sparsi per tutta la cabina. Anche sul tavolino c’erano dei fogli. Vadim voleva mettere un po’ d’ordine, ma si accorse che Saul si era addormentato. Allora usci in punta di piedi e chiuse piano dietro di se la porta.

Anton era seduto davanti al quadro dei comandi con le dita posate sui contatti, e guardava pensieroso lo schermo visore. Sullo schermo passavano lentamente cime di pini, lontane case illuminate, e le luci rosse degli impianti.

— Sta male, — disse Vadim. — Delira. Pero adesso si e addormentato.

Si sedette sul bracciolo di una poltrona e si mise a guardare una parete coperta di disegni raffiguranti figure umane ed oggetti.

— Avrei potuto fare a meno di sporcare la parete, — disse. — Avrei potuto chiedere un po’ di carta a Saul. A quanto pare la sua borsa ne e piena. A proposito, Haira si mise a singhiozzare di paura, quando cominciai a fare questi disegni…

— Sai, Dimka, — disse Anton sovrappensiero. — Saul e senz’altro un tipo strano, ma non capisco come abbia fatto ad arrivare alla sua eta senza mai farsi sottoporre al blocco biologico… — scosse il capo.

— Quale malattia credi che abbia?

— Ti ho gia detto che non lo so. Haira gli avra attaccato qualche infezione.

Vadim si immagino quale tipo di infezione Haira potesse attaccare, fece una smorfia e scivolo nella poltrona.

— Saul mi piace, — dichiaro. — Ha i suoi strampalati punti di vista e li sostiene. Ed e tanto misterioso che mi entusiasma. Non ho mai sentito un delirio tanto incomprensibile.

— Ma chi hai mai sentito delirare?

— Che c’entra! Ho letto qualcosa in proposito. Fra l’altro, Saul ha detto che la sua fuga dalla Terra e stata il frutto di un momento di debolezza e che adesso, dopo essersi riposato, tornera indietro. Mi fa piacere per lui, Toska.

— Te l’ha detto mentre delirava?

— No, per un po’ e tornato in se. — Vadim guardo lo schermo. L’astronave stava sorvolando la borgata Chibiny. — Quanto tempo ti sembra sia passato da quando siamo partiti?

— Mille anni, — disse Anton.

Vadim ridacchio.

— Non sono state vacanze monotone. Ne abbiamo viste di belle, non e vero? — sorridendo beatamente si mise a ricordare gli episodi eroici che avrebbe raccontato l’indomani a Nelly e Samson. Avrebbe battuto Samson senza dover esibire crani: sarebbe bastata la cicatrice.

— Peccato, — disse a voce alta.

— Che cosa?

— Peccato che mi abbia colpito al fianco. Una cicatrice in faccia, dalla tempia sinistra al mento, sarebbe stata un’altra cosa. Te la figuri?

Anton lo guardo.

— Sai, Dimka, — disse, — credo che non riusciro mai ad abituarmi alle tue uscite.

— Non pensarci Anton. Non sei stato male neanche tu. Eri solo un po’ troppo indeciso, incerto… Raccontero a Galja che bravo comandante tu sia!

Anton fece una smorfia.

— No, e meglio che non racconti nulla, — fece una pausa. — Davvero si vedeva che non sapevo che pesci prendere?

— Secondo me, si.

— Cerca di capire, non sapevo come comportarmi. Non mi ero mai trovato davanti ad un rompicapo come questo. Ne ho viste di tutti i colori, ma non mi era mai capitato di finire in una situazione in cui si debba fare qualcosa e non si possa far niente. Volevo migliorare qualcosa, ma capivo che non potevo combinare che guai… Era naturale che fossi sulle spine.

Vadim guardava la borgata.

— Pero sei stato lo stesso un bravo comandante. Non ti avevo mai visto in questa parte… Chissa cosa stara facendo Haira? Mi sa che e sdraiato sulle pellicce puzzolenti e pensa alle belle scarpe che ha avuto a portata di mano… Di’, non puoi accelerare?

— No, qui e vietato.

— E tu dai retta ai divieti?… Fai pilotare me.

— Non se ne parla nemmeno, — disse Anton. — Ne ho gia combinate abbastanza per perdere la patente di pilota.

— E che cosa hai combinato?

— Lasciamo perdere… Quel che e fatto e fatto. Puoi star certo che il pianeta Saul mi rivedra non come pilota patentato, ma come mediocre dilettante di medicina.

Vadim si meraviglio. Che cosa avevano mai fatto? Soltanto il possibile ed il necessario. In fin dei conti non erano che in tre. Se fossero stati una ventina, avrebbero disarmato le guardie e l’avrebbero fatta finita. In ogni caso, di che cosa potevano essere rimproverati? Certo, avevano danneggiato il gruppo incaricato di trasportare Haira. Ma chi l’avrebbe potuto prevedere? C’era poco da dire: avevano compiuto un ottimo lavoro di esplorazione. Ne erano usciti con onore. Ora si trattava di rimboccarsi le maniche e di trovare le persone adatte. Per prima cosa, sarebbe stato costituito un comitato. Ovviamente, lui ed Anton ne sarebbero stati membri. Saul si sarebbe lasciato convincere. Non si poteva fare a meno di Saul: la presenza di uno scettico era indispensabile. Inoltre era combattivo e risoluto: i suoi studi sul XX secolo gli avevano modellato il carattere. Avrebbero preso anche Samson. Benche linguacciuto, era pur sempre un ottimo ingegnere. Nelly, da attrice qual era, avrebbe incantato i Sauliani. Un altro membro indispensabile era Grigorij Barabanov. Intanto faceva l’insegnante, e poi conosceva una caterva di altri insegnanti, che sembravano proprio brave persone… Ed il medico? C’era bisogno di un medico… Non poteva essere che in quella caterva di insegnanti non se ne trovasse nessuno specializzato in medicina. E c’era bisogno anche di cacciatori. Si, erano indispensabili per sterminare quegli uccellacci dal becco ricurvo. Vadim ridacchio. E poi il comitato avrebbe rivolto un appello a tutta la Terra…

A Vadim l’idea della vastita del progetto dava delle piacevoli vertigini. Sarebbero partite intere squadre di astronavi Delta, stracariche di giovani audaci, di medicinali, di sintetizzatori di cibo. Sarebbero state trasportate tonnellate di embrioni meccanici, che in mezz’ora si sarebbero trasformati in case, bioplani, stazioni meteorologiche ed altro ancora. Lui, Vadim, avrebbe trovato mille, diecimila, centomila nuovi amici!

— La flotta spaziale e in missione, — annuncio Anton.

— Come?

— Ho detto, la flotta spaziale e in missione. Ho fatto i conti: per cominciare, sarebbe necessario mandare una dozzina di astronavi Spettro. Pero tutte le cinquantaquattro Spettro esistenti sono concentrate presso la EN-117 per il salto al di la della Macchia Cieca.

— Ne costruiremo delle altre, — decise Vadim.

Anton gli lancio un’occhiata in tralice.

— Vaneggi, tanto per cambiare… Comunque, Dimka, e difficile che ti lascino tornare su Saul.

— Come sarebbe a dire: che mi lascino?

— Molto semplice. Il pianeta Saul non ha bisogno di ventenni pasticcioni ma di specialisti seri. Credi che la Terra possa privarsi di tanti specialisti?… E questo non e che la meta del problema.

— Forza! — l’incito Vadim. — Parlami dell’altra meta.

Anton sospiro.

— Da un paio di centinaia di anni c’e un ente che non fa parlare molto di se. E la Commissione per le Relazioni Extraterrestri. Senza il suo benestare nessun astronauta puo pilotare niente. In questa Commissione non ci sono pasticcioni. C’e gente seria ed intelligente, che sa vedere le conseguenze.

Anton non scherzava, ma per ogni evenienza Vadim gli chiese:

— Dici sul serio?

— Altro che! — Anton fece scorrere un dito sui comandi ed aggiunse:

— Magari ti faccio guidare durante l’atterraggio, per consolarti… No, meglio di no. Ne ho abbastanza di cadaveri.

La navicella atterro delicatamente nella stessa radura da dove era decollata trentanove ore prima. Anton spense il motore e per un po’ rimase seduto, accarezzando il cruscotto.

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