avesse potuto. Sono secoli che dico che quell’apparecchio e pericoloso, ma tutti ne sono entusiasti; quante prove devo portare ancora, prima di convincere qualcuno?»

«Non devi piu provare nulla, per quel che riguarda me,» disse Reinhart, faticosamente.

«Bene, questo e gia qualcosa.»

«O me,» aggiunse Judy.

«Oh, bello, bello. Questo significa che siamo in tre contro l’intera organizzazione.»

«Cosa credevi che avrei potuto fare?» chiese Reinhart.

«Non so. Lei si e occupato di meta della ricerca scientifica di questo paese per una generazione. Si, una buona meta. Certo qualcuno le darebbe retta.»

«Osborne, forse?»

«Fino a che non si sporca le mani.» Fleming medito un attimo. «Potrebbe farmi tornare al calcolatore?»

«Usa la testa, John, deve risponderne all’autorita costituita.»

«Potrebbe farlo venire qui?»

«Posso provare. Cos’hai in mente?»

«Glielo posso spiegare piu tardi,» rispose Fleming. Reinhart trasse di tasca un orario aereo-ferroviario.

«Se vado a Londra domattina…»

«Non ci puo andare stanotte?»

«Sir Ernest e stanco,» intervenne Judy.

Reinhart le sorrise. «Puo tenere quel Sir Ernest per le grandi occasioni. Prendero un volo notturno.»

«Perche non si puo aspettare qualche ora?» chiese Judy.

«Non sono un giovanotto, Miss Adamson, ma non sono un moribondo.» Si alzo. «Salutatemi Madeleine da parte mia, se…»

«Certo,» assicuro Fleming prendendo il soprabito del professore e aiutandolo a infilarselo. Reinhart si diresse alla porta, abbottonandoselo. Poi si rammento di qualcosa. «A proposito, il messaggio e cessato.»

Lo sguardo di Judy passo da lui a Fleming. «Il messaggio?»

«Il messaggio di lassu.» Reinhart indico il cielo con un dito. «Ha smesso di ripetersi, parecchie settimane fa. Puo darsi che non lo captiamo mai piu.»

«Puo darsi che abbiamo raccolto la parte conclusiva di una lunga trasmissione,» disse Fleming calmo, soppesando tutte le implicazioni di questo fatto. «Se non fosse stato per quel puro caso di Bouldershaw, forse non l’avremmo sentito mai, e nulla di tutto cio sarebbe accaduto.»

«Gia, ci ho pensato anch’io,» annui Reinhart; rivolse loro un altro stanco sorriso e se ne ando.

Fleming si aggirava silenzioso per la stanza, pensando a quanto era stato detto. Judy attendeva. Sentirono l’auto di Reinhart partire, allontanarsi, e a questo rumore Fleming si mise accanto a Judy, le passo un braccio attorno alle spalle.

«Faro tutto quel che vuoi,» mormoro lei. «Possono farmi comparire davanti alla corte marziale, se ne hanno voglia.»

«D’accordo.» Fleming tolse il braccio.

«Puoi fidarti di me, John.»

Lui la guardo dritto in viso e Judy cerco con gli occhi di costringerlo a crederle.

«Si, bene.» Sembrava quasi convinto. «Ti diro cosa devi fare. Per prima cosa, domattina, telefona a Londra, in privato. Cerca di metterti in contatto con Osborne quando il professore e con lui, e digli che deve portare un terzo visitatore.»

«Chi?»

«Non importa chi. Il sindaco di Londra, il presidente dell’Accademia Reale, qualche pezzo grosso del Ministero. Non ha bisogno di portarmi il tizio in carne e ossa, mi bastano i vestiti.»

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