ferita. — Guarira, tesoro… non preoccuparti…

Connington giro la testa da una parte all'altra, guardando ciecamente nella sua direzione, gemendo mentre il tessuto gli premeva sulle ferite.

— No, no, tesoro — lo rimprovero Claire. — No, stai fermo, tesoro. Non preoccuparti. Ho bisogno di te, Connie. Ti prego. — Comincio a pulirgli il petto, aprendogli la camicia e facendogliela scivolare a forza lungo le braccia, come un poliziotto che arresta un ubriaco.

Barker disse, stizzito: — Bene, Claire… d'accordo. Voglio che domani ti porti via la tua roba. — Piego la bocca in una smorfia di ripugnanza. — Non avrei mai pensato che ti mettessi a divorare le carogne.

Hawks volto loro le spalle e noto un telefono a muro. Fece il numero goffamente, in fretta. — Sono… sono Ed — disse, con la gola contratta. — Vorrei che venissi a quell'angolo dell'autostrada, dove c'e l'emporio per prendermi a bordo. Si… ho bisogno di un passaggio fino in citta, anche stavolta. Grazie. Si, ti aspettero.

Riappese e, quando si giro, Barker gli disse, sbalordito: — Come ha fatto, Hawks? — sembrava sul punto di piangere. — Come c'e riuscito?

— Verra al laboratorio, domani? — chiese stancamente Hawks.

Barker lo fisso con gli scintillanti occhi neri. Indico Claire e Connington con un gesto del braccio. — Che altro mi resterebbe, Hawks, se perdessi anche lei, adesso?

PARTE SESTA

— Hai l'aria stanca — disse Elizabeth, quando le lampade fluorescenti dello studio si accesero con uno sfrigolio, mentre Hawks sedeva sul divano.

Lui scosse il capo. — Non ho lavorato molto. E la solita vecchia storia… quand'ero un ragazzo, alla fattoria, mi sfinivo con la fatica fisica, e non avevo difficolta ad addormentarmi. Mi svegliavo, la mattina, e mi sentivo magnificamente; ero riposato e pieno d'energia, sapevo esattamente cosa mi attendeva quel giorno, e lo facevo. Anche quand'ero stanco, mi sentivo bene; sentivo che avevo fatto quel che era giusto. Anche quando non riuscivo a tenere gli occhi aperti, dopo cena, il mio corpo era rilassato e felice. Non so se e comprensibile per chi non l'ha provato, ma era cosi.

«Ma adesso me ne sto seduto a pensare. La notte non riesco a dormire, e la mattina, quando mi sveglio, mi sento anche peggio del giorno prima. Ci vogliono ore prima che non mi senta piu come se il mio corpo ce l'avesse con me. Qualche volta credo che vada meglio, durante il giorno, soltanto perche m'intontisco, non per altro. Non mi sento mai bene. Sono sempre pieno di dolori che vengono dal nulla. Mi guardo nello specchio, e vedo un uomo malato… il tipo d'uomo di cui non avrei fiducia, se dovessimo svolgere un lavoro insieme.

Elizabeth inarco un sopracciglio. — Credo che un po' di caffe ti farebbe bene.

Hawks fece una smorfia. — Preferirei un te, se ne hai.

— Credo di si. Ora vedo. — La ragazza attraverso lo studio, ando nell'angolo dove, dietro una tenda, stavano un fornello elettrico e una credenza.

— Oppure… Senti — grido lui. — Sono uno sciocco. Il caffe andrebbe benissimo, se non hai del te.

Sedettero insieme sul divano, bevendo il te. Poi Elizabeth depose la tazza sul tavolino. — Cos'e successo, stasera? — domando.

Hawks scosse il capo. — Non so bene. Una storia di donne, tanto per cominciare.

Elizabeth mormoro: — Oh.

— Non del genere solito — disse Hawks.

— Non pensavo che lo fosse.

— Perche?

— Perche tu non sei il solito tipo d'uomo.

Hawks aggrotto la fronte. — Gia, lo penso anch'io. Almeno, sembra che io non susciti negli altri le reazioni abituali. E non so perche.

— Vuoi sapere cosa c'e fra te e le donne?

Hawks la guardo, sbattendo le palpebre. — Si. Ci terrei moltissimo.

— Tu le tratti come esseri umani.

— Davvero? — Hawks scosse di nuovo il capo. — Non credo. Non sono mai riuscito a capirle molto bene. Non so perche facciano molte delle cose che fanno. Ho… Per la verita, ho sempre avuto molti guai con le donne.

Elizabeth gli sfioro la mano. — Non mi sorprenderebbe affatto. Ma questo non c'entra. Adesso, pensa a una cosa: io sono molto piu giovane di te.

Hawks annui, con aria turbata. — Ci ho gia pensato.

— Ed ora pensa anche a questo: non sei affascinante, bello o brillante. Per la verita, sei un po' buffo. Sei troppo occupato per dedicarmi un po'di tempo, e anche se mi portassi in giro per i night club, saresti cosi fuori posto che io non riuscirei a divertirmi. Ma qualcosa fai: mi fai sentire che le mie leggi hanno per me lo stesso valore che hanno per te le tue. Quando mi chiedi di fare qualcosa, so che non ti offenderesti se rifiutassi. E se accetto, tu non hai l'impressione di aver segnato un punto a tuo vantaggio in una sorta di gioco complicato. Non cerchi di approfittare di me, di viziarmi o di cambiarmi. Secondo la tua ottica, io occupo nel mondo lo stesso spazio che occupi tu. Hai un'idea di quanto sia rara una cosa simile?

Hawks era perplesso. — Sono contento che tu la pensi cosi — disse lentamente. — Ma non credo che sia vero. Senti… — Si alzo e comincio a camminare avanti e indietro, mentre Elizabeth restava seduta a guardarlo con un lieve sorriso.

— Le donne… — disse lui, di slancio. — Le donne mi hanno sempre affascinato. Da ragazzo, ho fatto le solite esperienze. Non ci ho messo molto a capire che la vita non era come sembrava dalle storie che circolavano alle scuole superiori. No, c'era qualcosa d'altro… che cosa, non lo so, ma c'era qualcosa nelle donne. Non mi riferisco alla parte fisica. Parlo di qualcosa di speciale che hanno le donne: uno scopo che non riuscivo ad afferrare. Cio che mi turbava era il fatto che esistevano questi altri organismi intelligenti, nello stesso mondo in cui c'erano gli uomini, e che la loro intelligenza doveva avere un fine. Se tutte le donne servivano soltanto a perpetuare la specie, che bisogno avevano dell'intelligenza? Sarebbe stata sufficiente una semplice serie di istinti. E per la verita, gli istinti ci sono, quindi a che serviva l'intelligenza? C'erano uomini in abbondanza, per occuparsi di rendere confortevole l'ambiente fisico. Le donne non erano fatte per quello. Almeno, non era per questo che dovevano possedere l'intelligenza… Ma non ho mai scoperto la verita. Me lo sono sempre domandato.

Elizabeth sorrise: — Non capisci ancora che noi diciamo le stesse cose di voi.

Hawks sospiro e disse: — Forse e vero. Ma questo non mi spiega cio che vorrei sapere.

Elizabeth fece, sottovoce: — Forse lo scoprirai presto. Intanto, perche non hai mai cercato di fare l'amore con me?

Hawks la fisso. — Per amor del cielo. Elizabeth, non ti conosco abbastanza!

— E esattamente quello che volevo dire di te — osservo Elizabeth, mentre il rossore le svaniva dal volto. — Ora, dottore, vuoi un'altra tazza di te?

Elizabeth aveva ripreso a lavorare, al tavolo da disegno, con i tacchi infilati sulla traversa dello sgabello. Un filo di fumo si levava dal portacenere tenuto fermo da due puntine sull'orlo del tavolo. Ogni tanto, una spira le arrivava in faccia, costringendola a socchiudere gli occhi. Lei imprecava sottovoce e sorrideva a Hawks che, seduto su un puff accanto al tavolo, si stringeva con le mani le ginocchia piegate.

— All'universita ero innamorato di una ragazza — disse lui. — Una ragazza di Chicago, molto carina. Era intelligente. Soprattutto, era piena di tatto. E aveva visto e fatto tante cose piu di me… commedie, opere, concerti: tutte le cose che si possono avere in una grande citta. L'invidiavo terribilmente, per questo, e l'ammiravo molto. Il fatto e che non cercai mai di condividere tutto questo con lei. Avevo l'idea, credo, che se le avessi chiesto di parlarmi di queste cose, gliele avrei portate via… le avrei preso qualcosa che lei s'era guadagnato e che io non avevo il diritto di rubarle. Ma ero convinto che una persona meravigliosa come lei poteva giudicare se io valevo qualcosa o no. Almeno, immagino che la pensassi cosi, allora. Comunque, mi decisi e le chiesi di condividere tutto

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