numerosi degli abitanti di questo pianeta.

— Beh, e allora? — disse Saul. — Vi rendete conto di quello che volete fare? Volete infrangere le regole dello sviluppo storico! Volete cambiare il corso naturale della storia! Ma lo sapete che cos’e la storia? E l’umanita stessa! E se si spezza la spina dorsale della storia, la si spezza all’umanita.

— Nessuno ha intenzione di spezzare schiene, — protesto Vadim. — C’e stato un periodo in cui intere popolazioni e paesi hanno fatto un salto dal feudalesimo al socialismo. E non si e rotta nessuna schiena. Di che cosa ha paura, Saul? Di una guerra? Non ci sara nessuna guerra. Arriveranno due milioni di volontari, costruiranno una bella citta, chi vorra potra venire a vederla! Trovera medici, insegnanti, ingegneri, scienziati, artisti… E se vuole seguire il nostro esempio? Certo! E proprio quello che vogliamo! Che cosa potra fare un gruppetto di feudatari pidocchiosi contro di noi? Certo, ci vorra un po’ di tempo. Bisognera lavorare sodo, cinque anni almeno…

— Cinque! — disse Saul, alzando le braccia. — E perche non centocinquantacinque! Evviva gli illuministi! I populisti! I populisti in trasferta! Ma questo e un pianeta, ve ne rendete conto? Non e un gruppo, un popolo, nemmeno un paese. E un pianeta! E un pantano di ignoranza e copre un pianeta intero! Artisti, scienziati! E che farete, quando vi tocchera sparare? E tocchera a lei sparare, Vadim, quando qualche lercio monaco portera sul rogo la sua ragazza perche fa la maestra… E tocchera a lei, Anton, sparare quando dei giovinastri dal casco arrugginito bastoneranno a morte il suo amico medico! E allora andrete in bestia e da coloni diventerete colonialisti…

— Il pessimismo — disse Vadim — e una triste sensazione di sfiducia nell’avvenire e nel successo.

Saul lo fisso feroce per qualche secondo.

— C’e poco da scherzare, — disse alla fine. — E una cosa seria. Il comunismo e prima di tutto un’idea! E un’idea non semplice. Che e stata conquistata col sangue. E che non si insegna in cinque anni con i buoni esempi. Lei vuole riversare l’abbondanza su gente nata e cresciuta nella schiavitu, per cui l’egoismo e una seconda natura. E sapete cosa ne verra fuori? O che la vostra colonia fara da balia ad un intero pianeta di grassi fannulloni, che non hanno il minimo stimolo ad agire, oppure si fara avanti un energico farabutto che si servira dei suoi bioplani, dei suoi skorcer e di tutto il resto per farla sloggiare, poi terra per se tutta l’abbondanza ed in questo modo rimettera in carreggiata la storia…

Saul sollevo con un gesto violento il coperchio dello scarico delle immondizie, e si mise a vuotare rabbiosamente la pipa.

— No, cari miei, per il comunismo bisogna soffrire, bisogna combattere con lui, — indico Haira con la pipa, — con i sempliciotti come lui. Bisogna sopraffare prima le loro picche, poi i loro moschetti, poi ancora le loro Schmeisser.[34] E non e ancora tutto. Quando finalmente avranno buttato le armi a terra e si saranno gettati nel fango ai vostri piedi, non sarete che all’inizio. Ecco che comincia la vera lotta. Non per il pezzo di pane, ma per il comunismo! Allora lo dovrete sollevare dal fango, ripulire…

Saul tacque e si lascio andare contro la spalliera della poltrona.

Vadim si grattava pensosamente la nuca.

Anton disse:

— Lei capisce meglio la situazione, Saul, dato che e uno storico. Vadim, come sempre, ha detto la prima sciocchezza che gli e passata per la mente. In due o in tre non risolveremo mai questo problema, neppure teoricamente. Ma noi sappiamo tutti una cosa: non e mai avvenuto che l’umanita si ponesse un obiettivo e non riuscisse a raggiungerlo.

Saul borbotto qualcosa di incomprensibile.

— Come andranno le cose in concreto… — Anton si strinse nelle spalle. — Se ci sara bisogno di sparare, impareremo di nuovo come si faceva una volta, e spareremo. Secondo me, pero, se ne potra fare a meno. Potremmo invitare, ad esempio, quelli che desiderano strane cose sulla Terra. Cominceremo da loro. Probabilmente, saranno ben contenti di andarsene da qui…

Saul alzo in fretta gli occhi e li riabbasso subito.

— No, — disse. — Questo no. Un vero uomo non vorra andarsene. Quanto agli altri… — alzo di nuovo gli occhi e guardo in faccia Anton. — La Terra non ha bisogno di loro. A chi serve un disertore?

Chissa perche tacquero tutti. E chissa perche Anton si accorse di provare un’inesplicabile compassione e paura per Saul. Senza dubbio Saul aveva qualcosa che lo tormentava. Ma doveva trattarsi di qualcosa al di fuori dell’ordinario, di insolito, come era lui stesso, come erano le sue parole e il suo modo di fare.

Vadim esclamo con finta vivacita:

— Ehi, ma ci siamo dimenticati di una cosa! Perche quegli oppressi mi sono venuti addosso con la spada? Bisogna capire il perche!

Corse accanto ad Haira, cui gia si piegavano le ginocchia per la stanchezza e per i cattivi presentimenti e gli applico di nuovo sulle tempie i cristalli mnemonici.

— Di’ un po’, pitecantropo, — disse. — Perche i condannati che ti portavano a spasso ci si sono gettati addosso? Eri il loro beniamino, per caso?

Haira rispose:

— Per ordine della Grande Rupe Potente, della Battaglia Scintillante, di colui che posa un piede nel cielo e che vivra quanto le macchine, i condannati vengono rinchiusi qui fino a quando le macchine non saranno scomparse…

— Cioe per sempre, — commento Vadim.

— … ma se uno dei condannati riesce a far muovere una macchina, viene graziato e torna di la dai monti. Quelli che mi portavano, tornavano a casa. Erano gia quasi uomini. Al posto di blocco avrei dovuto lasciarli liberi e proseguire a dorso d’uccello. Mi hanno difeso perche volevano vivere. Ma non ci sono riusciti e percio verranno ammazzati. — Sbadiglio nervosamente e aggiunse: — Se il sole si e gia levato, allora li hanno gia giustiziati.

Anton balzo in piedi, facendo rovesciare la poltrona.

— O Signore! — disse Saul, e fece cadere la pipa.

VII

Il portatore di lancia del clan dei colli fu messo a sedere fra Saul e Anton. Era di nuovo avvolto nella sua pelliccia, che ora odorava di disinfettante, e sedeva immobile, limitandosi a storcere inquietamente il naso: si stava annusando. Erano le cinque del mattino, stava spuntando una smorta alba gelata. Faceva molto freddo.

Vadim guidava in silenzio il bioplano, mantenendosi sulla massima velocita. Pensava solo a una cosa: «Faremo in tempo o no?». Almeno quei poveracci avessero rinviato di un poco il loro rientro al villaggio! Ma si rendeva conto che non avevano dove andare. La loro unica possibilita di salvezza era cercare di commuovere il capo dei guardiani con la descrizione della loro eroica difesa del suo messaggero. Ma quel bestione, penso amaramente Vadim, non si sarebbe commosso. Se il bioplano non fosse arrivato in tempo, li avrebbe ammazzati tutti. Immagino se stesso nell’atto di consegnare Haira al grasso portatore di ottima spada, per poi dirgli: Kairame sorinata-mu karo-sika!, ecco il tuo uomo! — ed ordinare con voce stridula: Tatimata-ne korisa!, non osare di uccidere questi liberi! Non faceva che ripetersi in mente queste frasi, tanto che alla fine avevano perso per lui ogni significato. Oltre tutto non sarebbe stato cosi facile. Forse avrebbe dovuto avere una lunga conversazione. Ma difficilmente il portatore di spada sarebbe stato d’accordo a farsi applicare alla lurida testa di comandante i cristalli mnemonici. Vadim lancio un’occhiata di sbieco alla scatola lucida dell’analizzatore. L’avrebbe fatto lavorare. Non per nulla si era sobbarcato il trasporto di quel peso di un quarto di quintale dall’astronave al bioplano.

Anton chiese:

— E cosa diceva il messaggio?

Vadim estrasse di tasca un foglietto spiegazzato e glielo tese, senza voltarsi.

— Leggi cio che ho scritto fra le righe con la matita. E la traduzione fatta dall’analizzatore e riveduta da me.

Anton prese il foglietto e comincio a leggere sottovoce:

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