ammonirlo Saul.
— Dov’e la marmellata? — chiese incerto il prigioniero.
Saul lo rimise in piedi con un violento strappo. Il volto di Haira perse le ultime tracce di impassibilita. Saul comincio a girare lentamente intorno a lui, fissandolo da capo a piedi. Ma che spettacolo, penso Anton con disgusto e con involontaria paura. Saul aveva un’espressione tutt’altro che gradevole. Haira, invece, aveva di nuovo incrociato le braccia sul petto e sorrideva servilmente. Saul torno senza fretta alla sua poltrona e sedette. Haira ora non aveva occhi che per lui. Nella sala regnava il silenzio assoluto.
Saul si mise a caricare la pipa, lanciando di quando in quando a Haira brevi occhiate di traverso.
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— Nome? — domando Saul accigliato.
Il prigioniero sussulto e curvo le spalle.
— Haira.
— Che grado hai?
— Quello di portatore di lancia e di guardiano.
— Chi e il tuo capo?
— Kadaira. («Del clan dei turbini», capi Anton.)
— Che grado ha?
— E un portatore di ottima spada e capo del corpo di guardia.
— Quanti guardiani ci sono nel campo?
— Una ventina.
— Quanti uomini ci sono nelle baracche?
— Nelle baracche non ci sono uomini.
Anton e Vadim si scambiarono un’occhiata. Saul prosegui senza cambiare espressione.
— Chi vive nelle baracche?
— I condannati.
— Ed i condannati non sono uomini?
Il volto di Haira espresse una sincera meraviglia. Invece di rispondere, abbozzo un sorrisetto.
— Va bene. Quanti condannati ci sono nel campo?
— Moltissimi. Nessuno li ha mai contati.
— Chi ha mandato qui i condannati?
Il prigioniero parlo a lungo e con tono ispirato, ma Anton capi soltanto:
— Li ha mandati la Grande Rupe Potente, la Battaglia Scintillante, colui che posa un piede nel cielo e che vivra quanto le macchine.
— Oh, — disse Saul, — conoscono la parola “macchine”…
— No, — si intromise Vadim, — sono io che conosco la parola “macchine”. Lui si riferisce ai veicoli che sono nella conca e sull’autostrada. Quanto alla Grande Rupe con tutto quel che segue, credo che sia un re indigeno.
Il prigioniero ascolto questo dialogo con un’espressione di sconsolata ottusita.
— Va bene, — disse Saul. — Continuiamo. Qual e la colpa dei condannati?
Il prigioniero si rianimo e di nuovo comincio a parlare a lungo e molto, e di nuovo Anton capi ben poco.
— Ci sono dei condannati che hanno tentato di usurpare il posto della Rupe Potente, altri che hanno preso oggetti altrui, altri hanno ucciso, altri hanno desiderato strane cose…
— Capito. E chi ha mandato qui i guardiani?
— La Grande Rupe Potente, che posa un piede sulla terra.
— Perche?
Il prigioniero tacque.
— Ti ho chiesto cosa stanno a fare qui i guardiani.
Il prigioniero taceva. Aveva addirittura chiuso gli occhi. Saul sbuffo con aria feroce.
— Allora che cosa fanno i condannati?
Il prigioniero, senza aprire gli occhi, scuoteva la testa.
— Parla! — esplose Saul, facendo sobbalzare Anton.
Commissione per le Relazioni, pensava amaramente, dove sei?
Il prigioniero gemeva lamentoso.
— Se ve lo dico, mi ammazzano.
— Ti ammazziamo noi, se non lo dici, — promise Saul. Tiro fuori dalla tasca un coltello a serramanico e lo fece scattare. Il prigioniero comincio a tremare.
— Saul! — disse Anton. —
Saul si mise a pulire la pipa con il coltello.
—
— I condannati fanno muovere le macchine, — proferi Haira con un filo di voce. — I guardiani osservano.
— Che cosa osservano?
— Come si muovono le macchine.
Saul prese il disegno e lo mise sotto il naso del prigioniero.
— Spiegami tutto, — ordino.
Haira parlo a lungo, perdendo spesso il filo, mentre Saul lo correggeva e lo sollecitava. A quanto pareva le autorita locali tentavano di scoprire il modo di guidare le macchine. La ricerca veniva condotta con metodi assolutamente barbari. Ai condannati veniva ordinato di premere le dita sui fori, sui bottoni, sui tasti e sulle varie parti del motore e di guardare che cosa succedeva. Nella maggioranza dei casi non succedeva niente. Spesso le macchine esplodevano. Raramente cominciavano a muoversi, schiacciando e mutilando chi capitava loro a tiro. Infine, in rarissimi casi, si riusciva ad imprimere loro un movimento regolare. Nel corso del lavoro, i guardiani restavano oltre il limite di sicurezza, ed i condannati facevano la spola fra loro e le macchine, per comunicare quali fori e quali bottoni avrebbero premuto. Tutto questo veniva riportato con cura nei disegni.
— Chi fa i disegni?
— Non lo so.
— C’era da aspettarselo. Chi porta i disegni?
— Grandi capi su degli uccelli.
— Intende dire quelle simpatiche bestiole che gia conosciamo, — spiego Vadim. — Si vede che qui li addomesticano.
— A chi servono le macchine?
— Alla Grande Rupe Potente, alla Battaglia Scintillante, a colui che posa un piede nel cielo e vivra quanto le macchine.
— E che se ne fa delle macchine?
— Chi?
— La Rupe.
Il prigioniero rimase interdetto.
— Si tratta di un titolo, Saul, — disse Vadim. — Lo deve dire per intero.
— Va bene. Che se ne fa delle macchine la Grande Rupe Potente, con un piede sul cielo… o sulla terra? Accidenti a lui, non me lo ricordo… E che vivra… e che vivra…
— Quanto le macchine, — suggeri Vadim.
— Che stupidaggine, — brontolo Saul seccato. — Che c’entrano le macchine?