Era quasi troppo facile. Mi rimaneva tanta energia alla fine di una giornata che non sapevo cosa farne. Avrei potuto continuare con gli studi, ma a che scopo? Quanta carriera in piu mi avrebbe fatto fare una laurea? Avrei potuto trasferirmi in una nuova casa, ma l’idea di mettermi a cercarla e di fare trasloco mi deprimeva… E c’era un’altra cosa. Mi
Sembrava cosi dolce, e cosi stanca sul piccolo schermo, che avrei voluta… Non avrei voluto niente. Volevo e basta. C’erano troppo cose fra me e Mitzi per volere qualcosa di specifico.
Non rispose quando provai a chiamarla a casa.
Il modo per far avverare tutti i miei desideri riguardanti Mitzi, mi dissi, era di fare del mio meglio nella politica. Cosi la mattina dopo il povero Dixmeister se la vide brutta. — Qui si sprecano energie — gridai, — perche la Selezione ostacola il lavoro.
— Io faccio del mio meglio — disse lui cupo, ma io scossi la testa.
— La scelta dei candidati — spiegai, — e uno dei momenti piu importanti in una campagna politica. — Lui era ancora imbronciato, ma fece finta di annuire con convinzione. Be’, quello naturalmente lo sapevano tutti. Era stato stabilito, gia alla meta del ventesimo secolo, che un candidato non doveva sudare troppo, doveva essere piu alto della media di almeno il cinque per cento, in maniera che non avesse bisogno di salire su una cassetta in un dibattito. Poteva anche avere i capelli grigi, ma dovevano essere folti. Non doveva essere troppo grasso (ma neanche troppo magro), e soprattutto doveva essere capace di recitare i suoi discorsetti come se ci credesse veramente.
— Senz’altro, signor Tarb — disse Dixmeister con aria indignata. — Lo dico sempre alla Selezione Centrale…
— Non basta, Dixmeister. D’ora in poi saro io stesso a fare la prima selezione.
Lui spalanco la bocca. — Ma signor Tarb, il signor Sarms lasciava sempre che fossi io ad occuparmene.
— Il signor Sarms non c’e piu. Selezione alle nove di domattina nel salone. Riempilo. — E gli feci segno di uscire e di chiudere la porta, perche era gia passato da mezz’ora il momento della mia Mokie.
E il salone era pieno: tutti i novecento posti, eccetto la prima fila. Quella era per me… per me e per la mia segretaria, il mio truccatore, il mio regista. Percorsi il passaggio centrale senza guardarmi ne a destra ne a sinistra, feci segno al mio entourage di sedersi e saltai sul palcoscenico. Immediatamente Dixmeister arrivo di corsa e si mise di fronte alla platea. — Silenzio! — grido. — Silenzio, per il signor Tarb!
Rimasi fermo a guardarli, aspettando di percepire i loro sentimenti. In effetti, erano gia abbastanza in silenzio, perche loro sapevano dove si trovavano. Quella era la sala dove il Vecchio convocava i suoi dirigenti esecutivi, dove venivano presentati i prodotti piu importanti, e i nuovi clienti sollecitavano i nostri servizi. Ognuno dei novecento sedili aveva il suo schienale, bracciolo, cuscino e presa per il microfono: i dirigenti dell’Agenzia viaggiavano in prima classe. E i novecento mandati dalla Selezione Centrale erano quasi tutti consumatori d’origine.
Percio nella sala regnava un silenzio reverenziale, e quando percepii i loro sentimenti, seppi come dovevo rivolgermi a loro. Allargai le braccia, indicando il grane auditorio. — Vi piace quello che vedete? — chiesi. — Volete cose del genere per la vostra vita? E facile!
Feci un cenno con la testa a Dixmeister. Mentre il truccatore mi aiutava a scendere, Dixmeister balzo su e abbaio: — Prima fila! A partire da sinistra! Voi la in fondo… sul palcoscenico!
Dixmeister salto giu e si sedette al mio fianco, dividendo ansiosamente le sue occhiate fra la mia faccia e l’attore davanti a noi. L’attore era un tipo grande e grosso, capelli arruffati, occhi brillanti sotto le sopracciglia folte. Una faccia simpatica, tutto sommato. E aveva anche pensato bene a quello che doveva dire. — Io ho fiducia in voi tutti! — grido — E voi potete avere fiducia in Marty O’Loyre, perche Marty O’Loyre
Dixmeister schiaccio il pulsante del cronometro e sul monitor apparve il tempo: 10.00 secondi. Dixmeister annui. — Ottimo tempismo e tre ripetizioni del nome. — Studio la mia faccia, cercando di saltare dalla parte giusta nel momento giusto. — Un buon candidato al posto di sceriffo? — suggeri. — Solido, forte, comunicativo…
— Guarda come gli tremano le mani — dissi gentilmente. — Niente da fare. Il prossimo!
Una bionda alta e atletica, con i muscoli di chi passa lunghe ore a giocare al polo da tavola. — Troppo snob. Il prossimo.
Una negra anziana, con labbra grosse perennemente increspate. — Puo andare come giudice testamentario, ma fatele tagliare i capelli. Il prossimo.
Due fratelli gemelli, con identiche voglie a forma di cuore sull’occhio destro — E una combinazione eccezionale, Dixmeister — gli feci la lezioncina. — Abbiamo due spot per consiglieri comunali? Bene. Il prossimo.
Pallida, esile, uno sguardo perso nel vuoto, non piu di ventitre anni. — So cosa vuol dire esser infelici — disse… quasi singhiozzo. — Se mi aiutate, faro del mio meglio per aiutarvi…
— Troppo sdolcinata? — chiede Dixmeister.
— Non c’e nulla di troppo sdolcinato per il Congresso, Dixmeister. Prendi il nome. Il prossimo.
La rivelazione del gruppo fu un giovane imberbe, dai lineamenti spigolosi, che disse le sue battute con voce soffocata, mentre gli occhi dardeggiavano all’intorno pieni di paura. Sa il cielo come fosse riuscito a superare la Selezione Centrale, perche di sicuro non era un professionista, e la sua «presentazione» fu un resoconto balbettante di una gita da ragazzo al Prospect Park. E anche ben oltre il tempo. Dixmeister lo interruppe a meta di una frase, e mi guardo, con le sopracciglia sollevate in sprezzante divertimento. Mentre alzava la mano per mandar via il ragazzo lo fermai, perche qualcosa si stava facendo strada nella mia mente. — Aspetta un momento. — cercai di ricatturare il pensiero fuggevole. — Ecco… si. Adesso ricordo. Le gare di monociclo, ieri… Uno dei vincitori aveva la stessa espressione di ansiosa stupidita. L’espressione dello sportivo. — In effetti, signor