SRT scosse la testa. — Siamo dalla parte sbagliata. Tutto qui e etichettato LS o LD.

— Devo trovarla.

— E morta — disse SRT a bassa voce. — Dimenticala!

— La bambina. La sua bambina. La mia.

— E impossibile — insistette SRT. — Impossibile.

THX si senti gelare. Di la dalla serie di involucri di plastica vide un robopoliziotto. Camminava piano, dall’altro lato della fila e andava nella direzione opposta.

— Potete collegarvi con lui attraverso l’elettroanalizzatore? Non riusciamo a trovarlo.

SRT e THX si abbassarono e, cosi chini, costeggiarono la fila, cambiando direzione e allontanandosi dal poliziotto. Poi videro una porta posta in un incavo tra file di contenitori. SRT si guardo intorno per vedere se nessuno li stava osservando, quindi con molta prudenza socchiuse la porta e sbircio dentro.

THX era accucciato dietro di lui e non vide niente. SRT si giro sorridendo. — Forza.

Strisciarono silenziosamente dentro una sala monitor. Una volta li, si alzarono in piedi. Appena entrati le luci si accesero automaticamente. Le pareti della stanza erano coperte di schermi che mostravano file e file di feti in stadi diversi di evoluzione.

THX si guardo intorno. La stanza era larga meno di dieci passi. — Non c’e nessun’altra uscita. Siamo intrappolati qua dentro.

SRT si strinse nelle spalle e rispose: — Intanto per adesso siamo al sicuro.

— Se non c’e qualche olocamera qui che ci sta osservando.

— Uhm. — SRT si volto e scruto intorno alla ricerca della lente a occhio di pesce. Non avendone trovata nessuna, disse: — Immagino che osservino questa stanza solo se qualcuno si mette a manovrare i comandi.

THX guardo il tavolo dei comandi. C’era soltanto una sedia, una serie di cuffie e un microfono.

Si lascio cadere sulla sedia, esausto. Tutti gli schermi lo fissavano con aria accusatoria. Migliaia di bambini non nati, e uno di quelli era il suo.

SRT era in piedi nell’angolo vicino al tavolo dei comandi. Si chino e tiro via un pannello di copertura, rivelando cosi un complicato dedalo di circuiti elettronici. Lascio cadere a terra il pannello di copertura.

— Uhm — disse. Tocco uno dei pannelli dei circuiti e su tutti gli schermi della stanza crepitarono le onde statiche.

— Sembra che ci sia una serie di rele, qui. — Allungo una mano verso i fili.

— Non farlo, se no…

Da un altoparlante sul soffitto venne la voce di OMM.

— Tutto va bene. Siete nelle mie mani. Vi proteggero. Cooperate col controllo. Vogliono soltanto aiutarvi. Andra tutto bene.

SRT diede un’occhiata al soffitto e disse: — Forse non avrei dovuto giocherellare con quella roba.

— Adesso sanno dove siamo.

— Mi dispiace.

THX sapeva che presto sarebbe stato tutto finito. Presto. L’avrebbero preso e distrutto. Il suo corpo si sarebbe trasformato in un esagono di plastica. I suoi organi interni sarebbero stati distribuiti alle masse. E sua figlia…

Prese la cuffia e se la infilo.

— Cosa fai?

Senza rispondere, THX attivo la cuffia e comincio a manovrare i bottoni di comando sulla tastiera. Sugli schermi apparvero una dietro l’altra le immagini: i tavoli mortuari coi cadaveri sopra, i corridoi pedonali gremiti alla follia, i tram in corsa, le fabbriche sul secondo livello, le zone acquisti, il Centro Computer.

Si fermo al Centro Computer. Prese il microfono, lo attivo e se lo sistemo davanti alla bocca.

— Controllate LUH trenta quattro diciassette.

Subito una voce rispose: — Chi parla? Identificazione, prego.

— Riproclinica dodici — disse THX, cercando in fretta sulla console il simbolo d’identificazione. — Stazione DBR ventisei diciotto.

— Va bene, ventisei diciotto. Allora controllare LUH trentaquattro diciassette.

Subito sullo schermo centrale apparve un feto, cosi piccolo che non aveva ancora nessuna sembianza umana. Nell’angolo in basso a destra le parole:

«LUH trentaquattro diciassette. Atto sessuale. Sotto tutela dello stato. Da usare per scopi sperimentali.»

Con voce piu ferma che poteva, THX disse: — Correggere lo schedario di LUH trentaquattro diciassette.

La voce piatta rispose: — Registrato. Procedere con la correzione.

Adesso sarebbe stato tutto automatico. THX lo sapeva. Le riprocliniche aggiornavano sempre i loro schedari. Se fosse riuscito a cambiare ora lo schedario di LUH, nessuno sarebbe andato a controllare per anni e anni. E allora il pericolo sarebbe ormai passato, nessuno si sarebbe ricordato. A nessuno sarebbe importato. E la bambina sarebbe stata salva.

Cercando sempre di dominare l’emozione, THX disse: — Attuale schedario sbagliato per errore dovuto a programmazione difettosa nella Riproclinica dodici. Cancellate lo schedario attuale e correggete cosi: «LUH trentaquattro diciassette. Naturale. Cittadina con pieni diritti. Condizione Normale».

Le parole sullo schermo scomparvero e furono sostituite dalla frase che aveva appena dettato.

— Correzione schedario completata — disse il computer.

THX annui. — Completata.

«Ora non importa. Mi prenderanno, ma non prenderanno lei.»

Disattivo microfono e cuffia, li lascio cadere in terra e si abbandono sulla sedia. Poi penso:

«Lei? Potrebbe essere un maschio.»

— Dobbiamo provare a uscire di qua — gli disse SRT.

THX si strinse nelle spalle.

— Almeno provare.

— Vai tu — disse THX. — Salvati. E me che cercano.

SRT lo scruto da vicino. — Non vuoi vivere?

— Non me ne importa. Adesso non piu.

— Hmm. Sei proprio come quegli embrioni la dentro le bottiglie. Non hai mai vissuto. Sei vivo, ma non hai mai vissuto.

THX disse: — Non importa.

Come per risposta, la voce forte e calma di un robot disse, di la dalla porta:

— Non avete da temere niente. State calmi e cooperate con le autorita. Tutto andra bene.

21

SRT guardo prima THX, poi la porta. Era chiusa. D’impulso, THX prese la sedia e la poggio contro la porta, cercando di incastrarla in modo che stesse ferma.

SRT sogghigno. — Dicevi che non importa, eh?

La porta si scosse leggermente, ma la sedia la tenne chiusa.

— Credo che m’importi — disse THX, meravigliandosi di sentirsi parlare cosi. — Che m’importi ancora.

La voce del robot, tranquilla e impassibile, da perfetto servitore dello Stato, disse: — State calmi. Sembra che la porta sia inceppata. Per favore controllate la serratura dalla vostra parte. Non vi faremo del male. Andra tutto bene.

Sentirono un debole ronzio, poi l’odore acre di qualcosa che bruciava. Proprio sotto la serratura apparve una macchiolina incandescente.

«Non vogliono farci del male!»

THX si giro di scatto e ando alla cuffia. La attivo, assieme al microfono.

— Emergenza! — grido. — Emergenza! Incendio alla Stazione DBR ventisei diciotto, Riproclinica dodici.

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