— Si, per favore, — disse Anton gentilmente.
Cominciarono a scendere nella conca.
— Se succede qualcosa, — disse Saul, — spari in aria. Scapperanno subito tutti.
Anton non rispose. Pensava al da farsi.
— Vadim, — chiamo. — Sarai capace di farti capire da loro?
— In qualche modo ci riusciro. Piuttosto, ora dipende da te. Se tu fossi un medico vero, non mi preoccuperei affatto.
Si, penso Anton, se fossi un medico vero… Ovviamente sono degli umanoidi. E la loro anatomia, probabilmente, non e molto diversa dalla nostra. Ma per quel che riguarda la fisiologia…
Ricordo le terribili conseguenze provocate dal semplice iodio sugli umanoidi di Tagora.
— Sarebbe importante capire come funzionano le macchine, — disse Vadim preoccupato. — Li potremmo tirar fuori di qui. Forse, e proprio quello di cui hanno bisogno. Ma perche non li aiuta nessuno? Che razza di pianeta!… Non mi meraviglierei se scoprissimo che tutte le loro citta sono state distrutte.
Erano gia a meta della conca, quando Saul disse:
— Aspettate un momento.
Tutti si fermarono.
— Che cosa succede? — chiese Anton. — E stanco?
— No, — disse Saul. — Non sono mai stanco. — Guardava fisso in basso. — Vedete quella strana macchina da una parte? Quella li, la piu vicina. Sopra, c’e un uomo in grigio…
— La vedo, — rispose incerto Anton.
— Faccia uno sforzo… Lei ha occhi piu giovani dei miei…
Anton aguzzo lo sguardo.
— C’e un uomo seduto, — disse e subito si interruppe. — Strano… — borbotto.
— C’e un uomo in pelliccia, seduto, — annuncio Vadim. — Ecco quello che vedo. Impellicciato fino agli occhi.
— Non ci capisco niente, — disse Anton. — Forse e malato?
— Forse, — disse Saul. — Ed ecco ancora due malati. E un po’ che li guardo. Solo sono molto lontani…
Sul lato opposto della conca, sullo sfondo bianco del cielo si delineavano due nere figurine villose. Stavano assolutamente immobili, a gambe larghe, e tenevano in mano delle lunghe aste sottili.
— Cosa hanno in mano? — chiese Vadim. — Delle antenne?
— Antenne? — ripete Saul, aguzzando gli occhi. — Mi pare di aver capito che antenne sono…
Un grido acuto risuono nella conca. Anton sussulto. Un motore emise un rombo assordante, cui fece coro una serie di grida lamentose, ed essi videro una enorme macchina, simile a un carro armato anfibio, che si mise a girare su se stessa e, all’improvviso, aumentando sempre di piu la velocita, si slancio proprio su una fila di uomini. Piccole figure umane balzavano fuori dalla torretta della macchina e cadevano torcendosi nella neve smossa. La fila non si mosse. Anton si copri la bocca con le mani, per non urlare. Fra i rombi e il rumore di ferraglia echeggio un alto grido lamentoso e, allora, la folla si serro e marcio compatta verso il carro armato. Anton non resiste, chiuse gli occhi. Gli pareva che, oltre al rombo del motore, si sentisse un intollerabile scricchiolio umido.
— Dio mio… — borbottava piano Saul al suo fianco. — Oh, Dio mio…
Anton si impose di aprire gli occhi. Al posto del carro armato adesso c’era un’enorme piramide umana che avanzava lentamente, piegandosi sempre piu su un fianco. Dietro di essa si stendeva sulla neve una vivida scia rossa. Intorno a questo groviglio di corpi c’era il vuoto. Solo quattro uomini impellicciati avanzavano lentamente in questo vuoto, senza staccarsi di un passo dal carro armato.
Anton volse macchinalmente lo sguardo verso gli uomini che reggevano le aste. Stavano fermi nella posizione di prima, del tutto immobili. Solo uno di loro, a un tratto, con un movimento lento passo l’asta da una mano all’altra e di nuovo ritorno immobile. Pareva che nemmeno facessero caso a cio che succedeva in fondo alla conca.
Il rombo del motore si interruppe. Il carro armato era caduto di fianco e la gente stava strisciando via senza fretta. Allora Vadim, senza dire una parola, getto il suo zaino giu per il pendio e con balzi da gigante lo segui. Anton pure corse verso il basso. Mentre correva senti Saul, che gli stava alle calcagna, che imprecava, sbuffando: «Ah, canaglie! delinquenti!…
Quando Anton arrivo al carro armato, gli uomini vestiti di sacchi avevano gia formato una fila e gli uomini in pelliccia andavano avanti e indietro e gridavano con una voce sorda e lamentosa. Vadim, tirandosi dietro lo zaino sporco di fango e di sangue, strisciava fra i corpi sparsi sotto il carro armato, ed era disperato:
— Qui ci sono solo morti… Qui sono gia morti tutti…
Anton si guardo intorno. Affannati, bagnati di sudore e di neve sciolta, appena appena coperti dai sacchi grigi a brandelli, gli uomini lo guardavano con occhi torbidi e immobili. E gli uomini in pelliccia, raccoltisi in gruppo da una parte, lo fissavano pure loro. Per un istante gli parve di avere davanti un antico quadro verista: centinaia di figure immobili lo fissavano con occhi vitrei.
Si riprese. I feriti che Vadim cercava erano di nuovo in fila. C’erano un vecchio alto e ossuto, col volto umido di sangue; un ragazzo che si stringeva al petto una mano piegata in modo innaturale; un uomo completamente nudo, dalla faccia grigia, che si stringeva il ventre con le dita dalle unghie dorate; un altro, con gli occhi chiusi, si stringeva una gamba, dalla quale usciva un nero zampillo di sangue… Tutti i vivi stavano in fila.
— Calma, — disse Anton a voce alta. Si chino, apri lo zaino dei medicinali ed estrasse un barattolo di colloide. Svitando il coperchio del barattolo si avvicino all’uomo con la gamba ferita. Vadim lo seguiva con un rocchetto di cerotto a tampone.
— … E una brutta ferita… I muscoli sono a brandelli, il sangue ha quasi smesso di uscire. Perche non si siede?… Perche nessuno l’aiuta a reggersi? Ecco il colloide… Adesso bisogna mettere il cerotto… Mettio dritto, Vadim, non far uscire fuori il colloide… Ma perche stanno tutti in silenzio? Ecco, questo sta ancora peggio. Ha il ventre a pezzi… Praticamente e morto. Come fa a stare in piedi?… Questo si e slogato una mano; roba da poco… Tienigli fermo il braccio, Vadim! Piu forte! Come mai non grida? Perche non grida nessuno? La e caduto qualcuno… Ma aiutatelo ad alzarsi, voi che siete sani!…
Qualcuno lo tocco a una spalla e lui si volto di scatto e si trovo davanti uno degli impellicciati. Aveva la faccia rubizza un po’ sporca, gli occhi socchiusi, il naso che gocciolava. Teneva le mani guantate di pelliccia incrociate sul petto.
— Salve, salve… — disse Anton. — Poi… Vadim, veditela tu.
L’uomo in pelliccia scosse la testa e comincio a parlare in fretta, e subito Vadim gli rispose con un’intonazione molto simile. Quello tacque, guardo sorpreso Vadim, poi di nuovo Anton e si ritiro. Anton, con un gesto rabbioso, si aggiusto il pesante
— Non e niente, non e niente, — diceva Anton con tono gentile. — Abbassate le mani, non abbiate paura. Andra tutto bene…
Ma in quello stesso istante si udi un’alta voce lamentosa, e tutti gli uomini vestiti di sacchi si voltarono subito verso destra. Quelli in pelliccia corsero a disporsi lungo vari punti della fila. Di nuovo si senti la voce lamentosa e la colonna si mosse.
— Fermi! — gridava Anton. — Non fate sciocchezze!
Nessuno si volto. La colonna si mosse, e tutti, mano a mano che arrivavano all’altezza di Anton, si coprivano la faccia con le mani. Solo l’uomo con il ventre a brandelli rimaneva fermo, finche qualcuno non lo sfioro, e lui scivolo dolcemente sulla neve. La colonna si allontano.
Anton interdetto si passo una mano umida sugli occhi e si guardo intorno. Vide l’enorme carro armato rovesciato, Saul fermo li accanto, Vadim che guardava infuriato la colonna che si allontanava, e piu di una decina di corpi sulla neve calpestata. E si fece del tutto silenzio, si sentivano solo dei rari lamenti in lontananza.
— Perche? — chiese Vadim. — Che cosa li ha spaventati?
— Noi, — disse Anton. — O meglio, le nostre medicine…
— Allora li inseguo e cerco di spiegare…
— Te lo proibisco nel modo piu assoluto. Bisogna agire con molta delicatezza. Lei che cosa ne pensa, Saul?
Saul si mise sottovento e si accese la pipa.