— Come noi tutti, ma a che pro? — obietto Panter. — Gli Otto Incantesimi devono funzionare insieme. Oh, sono d’accordo, se tutto il resto fallisce, forse potremmo rischiare, ma gli Otto devono essere pronunciati insieme o non pronunciati affatto. E uno di loro si trova nella testa di Scuotivento.

— E noi non riusciamo a trovarlo — concluse Trymon. — E questo il punto, no? Sono sicuro che in privato ci abbiamo provato tutti.

I maghi si guardarono, imbarazzati. Alla fine Wert confesso: — Si. Va bene. Mettiamo le carte in tavola. A me non riesce di localizzarlo.

— Ho provato anch’io — disse un altro. — Niente.

— Ho mandato i demoni familiari — disse un terzo.

Gli altri si tirarono su. Se la confessione del fallimento era all’ordine del giorno, allora, accidenti, avrebbero dichiarato di avere fallito alla grande.

— E tutto? Io ho mandato i demoni.

— Io ho guardato nello Specchio della Vigilanza.

— La notte scorsa l’ho cercato studiando i Misteri di M’haw.

— Voglio sia chiaro che io ho provato tanto i Misteri che lo Specchio e le viscere di un criceto.

— Io ho parlato agli animali dei campi e agli uccelli dell’aria.

— Qualche risultato?

— Noo.

— Bene, io ho interrogato le ossa stesse del paese e le pietre affondate nella terra e le montagne sovrastanti.

Si fece improvviso un silenzio ostile. Tutti fissarono il mago che aveva parlato. Era Ganmack Treehallet, dei Venerabili Vedenti, il quale si agito a disagio sulla sua poltrona.

— Si, mettendoti i campanelli, immagino — disse uno.

— Non ho detto che abbiano risposto, no?

Trymon li guardo uno a uno.

— Io ho mandato qualcuno a trovarlo — annuncio.

Wert sbuffo sprezzante. — La cosa non ha funzionato molto bene le ultime due volte, non ti pare?

— E successo perche contavamo sulla magia, ma e ovvio che in qualche modo Scuotivento si nasconde dalla magia. Ma non puo nascondere le sue orme.

— Hai incaricato un perlustratore?

— Per modo di dire.

— Un eroe? — Wert riusci a dare a quell’unica parola un enorme significato. Nello stesso tono di voce, in un altro universo, un meridionale avrebbe detto 'un maledetto yankee'.

I maghi guardavano Trymon, a bocca aperta.

— Si — disse questi calmo.

— Con quale autorita? — domando Wert.

Trymon giro verso di lui i suoi occhi grigi. — La mia. Non me ne occorreva un’altra.

— E… e assolutamente irregolare! Da quando i maghi hanno avuto bisogno d’ingaggiare gli eroi per fare il lavoro al loro posto?

— Da quando i maghi hanno scoperto che la loro magia non funzionava — replico Trymon.

— Un contrattempo passeggero, niente di piu.

Trymon si strinse nelle spalle. — Puo essere, ma ci manca il tempo per scoprirlo. Provatemi che ho torto. Trovate Scuotivento con i demoni o parlando agli uccelli. Quanto a me, ho intenzione di essere saggio. E i saggi fanno cio che richiedono i tempi.

E cosa risaputa che guerrieri e maghi non vanno d’accordo. Questi ultimi considerano gli altri una manica di idioti assetati di sangue, incapaci di camminare e parlare allo stesso tempo; mentre i primi sono per natura sospettosi di una corporazione di uomini che borbottano parole incomprensibili e indossano lunghe vesti. Oh, dicono i maghi, se noi siamo cosi, che dire di tutti quei collari borchiati e muscoli oleati giu all’Associazione Pagana dei Giovani? Al che gli eroi ribattono che e una bella asserzione da farsi da parte di un’accolta di mollaccioni i quali non si avvicinano a una donna con il pretesto (lo credereste?) di essere in qualche modo privati del loro potere mistico. Giusto, dicono i maghi, e proprio cosi, voi e le vostre palle in bella mostra. Oh si, dicono gli eroi, perche voi non…

E via di questo passo. Roba del genere e andata avanti da secoli ed ha originato una quantita di tremende battaglie che hanno lasciato inabitabili grandi porzioni di terra a causa delle frequenze magiche.

In realta, l’eroe che in quello stesso momento galoppava verso le Pianure del Vortice non s’impicciava in una simile discussione, primo perche non la prendeva sul serio. Ma principalmente perche quel particolare eroe era un’eroina. Una dai capelli rossi.

Ora, arrivati a questo punto, c’e la tendenza a guardare da sopra la spalla dell’artista che disegna la copertina e cominciare a dilungarsi su cuoio, stivali fino alla coscia e lame nude.

Parole come 'pieno', 'rotondo' e perfino 'provocante' s’insinuano nel racconto finche lo scrittore e costretto a farsi una doccia fredda e stendersi.

Il che e piuttosto sciocco. Infatti, ogni donna che si accinge a guadagnarsi la vita con la spada, non se ne va in giro con l’aspetto di una ragazza in mostra sulla copertina del catalogo dell’ultimo tipo di biancheria intima per il compratore specializzato.

Oh, va bene. E necessario precisare il fatto che, sebbene Herrena, la Rossa Harridan, diventerebbe davvero una bomba dopo un buon bagno, una manicure come si deve e la miglior scelta di aggeggi in cuoio del negozio di Articoli Esotici Orientali di Woo Hun Ling e in quello di Arti Marziali di Via degli Eroi, di solito lei vestiva comodamente con una leggera cotta di maglia e morbidi stivali e portava una corta spada.

Va bene, forse gli stivali erano di cuoio. Ma non neri.

Cavalcava con lei un gruppetto di uomini dalla pelle scura, i quali saranno comunque uccisi fra non molto tempo; pertanto probabilmente una descrizione non e essenziale. Nessuno di loro presentava nulla di provocante.

Sentite, se vi piace, possono pure essere vestiti di pelle.

Herrena non era troppo soddisfatta di loro, ma essi erano tutto cio che si trovava da ingaggiare a Morpork. Molti cittadini abbandonavano il luogo per dirigersi verso le colline, per paura della nuova stella.

Herrena, pero, si dirigeva anch’ella verso le colline per un diverso motivo. A poca distanza dalle Pianure si innalzavano le nude montagne Ossa di Troll. Herrena, che per molti anni si era avvalsa delle opportunita offerte a una donna in grado di far fischiare una spada, si fidava del suo istinto.

Quello Scuotivento, quale lo aveva descritto Trymon, era un pavido, e ai pavidi piace nascondersi. A ogni modo, le montagne erano molto lontane da Trymon e, malgrado questi fosse attualmente il suo datore di lavoro, la cosa rendeva Herrena molto felice. C’era un che nei modi di quell’uomo che le faceva prudere i pugni.

Scuotivento sapeva che avrebbe dovuto avere una gran paura, ma gli riusciva difficile. E cio perche, sebbene lui non se ne rendesse conto, emozioni come panico, terrore e collera hanno tutte a che fare con la roba che circola nelle glandole. E le glandole di Scuotivento erano ancora tutte al loro posto.

Era difficile dire con sicurezza dove si trovasse il suo corpo reale. Ma, se abbassava lo sguardo, scorgeva nell’oscurita circostante una sottile linea azzurra snodarsi da quella che, per amore della propria sanita mentale, lui definiva ancora la sua caviglia. E pareva ragionevole supporre che il suo corpo si trovasse all’altro capo.

Non era un corpo particolarmente buono, sarebbe stato lui il primo ad ammetterlo, ma una o due delle sue parti avevano per lui un valore sentimentale. E gli venne fatto di pensare che, se la sottile linea azzurra si spezzava, lui avrebbe dovuto trascorrere il resto della sua vi… della sua esistenza a ciondolare intorno ai tavolini per sedute spiritiche e a fingere di essere le ziette defunte della gente e tutte le altre cose che le anime perse fanno per passare il tempo.

L’orrore di una simile prospettiva lo terrorizzo talmente che a stento sentiva i piedi toccare terra. O almeno una qualche terra. Decise che quasi sicuramente non era la terra che, per quanto ricordava, non era nera e non ruotava in modo cosi sconcertante.

Si guardo in giro.

Montagne spoglie e aguzze si levavano intorno a lui in un cielo gelido punteggiato di stelle crudeli, stelle che non figuravano in nessuna carta celeste del multiverso. Ma proprio in mezzo a loro c’era un malevolo disco rosso. Scuotivento rabbrividi e distolse lo sguardo. Davanti a lui il terreno declinava ripido e il vento sussurrava tra le rocce spaccate dal gelo.

Sussurrava davvero. Mentre turbini grigi gli afferravano la tunica e gli tiravano i capelli, a Scuotivento parve udire delle voci, deboli e lontane, che dicevano frasi come: 'Sei sicuro che nello stufato ci fossero i funghi? Mi sento un po’…' e 'Se ti sporgi da qui c’e una bella vista…' e 'Non fare storie, e solo un graffio…' e 'Guarda dove punti l’arco, hai quasi…' e cosi via.

Il mago andava barcollando giu per il pendio, tappandosi le orecchie con le mani, finche non contemplo uno scenario che a pochissimi uomini viventi e dato vedere.

Il terreno si abbassava all’improvviso fino a diventare un’ampia gola larga oltre un chilometro, nella quale soffiava, in un vasto bisbiglio riecheggiante, il vento delle anime dei morti. Sembrava come se il Disco stesso stesse respirando. Ma sopra la gola profonda si levava uno stretto sperone roccioso che terminava in un pianoro del diametro di una quarantina di metri.

Lassu c’era un giardino, con orti e aiuole fiorite e un piccolo cottage nero.

Un sentierino conduceva in cima.

Scuotivento si volto a guardare: la lucente linea azzurra era ancora li.

E cosi pure il Bagaglio.

Accovacciato sul sentiero, che lo osservava.

Scuotivento non era mai andato d’accordo con il Bagaglio, che gli aveva sempre dato l’impressione di disapprovarlo. Ma almeno per quella volta, non lo fissava minaccioso. Il suo era piuttosto uno sguardo patetico, come quello di un cane che, tornato a casa dopo essersi piacevolmente rotolato nello sterco di vacca, scoprisse che la famiglia era partita per un altro continente.

— Va bene — gli disse il mago. — Vieni qui.

Il Bagaglio allungo le gambette e lo segui su per il sentiero.

Scuotivento si era immaginato di trovare il giardino pieno di fiori appassiti. Invece era ben tenuto e chiaramente era stato piantato da qualcuno amante dei colori, sempre che questi fossero viola scuro, nero come la notte o bianco come un sudario. Enormi gigli profumavano l’aria. C’era una meridiana con uno gnomone piantato nel mezzo di un prato falciato di fresco.

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