THX si accorse che TRG lo stava guardando. Guardo in faccia il maniaco che stava, come una montagna ghignante, poco lontano dal suo letto. TRG ridacchio e si puli col dorso della mano la saliva dal mento. THX continuo a fissarlo, immobile.
— Cerchi sempre di eludere il vero problema — disse PTO, a voce alta. — Cosa c’e che non va nella nostra condizione? Stiamo bene, abbiamo cibo in abbondanza. Non mi sento assolutamente minacciato perche «non ci sono» minacce. Perche creare problemi? Sono le tue emozioni in realta che devi esaminare. E insensato…
Un urlo infranse la conversazione.
TRG balzo indietro d’un passo e guardo per vedere da dove veniva l’urlo. THX guardo nella stessa direzione.
Uno degli uomini era sopra IMM e le copriva la bocca con la mano. La camicia era stata tirata giu, e si vedevano i due piccoli seni solcati da una cicatrice livida. TRG si avvicino all’uomo, che lascio andare IMM e corse via, inciampando per la fretta. La ragazza si rimise a posto la camicia e se la tenne stretta addosso. TRG si fermo davanti a lei, ma lei non lo guardo, rimase li sul letto a sedere e a dondolarsi avanti e indietro, in silenzio.
THX torno a sdraiarsi. La testa gli faceva un male terribile. PTO e SEN ripresero la conversazione come se non fosse successo niente, e continuarono per un pezzo.
Suono il rintocco del pranzo. THX lo ignoro e cerco di dormire. Ma non riusci. Continuava a fissare quell’infinito biancore vuoto, cosi spento e soffocante.
Senti i passi pesanti di un robopoliziotto, e il rumore della sbarra che batteva in terra…
— CAM cinque due cinque quattro — disse il robopoliziotto.
THX si giro e vide un ragazzo di circa quattordici anni dall’aria smarrita e terrorizzata.
TRG si avvicino al ragazzo, lo guardo bene, poi si mise, a ridere. Il ragazzo tramava. Il robopoliziotto afferro l’idiota per la collottola. TRG sembrava adesso una povera bambola di stracci. Il robopoliziotto se lo trascino dietro, finche entrambi scomparvero in lontananza.
«Gia» penso THX, «solo dieci persone possono occupare dieci letti. Per ogni nuovo che arriva, uno deve andare.»
12
Per LUH fu diverso.
Sedeva, sola, in uno spazio completamente buio, troppo piccolo perche ci si potesse stare in piedi. Riusciva solo a stare seduta con le ginocchia sotto il mento. Perse la cognizione del tempo. Dapprima non riusciva a dormire, era troppo terrorizzata per chiudere gli occhi. Poi fu presa dalla fame e dall’esaurimento. Si addormento.
La svegliarono i crampi della fame. Era debole, indolenzita, con la schiena che le faceva un male terribile. Gambe e braccia formicolavano in modo insopportabile.
Un suono.
No, erano solo i suoi piedi che sfregavano sul pavimento di metallo della cella.
«Distrutta.» L’avrebbero distrutta. Ricordo la faccia dell’avvocato difensore diventare rossa, e la sua espressione piuttosto imbarazzata quando il Pontefice aveva detto — Distrutta.
Stringendosi nelle spalle, il difensore aveva detto: — Ho fatto del mio meglio.
Proprio cosi. Del suo meglio. La sua vita sarebbe finita. E lui era imbarazzato.
«Era» un suono. Veniva da fuori. Passi. Una voce soffocata. Una risata.
Improvvisamente fu inondata da luci provenienti dall’alto. Chiuse gli occhi che le lacrimarono.
— Su, vieni — le grido una voce d’uomo. — Non fare la scontrosa.
Lei guardo, ma non riusciva a distinguere la sagoma con tutta quella luce improvvisa.
— Su, allunga le mani. Non farmi fare tutto il lavoro.
Lei ubbidi, e un paio di mani forti afferrarono le sue braccia e la tirarono fuori dalla cella. Era una specie di corridoio stretto, col pavimento pieno di piccoli portelli quadrati: il suo era l’unico aperto.
— Da questa parte.
L’uomo fece un cenno con la mano e le indico la direzione. LUH camminava lenta, barcollando sulle gambe intorpidite per le lunga immobilita.
Inciampo in uno dei portelli. Stava per cadere, ma l’uomo le circondo la vita con un braccio e la tenne su.
— Cosi va meglio?
Era un uomo grosso, alto e robusto, coi denti radi. Ora le stava sorridendo, e la sua faccia era cosi vicina che lei sentiva il suo alito.
— Grazie — balbetto.
Lui rise e continuo a reggerla. In fondo al corridoio apri una porta e LUH vide una stanza piccola, illuminata di un bianco opaco. Niente mobilio, solo una sedia, al centro. L’unica porta era quella da cui erano entrati.
— Siediti — comando l’uomo.
Lei ando a sedersi. La sedia era dura e fredda, e voltava le spalle alla porta.
Lei si giro verso di lui e disse: — Che cosa… cosa succedera?
— Lo vedrai.
Con un intimo brivido, LUH cerco di mostrarsi calma, si impose di star li tranquilla, di tenere la testa eretta e di non guardarsi intorno. Ma le mani, strette sui braccioli, tremavano.
Guardo dritto davanti a se. Noto che c’era uno scherano sulla parete.
«Distrutta!» Questa parola continuava a risuonarle nella mente. Quando? Come? Forse li, in quella stanza? Che lui fosse il carnefice?
La porta si apri. Si giro involontariamente e vide entrare un altro uomo, alto, che la guardo duramente.
Lei si volto e torno a fissare lo schermo.
— E lei? — chiese il nuovo arrivato.
Il primo uomo evidentemente annui.
— Bene.
La porta si apri ancora. Passi, poi di nuovo chiusa. Poi niente. LUH si morse le labbra e rimase immobile. Silenzio. Solo il suo respiro e il battito del suo cuore che martellava nelle orecchie.
Alla fine non ne pote piu e si giro a guardare. La stanza era vuota. Era sola.
Non sapeva se restare seduta o no. Stava per alzarsi, quando la porta si apri e gli uomini tornarono dentro, portando un carrello con un’olocamera. Dietro di loro c’erano tre robopoliziotti.
Sistemarono l’olocamera. Lei li guardo terrorizzata.
— Bene, siamo pronti.
Il primo uomo le si avvicino e tirandola delicatamente per un braccio la fece alzare dalla sedia. — Non avrai piu bisogno di questa, carina. — Rise. Lei senti le ginocchia che cedevano.
D’improvviso, con l’intensita di una fiammata, le fu tutto chiaro. «Gli oloshow che THX guardava… La ragazza non era un manichino!»
— Pronto con l’olocamera?
— Si.
— Bene, tesoro, ecco la tua grande occasione nel mondo dello spettacolo.
LUH avrebbe voluto svenire, correre, urlare. Ma non poteva muoversi, non riusciva a dire una sola parola.
I tre robot le fecero cerchio intorno. Portavano alla cintura le sbarre d’acciaio. Senti che i cameramen ridevano.
Uno dei robot le afferro le braccia. LUH gemette quando un altro le lacero la camicia. Gliela tolsero, le strapparono di dosso i pantaloni. Rimase li, nuda, desiderosa di farsi piccola piccola, di essere morta.
— Va tutto bene, bella. Non aver paura — disse uno dei cameramen.
Lei si volto nella direzione della voce, e un robot la colpi in faccia. Forte. LUH senti il sapore del proprio sangue. Si mise a piangere.
Continuarono a picchiarla.