la lascio andare. «Sono stata mandata a ucciderti.»

Ferma contro lo sfondo oscuro della porta era molto pallida e bella. Parlavano senza passione, senza soddisfazione. Lui la guardo, cupo.

«Bene, abbiamo deposto le armi,» disse.

Accanto alla stazione di Thorness c’era un piccolo caffe dal tetto spiovente, e fu qui che Judy lascio Fleming mentre aspettava il treno di Aberdeen. Era soltanto la sera del giorno dopo: Reinhart aveva agito alla svelta. Fleming entro nella piccola stanza del retro che era stata loro riservata e attese. Era una stanzetta triste e squallida, dominata da una vecchia tavola rustica e da una serie di sedie; le pareti erano ricoperte di legno rovinato e scrostato, e vi erano appese delle pubblicita scolorite di coca-cola e di acqua minerale. Bevve un sorso dalla sua borraccia. Sentiva il vento che andava aumentando, ululare di fuori, e poi in lontananza l’automotrice che giungeva rumoreggiando da sud. Si fermo alla stazione, sbuffando rumorosa, e dopo uno o due minuti, si senti un fischio, l’urlo della sirena e filo via, lasciando di fuori il silenzio; giungeva ancora il suono del vento, e sulla ghiaia, fuori dal caffe, un rumore di passi.

Judy fece entrare Reinhart e Osborne nella stanza. Erano tutti imbacuccati in pesanti abiti invernali, e Osborne portava una valigia piuttosto grande.

«Si sta preparando una tempesta, temo,» disse, mettendo la valigia a terra. Aveva un’aria infelice e assolutamente fuori dal suo elemento. «Possiamo parlare, qui dentro?»

«E tutto a nostra disposizione,» disse Judy. «Mi sono messa d’accordo con l’uomo.»

«E l’operatore di turno?» chiese Reinhart.

«Mi sono messa d’accordo anche con lui. Sa cosa deve fare e terra la bocca chiusa.»

Reinhart si rivolse a Fleming. «Come sta Madeleine Dawnay?»

«Se la cavera. E anche il ragazzo. L’enzima funziona a dovere.»

«Bene, grazie a Dio per questo.» Reinhart si sbottono il cappotto. Non sembrava affatto stanco per il viaggio: anzi, pareva che l’attivita lo ringiovanisse. Di loro, Osborne era quello che appariva piu scoraggiato.

«Cosa vuole combinare con il calcolatore?» chiese a Fleming.

«Cercare di toglierlo dal circuito, altrimenti…»

«Altrimenti?…»

«E quello che vogliamo scoprire. O e deliberatamente malevolo, oppure e guasto. O e stato programmato per funzionare come funziona, oppure gli e successo qualcosa. Io sono per la prima ipotesi: l’ho sempre pensato.»

«Non hai mai potuto dimostrarlo.»

«E la Dawnay?»

«Abbiamo bisogno di qualche prova piu tangibile.»

«Osborne andra dal ministro,» intervenne Reinhart. «Andra dal primo ministro se necessario, vero?»

«Se ne ho le prove,» disse Osborne.

«Io vi daro le prove! C’e stato un altro tentativo di uccidermi, la notte scorsa.»

«Come?»

Fleming racconto loro la storia. «Alla fine l’ho costretta a dirmi la verita. Dovreste provare cosa vuol dire, una volta o l’altra, allora ci credereste.»

«Abbiamo bisogno di una prova piu scientifica.»

«Allora concedetemi qualche ora in compagnia del calcolatore.» Guardo Judy. «Mi hai portato un lasciapassare?»

Judy trasse dalla borsetta tre lasciapassare, e ne diede uno a ciascuno. Fleming lesse quello che gli era stato dato e fece una smorfia.

«Cosi, sarei un funzionario del Ministero? Finalmente.»

«Ho giurato sul mio onore per ottenerlo,» disse Osborne con aria infelice. «E solo per un esame del calcolatore. Nessuna azione diretta.»

Fleming smise di sorridere. «Vuole legarmi le mani?»

«Ma si rende conto del rischio che corro?» disse Osborne.

«Rischio! Avrebbe dovuto essere nella mia capanna ieri sera.»

«Mi sarebbe piaciuto esserci, cosi avrei le idee piu chiare. Questa nazione, giovanotto, dipende da quella macchina…»

«Che ho costruito io.»

«Ha piu significato per noi, potenzialmente, della macchina a vapore o dell’energia atomica o di qualsiasi altra cosa.»

«Allora e ancora piu importante…» comincio Fleming.

«Lo so! Non faccia la predica, proprio a me. Crede che sarei qui se non pensassi che e importante, e se non avessi la massima stima della sua opinione? Ma ci sono mezzi e mezzi.»

«Conosce un mezzo migliore?»

«Di controllarlo, no. Ma non deve esserci nulla piu di un controllo. Un uomo nella mia posizione…»

«Qual e la sua posizione? Il piu nobile fra tutti i Romani?»

Osborne sospiro. «Lei ha il suo lasciapassare.»

«Hai quello che hai chiesto, John,» osservo Reinhart.

Fleming raccolse la valigia e la mise sul tavolo. L’apri: ne tiro fuori un cappotto scuro di lana morbida, un cappello floscio nero e una cartella, e si vesti, pronto a recitare la sua parte. Gli indumenti si intonavano a quella notte buia, ma non andavano molto d’accordo con il suo viso.

«Sembri uno spaventapasseri piu che un funzionario,» osservo sorridendo Reinhart.

Judy cercava di non ridere. «Se sei con me non ti esamineranno troppo da vicino.»

«Ti rendi conto che finirai davanti al plotone di esecuzione, per questo?» domando Fleming affettuosamente.

«Solo se veniamo scoperti.»

Osborne non apprezzava gli scherzi. Se negli altri nascondevano la preoccupazione, lui non se ne accorgeva: aveva lui stesso preoccupazioni in numero piu che sufficiente.

«Lasciamo perdere.» Sollevo la manica del cappotto per vedere che ora fosse.

«Dobbiamo aspettare fino a che non viene buio e il turno di giorno e finito,» disse Judy.

Fleming si frugo sotto le falde del cappotto e trasse la fiasca. «Che ne direste di un sorso alla fortuna della nostra impresa?»

Quando raggiunsero la base nevicava fitto: non era una nevicata soffice ma un infuriare di fiocchi pungenti, gelati, spinti da un vento che soffiava da nord. Le due sentinelle di guardia all’esterno dell’edificio del calcolatore si erano alzato il bavero del cappotto militare, sebbene si fossero rifugiate sotto il portico dell’ingresso. Diedero un’occhiata di fuori, nel biancore che si tramutava in oscurita, alle quattro figure che si avvicinavano.

Judy ando avanti e presento i lasciapassare; i tre uomini si tenevano indietro.

«Buona sera. Questa e la comitiva del Ministero.»

«Buona sera.» Una delle sentinelle, con una striscia da appuntato sulla manica del cappotto, saluto militarmente ed esamino i lasciapassare.

«Benissimo,» concluse restituendoli.

«C’e nessuno dentro?» chiese Judy.

«Solo l’operatore di turno.»

«Ci tratterremo solo pochi minuti,» disse Reinhart facendosi innanzi.

Le sentinelle aprirono la porta e si schierarono da parte mentre Judy entrava, seguita da Osborne e da Reinhart con Fleming tra loro.

«E la ragazza?» chiese Reinhart quando ebbero percorso un lungo tratto di corridoio.

«Non e di turno stanotte,» rispose Judy. «Ce ne siamo occupati noi.»

Era un lungo corridoio, che formava due angoli retti, e le porte che davano nella sala del calcolatore erano all’estremita, in modo che dalla porta principale non si sentiva e vedeva nulla. Judy apri una delle porte e li fece entrare: la sala di controllo era piena di luce, ma vuota; c’era solo un giovane che sedeva al banco e leggeva. Al loro ingresso si alzo.

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