neppure un posto dove andassero spesso apprendisti come me, ma era vicino all’Universita della Columbia per la Propaganda e la Pubblicita. Quando mi videro, rimasero ovviamente alquanto scossi. Stavano progettando qualche cosa insieme. Non sapevo cosa. Non erano affari miei, forse… ma mi dava fastidio che Mitzi non mi avesse detto cos’era. Andai nella mia classe, all’Universita. Era il corso di scrittura creativa, e quella sera, devo confessare, non fui molto attento.

Quello comunque era il corso migliore che seguissi. La scrittura creativa e davvero… be’, creativa. All’inizio la professoressa ci disse che soltanto ai nostri tempi l’argomento veniva insegnato in maniera ragionevole. Ai vecchi tempi, gli studenti si limitavano ad inventare delle cose da soli, e poi gli insegnanti dovevano cercare di distinguere quello che c’era di buono o di cattivo, e come le idee venivano espresse. Eppure, ci disse, avevano l’esempio dei corsi d’arte. Gli aspiranti da secoli venivano messi a copiare le opere di Cezanne o Rembrandt o Warhol, per poter imparare le tecniche, mentre gli aspiranti scrittori erano spinti solo a inventare le loro proprie chiacchiere. Gli elaboratori verbali avevano cambiato tutto, e il primo compito che ci venne assegnato fu di riscrivere il Sogno di una notte di mezza estate in inglese moderno. Io presi il massimo.

Bene, da quel momento fui il cocco della professoressa, e lei mi lasciava fare molti lavori extracurriculari. C’era una buona probabilita, mi aveva detto, che passassi l’esame con il voto piu alto mai ottenuto; e cose del genere non possono che fare bene quando si tratta di arrivare alla laurea. Cosi misi mano a dei progetti piuttosto ambiziosi. Il piu difficile, credo, fu quello di riscrivere tutto quanto Alla ricerca del tempo perduto nello stile di Ernest Hemingway, ambientandolo nella Germania ai tempi di Hitler, e sotto forma di commedia in un atto.

Una cosa del genere era ben al di la delle capacita degli apparecchi che avevo nel mio piccolo condominio part-time, per non parlare del fatto che i miei compagni di stanza mi avrebbero disturbato, cosi presi l’abitudine di restare dopo il lavoro, di tanto in tanto, per usare i grossi elaboratori dell’Agenzia. Avevo disposto la lunghezza delle frasi a non piu di sei parole, ridotto l’introspezione al cinque per cento, introdotto il programma dialogo teatrale, e stavo per cominciare, quando mi accorsi che non avevo piu Mokie. Il distributore automatico aveva solo marche della nostra Agenzia, naturalmente. Le avevo gia provate, ma non riuscivano a soddisfare il mio bisogno. Mi sembrava di aver visto una lattina di Mokie nel cestino dell’ufficio di Haseldyne, una volta. Immagino che fosse solo immaginazione, comunque mi diressi da quella parte.

C’era qualcuno nell’ufficio. Sentivo delle voci. Le luci erano accese; gli elaboratori di dati erano senza le copertine e stavano stampando dei programmi finanziari. Sarei tornato indietro in silenzio alla mia consolle, se non fosse stato che una delle voci era quella di Mitzi.

La curiosita fu la mia rovina.

Mi fermai per guardare i programmi che uscivano dalla macchina. All’inizio pensai che fossero le proiezioni di un piano di investimento, perche riguardavano tutti azioni e percentuali di quote azionarie in circolazione. Pero mi sembrava di vedere una logica. Mi alzai, decidendo di tagliare la corda.

E feci l’errore di non volermi far vedere, uscendo attraverso gli uffici bui dalla parte opposta. Erano stati chiusi a chiave. Nulla mi impedi di entrare, ma era stata predisposta la trappola antiladri. Sentii un sibilo terribile, come quello dei tubi di Hilsch a Port Kathy, e una schiuma bianca mi avvolse. Ero stato annebbiato. Non vedevo piu niente. La schiuma mi permetteva di respirare, ma non di vedere. Mi aggirai un momento per la stanza, andando a sbattere contro tavoli e sedie.

Poi mi arresi e rimasi li ad aspettare. E mentre aspettavo, pensai.

Nel tempo che impiegarono per arrivare avevo preparato il mio discorso.

Erano Mitzi e Haseldyne, che nell’avvicinarsi spruzzavano la schiuma con un dispersore chimico… Lo sentivo dal sibilo. — Tenn! — grido Mitzi. — Cosa diavolo ci fai qui?

Non risposi. Non direttamente almeno. Mi pulii la faccia e le spalle dai resti di schiuma, e le sorrisi.

— Vi ho scoperti — dissi.

Quelle parole ebbero un effetto curioso su di loro. Naturalmente erano sorpresi di vedermi li. Mitzi teneva lo spray dispersore come se fosse un’arma, e Haseldyne stringeva in mano un pesante distributore di nastro, come se intendesse usarlo per darlo in testa a qualcuno… cosa abbastanza naturale, suppongo, dal momento che avevo fatto scattare l’allarme. Ma tutti e due divennero completamente inespressivi. Era come se le loro facce fossero diventate senza vita, e rimasero cosi per parecchi secondi.

Poi Mitzi disse: — Non capisco cosa vuoi dire, Tennison.

Ridacchiai. — E perfettamente ovvio. Ho visto i programmi. State progettando di prendere il controllo, vero?

Ancora nessuna espressione. — Voglio dire — chiarii, — voi due, e forse anche Dambois, vorreste prendere il controllo dell’Agenzia con i vostri investimenti. E giusto?

Lentamente, glacialmente, l’espressione torno sul viso di Mitzi e di Haseldyne. — Che mi venga un accidente — tuono Haseldyne. — Ci ha preso con le mani nel sacco, Mitzi.

Lei inghiotti, poi sorrise. Non era un buon sorriso… c’era troppa tensione nei muscoli della mascella, e le labbra erano troppo strette. — Sembra proprio di si — disse. — Bene, Tenn, cosa intendi fare adesso?

Era un sacco di temo che non mi sentivo cosi bene. Perfino Haseldyne mi sembrava adesso un grassone innocuo e amichevole, non un mostro furioso.

Piu amabilmente che potei, dissi: — Niente che non vogliate anche voi, Mitzi. Sono vostro amico. Tutto quello che desidero, e un po’ di amicizia da parte vostra.

Haseldyne guardo Mitzi. Mitzi guardo Haseldyne. Poi entrambi si voltarono a guardare me. — Suppongo — disse Haseldyne, scegliendo con cura le parole, — che quello che dobbiamo fare adesso e discutere di quanto volete che vi siamo amici, Tarb.

— Con piacere — dissi. — Ma per prima cosa… non avete una Mokie?

4

Il giorno seguente, all’Agenzia, la temperatura era salita di parecchi gradi. Nel pomeriggio si era fatta tropicale, perche Mitzi Ku mi aveva preso sotto la sua protezione. Cosa rendesse Mitzi Ku d’improvviso una potenza tanto grande, nessuno lo sapeva con esattezza, ma le chiacchiere in giro non lasciavano dubbi in proposito. Non se ne parlo piu di rimettermi a fare il galoppino.

Perfino Val Dambois mi trovo degno del suo amore. — Tenny, ragazzo mio — mi saluto, dopo aver fatto tutta la strada fino al mio cubicolo agli Intangibili, — perche te ne stai in un buco come questo? Perche non l’hai detto? — Non l’avevo detto perche non avevo potuto superare la sua Terza Segretaria, era la risposta, ma era inutile dirgli quello che gia sapeva. Potevo mettere una pietra sul passato… Per il momento almeno. Perdono per tutti, nessun rancore, un vero spirito timorato dalle vendite: questo era Tennison Tarb in quei giorni. Sorrisi a Dambois, e lasciai che mi mettesse un braccio sulle spalle, mentre mi riconduceva nel Regno Esecutivo. Ci sarebbe stato un giorno, lo sapevo, in cui la sua gola sarebbe stata esposta alle mie zanne… fino ad allora potevo perdonare e dimenticare.

Senza neppure dirmi una parola in proposito, mi misero in ufficio un distributore di Mokie. Niente di ufficiale: apparve semplicemente dal nulla, quel pomeriggio.

Pero questo mi diede da pensare. Ingurgitare Mokie era senza dubbio innocuo (diavolo, io ne ero la prova!), ma si adattava all’immagine che dovevo offrire al mondo. Era una cosa molto da consumatore, e per di piu, consumatore di una marca di un’altra Agenzia. Ci pensai su lungo la strada verso casa, nella macchina della compagnia. Quando diedi la mancia al pedalatore, il pensiero si cristallizzo, perche vidi l’espressione di risentimento nei suoi occhi, prima che la nascondesse, toccandosi il cappello. Tre giorni prima, dividevamo lo stesso peditandem. Potevo comprendere il suo risentimento. E l’implicazione era che, se fossi ricaduto in basso, lui e gli altri squali erano li ad aspettarmi.

Cosi appena entrato battei sul serbatoio del sonno. — Rockwell — gridai. — Sveglia! Voglio chiederti una cosa!

Non era un cattivo ragazzo„ il vecchio Nelson Rockwell. Aveva ancora sei ore di sonno prima che venisse il mio turno, e tutti i diritti del mondo di mangiarmi vivo per averlo tirato fuori. Ma quando senti quello che volevo, fu la gentilezza m persona. Un po’ sorpreso, forse. — Vuoi smettere di bere, Tenny? — ripete, ancora mezzo

Вы читаете Gli antimercanti dello spazio
Добавить отзыв
ВСЕ ОТЗЫВЫ О КНИГЕ В ИЗБРАННОЕ

0

Вы можете отметить интересные вам фрагменты текста, которые будут доступны по уникальной ссылке в адресной строке браузера.

Отметить Добавить цитату
×