Nella sua voce si sentiva la sofferenza. Gli uomini con le picche all’istante si chinarono e cominciarono ad avanzare lentamente verso Vadim.

— Beh, e tutto chiaro, — disse Saul. — Cominciamo?

Appoggio la canna dello skorcer sull’orlo dell’oblo.

— Fermo, Saul, — disse Anton. — Vadim, rientra in cabina!

— Ma di cosa si preoccupa? — disse Saul con ira. — Non vede che sono bestiacce immonde, delle SS! Dei rospi!

Gli impellicciati continuavano ad avanzare a piccoli passi. Quando le cuspidi luccicanti sfiorarono il petto di Vadim, questi fece un passo indietro, si volto e risali a bordo del bioplano.

— Una tipica lingua agglutinante, — dichiaro, sedendosi. — Hanno un vocabolario molto limitato. Comunque e chiaro che non vogliono la pace.

— Potremmo almeno spaventarli, — propose Saul. — Spariamo in aria e li vedremo calar le brache!

Anton chiuse il portello. Gli impellicciati tornarono verso la veranda e sollevarono le picche. Guardavano tutti il bioplano. Sulla faccia larga del grassone vagava un sogghigno di disprezzo.

— Ma insomma, — proruppe Saul. — Avete bisogno di un prigioniero, si o no? Allora prendiamo il grassone! Sembra proprio un Raportfuhrer!

— Ma cerchi di capire, — ribatte Anton esasperato, — se non vogliono avere a che fare con noi, e nei loro diritti! Che cosa possiamo farci?

— Avete o no bisogno di un prigioniero? — ripete Saul. — Il vantaggio della sorpresa ormai l’abbiamo perso. Qui dovremo dare battaglia. Ma c’e ancora quel rospo schifoso che e partito in slitta.

Ma guarda che lessico! pensava ammirato Vadim. Proprio come uno del XX secolo. Che specialista in gamba! Guardo Anton. Anton era pallido e indeciso. Vadim non lo aveva mai visto in quello stato.

— Delle due l’una, — continuava Saul. — O vogliamo scoprire quello che sta succedendo qui oppure ce ne torniamo sulla Terra, per far posto ad esploratori un po’ piu in gamba. E bisogna che ci spicciamo a decidere, fin tanto che ci puntano addosso solo picche…

Perdiamo tempo, penso Vadim. Finora abbiamo solo perso tempo. E nelle baracche continuano a morire.

— Toska, — disse. — Raggiungiamo la slitta. La c’e solo uno con la picca, sara piu facile. Gli togliamo la picca e lo facciamo salire a bordo della navicella.

— Stanno sghignazzando, quei rospi, — sbotto Saul, guardando da un finestrino.

Mostro significativamente il pugno al grassone sulla veranda. Quello fece spallucce e agito altrettanto significativamente la spada.

— Avete visto? — disse Saul con cupa allegria. — Ci capiamo, vero?

— Faro un altro tentativo, — disse Anton e spalanco il portello. Il grassone grido. Uno dei suoi uomini, piegatosi all’indietro, scaglio con forza la picca. La cuspide di ferro slitto rumorosamente sul vetro. Saul addirittura si accoccolo.

— Te la sei voluta… — urlo di scatto.

Anton fece appena in tempo ad afferrargli il braccio, e i suoi occhi erano come due fessure nere.

— Ho capito, — disse con voce strozzata e sospiro. — Vadim, torna indietro!

Vadim volto il bioplano.

— Trova la slitta! — ordino Anton e si appoggio allo schienale della poltrona. — Qui non scopriremo niente, — aggiunse. — Siamo davanti ad un muro di ottusita impenetrabile.

— Spari un colpo in aria, — disse Saul con noncuranza, — e potra prenderli a mani nude.

Anton tacque. Il bioplano sorvolo la strada deserta ed in capo a qualche minuto volava sui campi.

— Le dico solo una cosa, — sbotto Anton. — Alla fine avremo di che vergognarci.

— Ma che cosa possiamo fare? — chiese Vadim. — Ci sono uomini che stanno morendo!

— Se almeno sapessi che cosa fare, — disse Anton. — La Commissione non ha previsto circostanze del genere.

Che Commissione? voleva chiedere Vadim, ma Saul parlo prima di lui:

— Ma la smetta di perder tempo. Se vuol fare del bene, lo faccia attivamente. Il bene deve essere piu attivo del male, se non vuole arenarsi.

— Il bene, il bene, — brontolo Anton. — Chi ha voglia di essere uno sciocco zelante?

— Ha ragione, — disse Saul. — Ma almeno avra la coscienza tranquilla.

Raggiunsero la slitta a cinque chilometri dal villaggio. Gli uomini correvano sulla neve intatta, inciampando e cadendo, e l’uomo in pelliccia, sdraiato sulla slitta, di tanto in tanto punzecchiava pigramente con la picca quelli piu lenti.

— Scendo, — disse Vadim.

— Atterra davanti alla slitta, — ordino Anton, — e parlaci. Saul, mi dia lo skorcer, e rimanga seduto. Quello non e un rospo schifoso ma un uomo.

— Va bene, — disse Saul. — Eccole lo skorcer. Ma se infilza Vadim con la picca? Invece di stare a chiacchierare…

Vadim disse:

— Gli togliero la lancia. Poi taglieremo le corregge, e daremo cibo e vestiti a quei poveracci.

— Giusto, — disse Anton.

Il bioplano piombo a terra davanti al convoglio, e gli uomini-cavallo si arrestarono come pietrificati. Vadim salto giu. Gli uomini vestiti di sacchi rimasero immobili, coprendosi il volto con le mani. Ansimavano pesantemente, con un sibilo. Mentre correva verso la slitta, Vadim grido loro allegramente:

— E finita, amici! Adesso tornerete a casa!

Procedendo verso la slitta, si preparo a scansare la picca. L’uomo impellicciato si era messo in ginocchio e lo guardava con paura e stupore, reggendo la picca a bilanciere.

— Vieni, — gli disse Vadim, afferrando l’asta di legno.

L’uomo in pelliccia lascio subito la picca ed estrasse una spada balzando in piedi.

— Ma no, sta’ calmo, — disse Vadim, gettando lontano la picca.

Improvvisamente l’impellicciato emise uno dei soliti urli, lunghi e lamentosi. Vadim lo afferro per la mano che reggeva la spada, e lo tiro a se. Si sentiva molto a disagio. L’impellicciato cerco di liberarsi, e Vadim lo afferro piu saldamente.

— Su, su, tutto andra bene. Andra tutto a posto, — diceva in tono persuasivo, distendendogli le dita sudate che stringevano l’elsa. La spada cadde nella neve. Vadim prese l’impellicciato per le spalle e lo condusse verso il bioplano, borbottando parole cortesi e sforzandosi di imitare la cadenza locale. Risuono un grido di avvertimento di Saul e subito Vadim si senti assalito. Mani deboli e tremanti lo afferrarono per il collo e per le gambe.

— Ma che siete ammattiti? — bercio Saul con rabbia. — Anton, li fermi!

L’impellicciato torno di nuovo a divincolarsi con forza. Buttarono in testa a Vadim uno straccio fetido, ed egli non vide piu nulla. Si reggeva a stento nel groviglio dei corpi, e abbrancava con tutte le sue forze l’uomo in pefficcia. Poi senti una fitta acuta ad un fianco. Lascio il suo prigioniero, scrollo le spalle e, liberatosi dagli assalitori, si strappo dalla testa il sacco maleodorante. Vide gli uomini sparsi sulla neve ed Anton che avanzava verso di lui, scavalcandoli. Si volto e si trovo di fronte a un uomo nudo che brandiva la spada.

— Ma perche? — disse Vadim.

L’uomo gli assesto un colpo, ma non riusci a tener dritta la spada, e diede a Vadim una piattonata su una spalla. Vadim gli diede una spinta, quello cadde nella neve e rimase immobile. Vadim raccolse la spada e, alzato il braccio, la getto lontano. Si sentiva scorrere su un fianco qualcosa di caldo e umido. Si guardo intorno.

Gli uomini nella neve giacevano immobili, come morti. L’impellicciata era scomparso.

— Sei vivo? — grido Anton ansimando.

— Vivissimo, — rispose Vadim. — Ma dov’e il prigioniero?

Vide Saul che avanzava verso di loro a grandi passi, trascinando per il bavero l’uomo in pelliccia.

— Voleva scappare! — annuncio. — Ma avete visto che razza di gente!

— Andiamocene via, — disse Anton.

Si avviarono verso il bioplano, scavalcando con cautela i corpi immobili. Saul tiro per il bavero il prigioniero, rimettendolo in piedi, e lo fece camminare spingendolo per la schiena.

— Cammina, carogna! — gli ordino. — Avanti, grassone! Puzza da asfissiare, — annuncio. — Sara un anno

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