che non si lava.

Quando arrivarono al bioplano, Anton prese il prigioniero per una spalla e gli indico la cabina. Quello scosse la testa con un gesto disperato, tanto che gli cadde il berretto. Poi si mise a sedere sulla neve.

— Credi che staremo a fare complimenti! — urlo Saul.

Sollevo il prigioniero per la pelliccia e lo scarico oltre l’orlo dell’oblo. Il prigioniero cadde fragorosamente sul pavimento della cabina e non si mosse piu.

— Puah, — disse Anton, — che razza di lavoro!

Prese i due zaini che stavano accanto al bioplano, e li trascino fino alla slitta. Apri lo zaino, tiro fuori tutti gli abiti e li dispose sulla neve. Fece lo stesso con le cibarie. Gli uomini parevano morti e solo piano piano ritiravano le gambe quando Anton passava vicino.

Vadim stava appoggiato stancamente ad una fiancata tiepida dell’apparecchio e guardava la neve sconvolta, la slitta rovesciata, i corpi contorti sotto la luce della luna. Senti Anton che diceva con voce tetra:

— Commissione per le Relazioni, dove sei?

Vadim si tocco il fianco. Il sangue scorreva ancora. Si senti percorrere da un’ondata di debolezza e sofferenza ed entro in cabina. Era andato tutto storto, tutto sbagliato. Il prigioniero giaceva bocconi, cingendosi la testa con le mani. A quanto pare si aspettava la morte e forse anche la tortura. Su di lui torreggiava Saul, che seguiva con aria feroce ogni suo movimento. Rientro Anton e si infilo anche lui nella cabina.

— Che hai? — chiese.

Vadim parlava con difficolta:

— Sai Toska, mi hanno ferito. Ora non sono piu in grado di far niente.

Anton lo fisso per qualche secondo.

— Su, dai, spogliati, — ordino.

— Bah! — brontolo con rabbia Saul.

Vadim si sbottono il giubbotto. Aveva le vertigini e di quando in quando la vista gli si oscurava. Vide la faccia concentrata di Anton e la faccia addolorata di Saul. Poi senti delle dita fredde che gli palpavano il fianco.

— L’ha accoltellato, — disse Saul. La sua voce pareva giungere da un’altra stanza. — Lei non ci ha proprio saputo fare. Io l’avrei preso con una mano sola.

— Non e stato lui, — balbetto Vadim. — E stato un altro… Un uomo nudo…

— Un uomo nudo? — disse Saul. — Questo non lo capisco nemmeno io.

Anton rispose qualcosa ma davanti agli occhi di Vadim guizzavano barbagli e cerchi luminosi ed egli perse i sensi.

VI

— Guardi, Anton, — disse Saul. — Anton! E svenuto, vede?

— Dorme, — rispose Anton, osservando attentamente la ferita. La ferita era sfilacciata e piuttosto profonda. La spada aveva colpito sotto le costole, e si era insinuata fra i fasci muscolari. Anton sospiro di sollievo. Saul, che gli stava alle spalle, sussurro ansando:

— E grave?

— No, e una sciocchezza, — disse Anton. — Fra un’ora stara bene. — Scosto Saul. — Si sieda, per favore.

Saul rioccupo la sua poltrona e si mise a fissare con rabbia il prigioniero immobile. Anton apri senza fretta uno zaino, tiro fuori un barattolo di colloide e ne spalmo sulla ferita una porzione abbondante. La pomata arancione divenne subito rosa, e si copri di grinze rosee come la panna sul latte. Ecco il sangue, penso Anton.

Dimka ha una salute di ferro! Guardo il volto di Vadim. Era un po’ piu pallido del solito, ma calmo e disteso, come soleva esserlo nel sonno. E respirava, come sempre, col naso, profondamente e silenziosamente. Anton poso le dita ai lati della ferita e chiuse gli occhi.

Ogni pilota spaziale era tenuto ad apprendere i primi elementi di psicochirurgia. Praticamente ogni pilota sapeva incidere e ricucire il tessuto vivo, utilizzando la risonanza psicodinamica. Cio richiedeva molta tensione e concentrazione. Negli ospedali si adoperavano i generatori neuronici, ma durante le spedizioni il pilota doveva valersi dei suoi soli mezzi mentali, come un antico stregone. Ogni volta Anton provava compassione per gli stregoni.

Senti come in sogno che alle sue spalle Saul si agitava sospirando ed il prigioniero borbottava qualcosa fra i singhiozzi. Dal prigioniero veniva uno sgradevole odore acre che riempiva la cabina.

Anton apri gli occhi. La ferita si era chiusa, spremendo fuori il colloide, ora c’era soltanto una cicatrice rosea. Basta cosi, penso Anton. Altrimenti non riusciro a guidare il bioplano. Era tutto bagnato.

— Ho finito, — disse, tirando il fiato.

Saul si alzo e guardo la ferita.

— Chi ci capisce e bravo, — brontolo. — Ma come ha fatto?

Anton si guardo intorno e sussulto. Dall’esterno, attraverso l’oblo, lo fissavano delle facce orribili, magre, dalle guance incavate e dalle labbra arricciate sui denti. Ispiravano una paura atavica, come morti che si fossero levati a dare un’occhiata dentro le case dei vivi. Anton si senti percorrere da un brivido. Saul inarco le sopracciglia folte e minaccio col dito. Mani ossute cominciarono a battere senza rumore sulla cappotta.

— Andate a casa! A casa! — disse forte Saul.

Anton comincio a rivestire Vadim.

— Ora decolliamo, — disse.

— Li ammazzerete tutti.

Anton scosse la testa e occupo il sedile di primo pilota. Il bioplano vibro e comincio a sollevarsi lentamente. Le facce all’esterno scomparvero. Una lunga mano scheletrica dalle unghie rotte scivolo sul finestrino e scomparve a sua volta.

Girato il bioplano in direzione dell’astronave, Anton accelero. Aveva fretta. Era gia mezzanotte.

— Cosa ci avranno trovato in lui? — borbottava Saul. — E un nazista, un animale, l’ho visto io stesso come punzecchiava quegli uomini con la picca per farli andare piu in fretta.

Anton taceva.

— Oh Signore! — esclamo Saul. — E pieno di bestiacce.

— Di che cosa?

— Di pidocchi, direi. Per prima cosa bisognera lavarlo e disinfettare tutto…

Eccone ancora una, penso Anton. Saul, come se indovinasse i suoi pensieri, aggiunse:

— Non si preoccupi, lo faro io. Speriamo che non crepi di paura quando fara il suo primo bagno.

Anton guidava il bioplano alla velocita massima, tenendosi a cento metri di quota. La piccola luna bianca si trovava quasi allo zenit, la falce rossa della seconda luna era gia tramontata, ed un terzo satellite, roseo e piatto, si stava levando sull’orizzonte bianco. Vadim si scosse, sbadiglio rumorosamente e borbotto: — Mi hai curato? — e di nuovo si addormento.

— Che cosa sta facendo? — chiese Anton. Era tanto stanco che non aveva voglia di voltarsi.

— Chi?

— Il prigioniero.

— Sta sdraiato. Puzza. Da parecchio non sentivo un puzzo simile…

Da un pezzo, penso Anton. A me non e mai capitato di sentirlo. E ne avrei volentieri fatto a meno… Saul ha ragione: avevano fatto male ad invischiarsi in quella storia. Saul e in gamba. Si trattava veramente di un sistema. Era il sistema dello schiavismo. Schiavi e padroni. Pero io avevo sempre pensato che gli schiavi devoti si incontrassero solo nei libri dozzinali… Lo schiavo devoto. Che schifo! Va bene, pero ormai e fatta, per tirarsi indietro e tardi e faremmo anche la figura degli sciocchi. Se non altro scopriremo come stanno le cose. Si, ma non era quello l’essenziale… Anche se avessi capito subito che cosa sta succedendo qui, non avrei certo potuto voltare le spalle… alla conca, dove le macchine schiacciavano gli uomini… a quel villaggio sudicio… Interessante, avrebbe tollerato il

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