Il Controllore stava rivedendo i risultati della giornata: indici economici, rapporti su incidenti, arresti, premi, nuovi livelli di produzione, curve di consumo, grafici, diagrammi, tavole di numeri e simboli ermetici che correvano attraverso lo schermo troppo in fretta per un occhio umano.
Mentre i dati gli scorrevano davanti annuiva.
La luce del suo citofono comincio a lampeggiare. Tocco l’indicatore «Occupato», ma la luce insisteva.
Qualcosa d’importante. Non un allarme rosso, ma qualcuno che voleva parlargli con urgenza.
«Sara meglio che sia proprio urgente» si disse, e interruppe il flusso dei dati.
Apparve sullo schermo la faccia di un medico del Controllo. L’espressione era di preoccupazione professionale.
— Signore, mi dispiace terribilmente interrompervi…
— Il mio tempo e prezioso — disse il Controllore con rabbia. — Di cosa si tratta? Dite.
— Ho appena ricevuto un rapporto di laboratorio riguardante un criminale condannato, signore. Evidentemente i1 rapporto era stato messo nel posto sbagliato e non e arrivato qui prima di…
Sbuffando d’impazienza, il Controllore disse: — Di cosa si tratta?
— Della prigioniera tre quattro uno sette, prefisso LUN, no scusi, LUH. E stata condannata alla distruzione: atto sessuale, evasione, nata-naturalmente.
— Allora?
— Be’, signore, il rapporto del laboratorio indica che, ehm, che e incinta, signore. — Il dottore pronuncio appena quella parola ripugnante.
Il Controllore si appoggio alla spalliera della poltrona. — Ne siete sicuro?
— Si, signore. Non ci sono dubbi. Il feto e appena all’inizio, naturalmente, ma e certo che c’e.
— Benissimo — disse il Controllore. — Mettete il rapporto nello schedario giusto.
— Si, signore. Io, ehm, ho pensato che la notizia vi interessasse, signore.
— Si, si. — Il Controllore tocco un bottone e la faccia scomparve dallo schermo.
Per un lungo attimo sedette li con lo sguardo fisso all’immagine del Primo Controllore, sulla parete. Poi tocco di nuovo il bottone.
LUH giaceva in una pozza di sangue. Da un occhio non ci vedeva, aveva le labbra intorpidite e la bocca rigida. Il dolore era talmente forte in tutto il corpo, che si sentiva sul punto di svenire. Sentiva ancora i calci che le davano, ma ormai tutto era indistinto, il dolore aveva raggiunto il massimo, un massimo che i nervi non potevano piu sopportare.
— Basta cosi — disse una voce. Una voce tagliente, abituata a dare ordini e a vederli eseguire immediatamente.
— Pulitela e riportatela al Controllo — disse la voce.
LUH alzo la testa troppo tardi per vedere l’uomo che aveva parlato. Sullo schermo non c’era piu niente.
— Portate via l’olocamera — disse uno degli uomini.
— Ahi! Queste dannate luci scottano!
Senti due mani afferrarla e trascinarla fino alla sedia. Era stordita e non riusciva a mettere a fuoco le cose.
Finalmente vide la faccia di un uomo che le stava molto vicino. — Non e stato poi cosi brutto, vero? — Rise.
— Pulirla, vero?
— Ci sara tempo a volonta per quello. Il Controllo non ha mica fretta di averla.
— Dalle questo da odorare.
Qualcosa di pungente le esplose in faccia. Butto indietro la testa. Le premettero una compressa fredda contro la bocca.
— No, non e stato poi cosi brutto… Sei ancora abbastanza carina.
— Ecco. — Le misero due pillole in bocca. — Ingoia.
Provo varie volte prima di riuscire a inghiottirle. Quasi subito le parve di sentire meno dolore. Ora poteva distinguere la stanza e gli uomini. Contro una parete c’erano i robot disattivati, macchiati del suo sangue.
— Ecco, sta rinvenendo.
— Sei pronta per guardarti sullo schermo? Qua!
Lo schermo s’illumino e LUH vide se stessa con THX. Prima seduta accanto a lui nell’olostanza, poi a letto con lui.
— Guardate li! — disse uno degli uomini.
— Ce la, mettono proprio tutta.
Lei cerco di voltarsi dall’altra parte, ma le tennero la testa verso lo schermo. — Guarda! Ti e piaciuto farlo, no, e allora, perche non guardi?
— No… — La sua voce le suonava strana, come strozzata.
Cerco di alzarsi dalla sedia, ma scivolo in ginocchio. Uno degli uomini le tiro su la testa. Vide allora davanti a se, in piedi, un uomo nudo, bestiale, col membro eretto.
— Prova questo — disse.
Il Controllore tocco un tasto e vide la stanza dove c’erano LUH e i suoi tre carcerieri. LUH fu buttata contro la sedia di metallo, poi uno dei carcerieri la tiro su e la mise a cavalcioni dei braccioli.
Il Controllore rabbrividi. «Perche i carcerieri sono peggio dei criminali? Se non avessimo bisogno di loro»… Mentre guardava senti che il cuore gli batteva piu in fretta. «Be’, purche riusciamo a conservare il feto, che importanza ha il modo in cui viene distrutta?» Si dondolo avanti e indietro, guardandoli, madido di piacere.
13
THX apri gli occhi e vide PTO in piedi vicino al suo letto.
— Sei spaventato, vero? — disse il vecchio, calmo. — Spaventato come il ragazzo che ha portato il poliziotto.
THX non disse niente.
PTO si sedette sull’orlo del letto e continuo: — Hai paura che da un momento all’altro ti portino via, che ti consumino, che i tuoi organi vengano usati per il corpo. di altri. Lo so, anch’io ci sono passato. Non riuscivo a mangiare. Anche adesso a volte… A volte e difficile mantenere l’equilibrio. Persino alla mia eta.
Diede un’occhiata al gruppetto dei compagni e disse: — Ma in fondo, in che cosa e diverso dagli altri, questo posto? Prima o poi moriamo tutti. Nessuno sa quando e come. Almeno qui la nostra morte e utile alle masse. Il tuo cuore aiutera a vivere qualcun altro. I tuoi occhi daranno la vista a un cieco.
«Gli occhi di LUH nella testa di un altro. Le sue mani, la sua voce, il nostro bambino… Che cosa le stanno facendo? Cosa stanno facendo a tutti e due?»
— So cosa senti — disse PTO. — Sai, quando venni qui, oh, secoli fa, ero deciso a scappare. Ma scappare dove? Ecco il problema. Capisci, non c’e nessun altro posto.
THX lo guardo. «Non c’e nessun altro posto!» Comincio a riflettere sull’enormita della cosa. Non c’e nessun altro posto. Tutti i posti della citta sotterranea sono prigioni. Tutti.
— Nessuno — continuo PTO. — La citta e piu o meno tutta cosi, no? E dove si potrebbe andare allora? In superficie, su? E tutto radioattivo li. Ci sono solo dei mostri. Si, veri mostri. Mutanti, creature orribili, rese folli dalle radiazioni.
Il vecchio fece un gesto privo di speranza. — Tutto e velenoso, all’esterno. Aria inquinata e irrespirabile, pioggia solforosa, germi e sporcizia. L’acqua non e potabile e tutto sa di marcio. Sai la leggenda?
— La so, si — disse DWY, ansioso di unirsi alla conversazione, anzi al monologo. — Gli uomini una volta vivevano all’aria aperta, su quella che e adesso la superficie, e li c’era ora caldo ora freddo e qualcosa che si chiamava neve: come polvere che cadeva dall’alto sulle loro teste.
PTO annui. — Si. Una volta gli uomini vivevano all’aperto, in paradiso. Oh si, era caldo e freddo, ma OMM provvedeva a tutto quello che occorreva per vivere. Gli uomini vivevano nel benessere e non dovevano lavorare.