Haira si rabbuio. Il capo lancio un’occhiata vaga nello spazio fra Vadim ed Anton e disse:

— Che mostrino le scarpe.

Saul ringhio e fece per uscire dal bioplano.

— Calma, calma, — disse Anton.

Il capo si soffio melanconicamente il naso con le dita.

— E che cibo hai mangiato? — chiese.

— Marmellata. Cioe una specie di marmellata. E dolce e rallegra il palato.

Il capo parve riaflimarsi un poco.

— E ne hanno molta di questa roba?

— Moltissima! — grido con entusiasmo Haira. — Pero non farmi battere.

— Ho deciso, — disse il capo. — Che tornino a casa e mi portino tutta la marmellata e tutto il cibo che hanno. Non hanno carbone?

Haira guardo interrogativo Anton. Anton disse brusco:

— Esigi la liberta di quei condannati!

— Che dice? — chiese il capo.

— Chiede di non uccidere quei delinquenti.

— E come fai a capire quello che dice?

Haira indico con entrambe le mani i cristalli mnemonici sulle sue tempie.

— Se ci si appoggia queste cose alla testa, si capisce il linguaggio degli altri come se fosse il proprio.

— Dammele, — ordino il capo. — Anche queste sono proprieta della Grande Rupe Potente.

Tolse i cristalli ad Haira e dopo qualche tentativo infruttuoso riusci ad applicarseli alla fronte. Anton disse subito:

— Lascia immediatamente liberi questi uomini che hanno meritato la liberta.

Il capo lo guardo stupito.

— Non puoi parlare cosi, — disse. — Ti perdono perche sei un plebeo e non conosci la mia lingua. Ora va’ a prendere tutto e ricordati di portare anche la lettera ed il disegno. — Si volto verso i portatori di picche che l’ascoltavano con rispetto e urlo: — Che cosa volete voi qui, necrofili? Volete annusare le loro brache? Le brache di tutti quelli che parlano con me puzzano nello stesso modo! Andate a lavorare! Portate questa marmaglia nella conca. Via! Via!

I portatori di picche corsero via ridacchiando. Gli ex liberati, sospinti da loro, li precedevano lungo la strada. Il capo appioppo ad Haira un manrovescio che voleva essere amichevole e gli ordino di levarsi di torno. Haira barcollo sotto il colpo e si precipito a casa. Rimasto solo, il capo volse lo sguardo prima al cielo poi alle baracche, sbadiglio a lungo e rumorosamente, lancio un’occhiata al bioplano, sputo a terra, e disse con voce annoiata, guardando altrove:

— Fate come vi ho detto. Tornate a casa e portatemi qui tutta la marmellata e gli altri cibi e andate nella conca, se volete restare vivi.

Vadim guardava quell’enorme corpo sudicio e provava una strana debolezza in tutte le membra. Si sentiva come se stesse tentando di scalare in sogno una ripida parete scivolosa. Anton gli mormoro ad un orecchio:

— Sta’ attento, Dimka. Non e un ragazzino come Haira.

— Non resisto piu, — disse Saul con una strana voce incolore.

— Adesso lo strozzo.

— Glielo proibisco assolutamente, — disse Anton.

Il capo grido, rivolgendosi verso la porta aperta:

— Arrostiscimi la carne, Haira, necrofio! E scaldami il letto! Oggi sono di buon umore. — Poi si volse di profilo rispetto al bioplano, alzo l’indice sporco e si mise a dire, guardando verso le montagne: — Adesso siete ancora istupiditi e impietriti per la paura. Pero dovete sapere che in futuro, quando parlerete con me, sarete tenuti a inchinarvi e a premervi le palme delle mani sul petto. E non mi dovete guardare, perche siete plebei ed il vostro sguardo e immondo. Oggi vi perdono, ma un’altra volta vi faro bastonare. E un’altra cosa dovete tenere bene in mente, che le massime virtu sono l’obbedienza ed il silenzio. — Si infilo l’indice in bocca e comincio a stuzzicarsi un dente. Il suo discorso divenne quasi incomprensibile. — Quando tornerete con la marmellata, il messaggio ed il disegno, vi svestirete e lascerete tutto sulla veranda. Io non verro fuori. Poi andrete nelle baracche a prendere un camiciotto ai morti. Ne potete prendere solo uno a testa. — Sghignazzo all’improvviso. — Con due sudereste, quando siete al lavoro. Se volete, potete anche spogliare i vivi, ma solo quelli che hanno le unghie dorate…

Dalla porta aperta fece capolino Haira.

— Tutto e pronto, mio forte e glorioso, — comunico.

— La vostra sorte non sara cattiva, — continuava il capo. — La Grande Rupe Potente ha bisogno di uomini che sappiano muovere le macchine. Quando li avra, potra finalmente cominciare la guerra per la conquista delle terre che gli spettano di diritto! Ed allora la Grande Rupe Potente, — alzo di nuovo l’indice, — la Battaglia Scintillante, colui che posa un piede nel cielo e che vivra quanto le macchine…

— Porco! — urlo Saul con voce assordante. Accanto alla testa di Vadim brillo la canna del disintegratore.

— Non deve farlo! — tuono Anton.

Saul scosto Vadim e si impadroni del volante.

— Ah, non devo farlo? — grido. — E che cos’e che devo fare? Aver pazienza e aspettare finche non spariscono le macchine? Va bene!

Uno strappo tremendo fece cadere Vadim fra i sedili. Saul aveva avviato il bioplano senza chiudere l’oblo. Si udi uno schianto. Una trave spezzata passo sopra la cabina. Il vento gelato fischiava nelle orecchie, il bioplano rollava paurosamente, e Vadim fece appena in tempo a vedere il capo rannicchiato carponi sulla veranda, con le enormi natiche rivolte verso il cielo, mentre il tetto della casa, rivoltato e ridotto in pezzi, crollava nel mezzo della strada. Vadim cerco di chiudere l’oblo. L’oblo non si chiudeva.

— Saul! — grido Vadim. — Rallenti!

Saul non rispose. Guidava il bioplano lungo la strada, sulla quale gia marciavano le colonne dei condannati diretti alla conca. Sedeva curvo, nascondendosi il volto sotto la piccola visiera del berretto. Teneva lo skorcer sulle ginocchia. Il bioplano procedeva a strappi irregolari, il vento contrario cercava di rovesciarlo.

Vadim continuava a tentare di chiudere l’oblo con una mano sola. Con l’altra reggeva la cassetta dell’analizzatore che gli era caduta sulle ginocchia. Saul mormorava fra i denti:

— Farabutti!… canaglie… boia… Volete le macchine? Ve le do io le macchine!… Volete terre da conquistare? Eccovi le terre!…

Vadim riusci finalmente ad appollaiarsi su un sedile, e si guardo intorno. Il bioplano puntava diritto sulla conca. Anton, stringendosi ai braccioli della poltrona, con gli occhi socchiusi per le raffiche di vento, fissava la schiena di Saul.

— Vuoi la marmellata? — ringhiava Saul. — Te la do io la marmellata!… I dolciumi… necrofili…

Sopra la conca il bioplano punto verso l’alto. Saul smise di imprecare, si sporse fuori e sparo in basso con lo skorcer. Vadim si tiro indietro. Dalla conca si levo un’accecante fiammata violetta, accompagnata da un lacerante fragore di tuono, mentre il bioplano proseguiva.

Vadim, tendendosi al punto di far scricchiolare le ossa, riusci finalmente a chiudere l’oblo. Nella cabina si ristabili il silenzio.

— Gli faro cambiare idea riguardo all’eternita, — disse Saul e tacque.

— Ma forse non ce n’e bisogno, — propose timidamente Vadim. Non riusciva ancora a capire cosa volesse fare Saul, come potesse arrabbiarsi sul serio con quegli uomini ottusi ed ignoranti.

Il bioplano ruggiva sopra le cime dei colli, sollevando nubi di polvere di neve. Saul era un pessimo pilota, dava troppo gas al motore, sottoponendolo ad uno sforzo inutile. Dietro l’apparecchio si formo una densa scia di brina. Alcuni uccelli tentarono di inseguire e intercettare il bioplano, ma scomparvero subito nel vortice di neve. Alle loro spalle si innalzava verso il cielo una colonna di fumo.

— E un peccato, e un vero peccato… — riprese Saul, — che non si possa eliminare con un colpo solo tutta l’ottusita e la crudelta senza distruggere anche l’uomo… Beh, leviamo di mezzo almeno una stupidita in questo paese infinitamente stupido!…

— Sta volando verso l’autostrada? — chiese Anton con calma.

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