spargendo i semi a pugni o interrandoli a uno a uno in luoghi appositamente scelti. Fin nelle regioni piu remote del suo regno imperverso il Grande Grenouille, il folle giardiniere, e presto non ci fu piu angolo in cui non avesse gettato un granulo di profumo.
E quando vide che cio era bene e che tutto il paese era invaso dal divino seme di Grenouille, il Grande Grenouille fece scendere una pioggia di alcool etilico, lieve e continua, e tutto ovunque comincio a germogliare e a spuntare, e la semenza germino, sicche il cuore ne gioiva. Gia le piantagioni erano tutte un rigoglioso ondeggiare, e nei giardini nascosti gli steli erano in succhio. Le gemme dei fiori quasi scoppiavano dal loro involucro.
Allora il Grande Grenouille ordino alla pioggia di fermarsi. E cio avvenne. Ed egli invio alla terra il sole tiepido del suo sorriso, grazie al quale, d’un tratto, sbocciarono milioni di fiori in tutto il loro splendore, da un capo all’altro del regno, in un unico tappeto variopinto tessuto con miriadi di flaconi di prezioso profumo. E il Grande Grenouille vide che cio era bene, molto, molto bene. E alito sopra la terra. E i fiori, accarezzati, diffusero profumo e unirono le loro miriadi di profumi in un universale profumo di omaggio, fatto di un alternarsi sempre mutevole e tuttavia costante, a lui, il Grande, l’Unico, il Meraviglioso Grenouille, ed egli, troneggiante su un’odorosa nuvola d’oro, questa volta inspiro con le narici, e l’odore del sacrificio gli era gradito. E si degno di benedire la sua creazione piu volte, ed essa lo ringrazio con giubilo ed esultanza e reiterati getti di sublime profumo. Nel frattempo era calata la sera, e i profumi si diffusero nell’aria e nel blu della notte si unirono in note sempre piu fantastiche. Era imminente una vera e propria notte danzante con grandi, giganteschi fuochi d’artificio profumati.
Ma ora il Grande Grenouille era un po’ stanco, e sbadiglio e parlo: «Ecco, ho compiuto una grande opera e mi piace molto. Ma, come tutto cio che e finito, comincia ad annoiarmi. Mi ritirero, e per congedarmi da questo giorno laborioso, mi godro ancora una piccola gioia nei recessi del mio cuore».
Cosi parlo il Grande Grenouille, e mentre sotto di lui il semplice popolo dei profumi danzava e faceva festa, volo ad ali spiegate giu dalla nuvola d’oro e, attraverso il paesaggio notturno della sua anima, torno a casa, nel suo cuore.
27
Ah! com’era piacevole tornare a casa! Il duplice compito di vendicatore e generatore di mondi affaticava non poco, e lasciarsi poi festeggiare per ore dalla propria prole non era certo il riposo migliore. Stanco degli obblighi della creazione e della rappresentazione divina, il Grande Grenouille aveva nostalgia delle gioie domestiche.
Il suo cuore era un castello purpureo. Giaceva in un deserto di pietra, nascosto da dune, circondato da un’oasi di fango e dietro sette mura di pietra. Si poteva raggiungere soltanto in volo. Possedeva mille stanze e mille cantine e mille eleganti salotti, uno dei quali era provvisto di un semplice divano purpureo, sul quale Grenouille, che adesso non era piu il Grande Grenouille, bensi il Grenouille del tutto privato o semplicemente il caro Jean-Baptiste, soleva riposare dalle fatiche del giorno.
Ma nelle stanze del castello c’erano scaffali da terra fino al soffitto, e la si trovavano tutti gli odori che Grenouille aveva raccolto nel corso della sua vita, molti milioni. E nelle cantine del castello c’erano botti che contenevano i migliori profumi della sua vita. Quando erano giunti a maturazione, venivano travasati in bottiglie collocate poi in corridoi freschi e umidi lunghi chilometri, ordinate secondo l’annata e la provenienza, e ce n’erano tante, che non bastava una vita per gustarle tutte.
E quando il caro Jean-Baptiste, finalmente rientrato nel suo
Ma calma, Jean-Baptiste! Calma, mio caro! Verranno, porteranno cio che desideri. I servi gia arrivano in volo. Su un vassoio invisibile portano il libro degli odori, con mani invisibili biancoguantate portano le preziose bottiglie, le depongono con estrema cautela, s’inchinano e scompaiono.
E lasciato di nuovo solo — finalmente! — Jean-Baptiste afferra gli odori desiderati, apre la prima bottiglia, si mesce un bicchiere fino all’orlo, lo porta alle labbra e beve. Beve il bicchiere di odore fresco in un sol colpo, ed e squisito! E cosi buono, cosi liberante, che il buon Jean-Baptiste ha gli occhi pieni di lacrime di gioia, e subito si mesce il secondo bicchiere di questo aroma: un aroma dell’anno 1752, colto in primavera prima del tramonto sul Pont Royal, con il naso rivolto a ovest, da dove giungeva una leggera brezza frammista di odore di mare, odore di bosco e lieve odor di catrame delle barche ormeggiate a riva. Era l’aroma di quella prima notte prossima alla fine che aveva trascorso a Parigi vagabondando senza il permesso di Grimal. Era l’odore fresco del giorno che si avvicinava, della prima alba vissuta in liberta. Quell’odore allora gli aveva promesso la liberta. Gli aveva promesso una vita diversa. L’odore di quel mattino per Grenouille era un odore di speranza. Lo serbava con cura. E ogni giorno ne beveva un poco.
Dopo aver vuotato il secondo bicchiere, svanirono tutti i suoi nervosismi, svanirono i dubbi e le incertezze, e una quiete meravigliosa s’impossesso di lui. Premette la schiena contro i soffici cuscini del divano, apri un libro e comincio a leggere nei suoi ricordi. Lesse degli odori della sua infanzia, degli odori della scuola, degli odori delle strade e degli angoli della citta, degli odori umani. Ed era scosso da brividi piacevoli, perche erano proprio gli odori odiati, quelli che aveva scacciato, a essere evocati. Con interesse e ripugnanza Grenouille leggeva nel libro degli odori disgustosi, e quando l’avversione prevaleva sull’interesse, si limitava a chiudere il libro, lo metteva via e ne prendeva un altro.
Nel frattempo beveva senza tregua nobili aromi. Dopo la bottiglia con l’aroma della speranza, ne stappo una dell’anno 1744, piena del caldo odore del legno che si trovava davanti alla casa di Madame Gaillard. E dopo questa bevve una bottiglia di un aroma di sera estiva, carico di profumi e olezzante di fiori, raccolto al margine di un parco a Saint-Germain-des-Pres, anno 1753.
Adesso era traboccante di profumi. Le sue membra affondavano sempre piu nei cuscini. Il suo spirito s’inebriava meravigliosamente. E tuttavia non era ancora giunto alla fine del banchetto. In verita i suoi occhi non riuscivano piu a leggere, da tempo il libro gli era scivolato dalle mani: ma non voleva concludere la serata senza aver prima vuotato l’ultima bottiglia, la piu squisita: era l’aroma della fanciulla di Rue des Marais…
Lo bevve con raccoglimento, e a tale scopo si mise ritto sul divano, sebbene cio gli costasse fatica, perche a ogni movimento il salotto purpureo oscillava e girava attorno a lui. In atteggiamento da scolaro — le ginocchia premute l’una contro l’altra, i piedi uniti, la mano sinistra appoggiata sulla coscia sinistra — cosi il piccolo Grenouille bevve l’aroma piu prezioso delle cantine del suo cuore, un bicchiere dopo l’altro, e nel frattempo divenne sempre piu triste. Sapeva che stava bevendo troppo. Sapeva che non avrebbe sopportato tanta bonta. E tuttavia bevve fino a vuotare la bottiglia: attraverso il passaggio buio che dalla strada portava al cortile interno. Si diresse verso la luce. La fanciulla era seduta e apriva le mirabelle con il coltello. Da lontano esplodevano i razzi e i petardi dei fuochi d’artificio…
Depose il bicchiere e resto seduto ancora qualche minuto, come impietrito dal sentimentalismo e dall’ubriachezza, fino a che anche l’ultimo residuo di sapore scomparve dalla sua lingua. Guardava con occhi fissi dinanzi a se. D’un tratto il suo cervello si era svuotato come le bottiglie. Poi si rovescio di lato sul divano purpureo e piombo da un momento all’altro in un torpido sonno.
Nello stesso momento anche il Grenouille esterno si addormento sulla sua coperta da cavallo. E il suo sonno fu altrettanto profondo quanto quello del Grenouille interno, perche le imprese erculee e gli eccessi di quest’ultimo avevano sfinito allo stesso modo anche l’altro: dopo tutto entrambi erano sempre la stessa e unica persona.
In ogni modo, quando si sveglio non si sveglio nel salotto purpureo del suo castello purpureo dietro le sette mura, e neppure nelle contrade profumate di primavera della sua anima, bensi soltanto nella segreta di pietra alla fine del tunnel, sulla dura terra e nell’oscurita. E si sentiva malissimo per la fame e per la sete, e infreddolito e miserabile come un beone incallito dopo una notte trascorsa in gozzoviglie. Striscio fuori della galleria a