era fermato un tempo al suo arrivo, volse il naso a ovest e lascio fischiare il vento attorno al suo corpo nudo. Era sua intenzione esporsi tutto all’aria, impregnarsi totalmente nel vento dell’ovest — il che significava dell’odore del mare e delle praterie umide — in modo tale che esso prevalesse sull’odore del suo corpo e quindi potesse crearsi un dislivello olfattivo tra lui, Grenouille, e i suoi vestiti, che lui poi avrebbe potuto percepire chiaramente. E affinche al suo naso arrivasse la minima quantita possibile del suo odore, chino in avanti la parte superiore del corpo, allungo il collo per quanto poteva nella direzione del vento e stese le braccia all’indietro. Aveva l’aspetto di un nuotatore che sta per buttarsi in acqua.

Rimase immobile parecchie ore in questa posizione estremamente ridicola, per cui la sua pelle, disabituata al sole e bianca come quella di un verme, benche il sole fosse debole, si coloro di un rosso-aragosta. Verso sera ridiscese in direzione della caverna. Gia da lontanto vide il mucchio dei suoi vestiti. Durante gli ultimi metri si turo il naso e lo stappo di nuovo soltanto dopo averlo abbassato a contatto del mucchio. Provo ad annusare come aveva imparato da Baldini, inspiro l’aria in un colpo e la lascio uscire a tappe. Per trattenere l’odore, mise entrambe le mani a campana sopra i vestiti, e in essa affondo il naso come fosse un batacchio. Fece tutto il possibile per tirar fuori il proprio odore dai vestiti. Ma li il suo odore non c’era. Decisamente non c’era. C’erano mille altri odori. Odore di pietra, di sabbia, di muschio, di resina, di sangue di corvo… si percepiva ancora con chiarezza persino l’odore della salsiccia che aveva acquistato anni prima vicino a Sully. I vestiti contenevano un diario olfattorio degli ultimi anni sulla montagna. L’unica cosa che non contenevano era il suo odore personale, l’odore di colui che nel frattempo li aveva portati ininterrottamente.

Allora comincio a provare una certa ansia. Il sole era tramontato. Stava ritto, nudo, accanto all’ingresso del tunnel, nel cui fondo buio aveva vissuto per sette anni. Il vento soffiava gelido, e aveva freddo, ma non s’accorgeva d’aver freddo, perche in lui c’era il contrario del freddo, cioe la paura. Non era la stessa paura che aveva provato in sogno, quella paura atroce dell’essere-soffocato-da-se-stesso, che bisognava scuotersi di dosso a ogni costo a cui era riuscito a sfuggire. Cio che provava adesso era la paura di non conoscere bene se stesso. Era l’opposto dell’altra paura. A essa non poteva sfuggire, doveva invece affrontarla. Doveva sapere senza alcun dubbio — anche se questo riconoscimento era terribile — se possedeva un odore oppure no. E doveva saperlo immediatamente. Subito.

S’inoltro di nuovo nella galleria. Gia dopo pochi metri fu circondato dalla totale oscurita, ma si trovo a suo agio, come in piena luce. Aveva percorso la stessa via migliaia di volte, conosceva ogni passo e ogni curva, riconosceva all’odore ogni punta rocciosa pendente e ogni minima sporgenza di pietra. Trovare la via non era difficile. Difficile era lottare contro il ricordo del sogno claustrofobico, che saliva in lui sempre piu, come l’onda di una marea, man mano che procedeva. Tuttavia si faceva coraggio. O meglio, con la paura di non sapere combatteva la paura di sapere, e la superava, perche sapeva di non avere scelta. Quando giunse alla fine della galleria, la dove si ergeva il cumulo di detriti, entrambe le paure lo abbandonarono. Si sentiva tranquillo, la sua mente era del tutto lucida e il suo naso aguzzo come uno scalpello. Si accuccio a terra, copri gli occhi con le mani e annuso. In questo luogo, in questa tomba di pietra lontana dal mondo, aveva vissuto disteso per sette anni. Se un luogo al mondo poteva sapere di lui, doveva essere questo. Respiro lentamente. Verifico con attenzione. Si prese tempo per giudicare. Rimase accucciato per un quarto d’ora. Aveva una memoria infallibile e sapeva con certezza quello che aveva annusato sette anni prima nello stesso punto: odore di pietra e di frescura umida e salata, e cosi pura che nessun essere vivente, uomo o animale, poteva mai essere arrivato in quel luogo… Esattamente l’odore di adesso.

Rimase accucciato ancora per un poco, molto tranquillo, annuendo soltanto lievemente con il capo. Poi si giro e ando verso l’esterno, dapprima curvo, poi, quando l’altezza della galleria lo permise, in posizione eretta.

Fuori indosso i suoi stracci (le sue scarpe erano marcite gia da anni), si mise sulle spalle la coperta da cavallo e quella notte stessa abbandono il Plomb du Cantal, dirigendosi a sud.

30

Aveva un aspetto orribile. I capelli gli arrivavano fino alle ginocchia, la barba, pur se non folta, fino all’ombelico. Le sue unghie erano come artigli d’uccello, e sulle braccia e le gambe, dove gli stracci non arrivavano a coprire il corpo, la pelle gli cadeva a brandelli.

I primi uomini in cui s’imbatte, contadini in un campo vicino alla citta di Pierrefort, corsero via gridando, quando lo videro. Nella citta stessa invece fece sensazione. Le persone si radunarono a centinaia per fissarlo a bocca aperta. Piu d’uno lo prese per un galeotto fuggito. Molti dissero che non era un vero e proprio essere umano, bensi un misto tra un uomo e un orso, una sorta di creatura dei boschi. Uno, che un tempo era stato per mare, affermo che aveva l’aria di appartenere a una tribu selvaggia di indigeni della Caienna, che si trovava al di la del grande oceano. Lo condussero davanti al maire. La, con stupore dei presenti, egli esibi il suo diploma di garzone, apri la bocca, e con parole un po’ gorgoglianti — erano infatti le prime parole che pronunciava dopo una pausa di sette anni — ma ben comprensibili, racconto che durante il viaggio era stato sorpreso dai briganti, rapito e tenuto prigioniero in una caverna per sette anni. Durante questo periodo non aveva visto ne la luce del sole ne un essere umano, era stato nutrito mediante un cesto deposto nell’oscurita da una mano invisibile e infine liberato con una scala a pioli, senza sapere perche e senza aver mai visto i suoi rapitori o i suoi salvatori. Aveva escogitato questa storia perche gli sembrava piu credibile della verita, e in effetti lo era, dato che simili attacchi briganteschi non erano affatto rari nelle montagne dell’Auvergne, della Languedoc e nelle Cevenne. Comunque il maire la mise prontamente a verbale e riferi l’accaduto al marchese de la Taillade-Espinasse, feudatario della citta e membro del Parlamento a Tolosa.

Fin dai quarant’anni, il marchese aveva girato le spalle alla vita di corte di Versailles, si era ritirato nei suoi possedimenti e la aveva vissuto per le scienze. Dalla sua penna era uscita un’importante opera sull’economia nazionale dinamica, nella quale proponeva l’abolizione di tutte le imposte sulla proprieta terriera e sui prodotti agricoli, come pure l’introduzione di un’imposta sul reddito progressiva al contrario, che colpisse piu duramente i piu poveri, costringendoli in tal modo a sviluppare maggiormente le loro attivita economiche. Incoraggiato dal successo del libretto, redasse un trattato sull’educazione di giovanetti e giovanette in eta tra i cinque e i dieci anni, quindi si rivolse all’agricoltura sperimentale e tento di coltivare un prodotto ibrido animal-vegetale per ottenere il latte, una specie di fiore-mammella, trasferendo sperma di toro su diverse specie d’erba. Dopo alcuni successi iniziali, che lo misero in grado persino di produrre un formaggio fatto di latte erbaceo, il quale fu definito dall’Accademia Scientifica di Lione «di gusto caprino, anche se leggermente piu amaro», dovette sospendere i suoi tentativi a causa dei costi enormi dello sperma di toro sparso a ettolitri sui campi. Comunque, l’occuparsi di problemi biologico-agrari aveva destato il suo interesse non soltanto per la cosiddetta zolla di terra, bensi per la terra in generale e per il suo rapporto con la biosfera.

Aveva appena terminato i lavori pratici sul fiore che produceva latte, che si butto tutto con indomito slancio da scienziato in un grosso saggio sui nessi tra la vicinanza alla terra e l’energia vitale. Sosteneva la tesi che la vita potesse svilupparsi soltanto a una certa distanza dalla terra, poiche la terra stessa emanava di continuo un gas di putrefazione, un cosiddetto «fluidum letale», che paralizzava le energie vitali e prima o poi portava definitivamente alla morte. Per questo tutte le cose vive tendevano ad allontanarsi dalla terra con la crescita, cioe crescevano di la da essa e non dentro di essa; per questo protendevano verso il cielo le loro parti piu preziose: il grano la spiga, il fiore i suoi petali, l’uomo la testa; e sempre per questo, quando l’eta li incurvava e li piegava di nuovo verso terra, dovevano necessariamente soggiacere al gas letale, nel quale infine dopo la morte si trasformavano anch’essi mediante il processo di decomposizione.

Quando all’orecchio del marchese de la Taillade-Espinasse giunse la notizia che a Pierrefort avevano trovato un individuo che aveva dimorato per sette anni in una caverna — quindi totalmente circondato dalla terra, elemento di putrefazione — egli non stette piu nella pelle dall’entusiasmo, e ordino subito che portassero Grenouille nel suo laboratorio, dove lo sottopose a un’analisi minuziosa. Trovo la sua teoria confermata con la massima evidenza: il «fluidum letale» aveva gia colpito Grenouille al punto che il suo corpo di ventincinquenne manifestava chiaramente fenomeni di decadenza senile. Soltanto la circostanza — spiego Taillade-Espinasse — che a Grenouille durante la sua prigionia avessero somministrato cibo proveniente da piante lontane dalla terra, probabilmente pane e frutta, gli aveva impedito di morire. Ora il precedente stato di salute si poteva ripristinare soltanto espellendo radicalmente il «fluidum» mediante un apparecchio di ventilazione ad aria vitale escogitato da

Вы читаете Il profumo
Добавить отзыв
ВСЕ ОТЗЫВЫ О КНИГЕ В ИЗБРАННОЕ

0

Вы можете отметить интересные вам фрагменты текста, которые будут доступны по уникальной ссылке в адресной строке браузера.

Отметить Добавить цитату