a denti stretti, e quando esso cesso, resto fermo ancora un poco, rigido e teso con la mano contratta attorno alla clava quasi temendo che il rumore potesse tornare indietro da qualche punto come un’eco risonante. Ma non torno indietro, torno invece il silenzio nella stanza, un silenzio persino accresciuto, poiche adesso non c’era piu nemmeno il lieve fruscio del respiro della fanciulla. E subito la tensione di Grenouille (che forse si sarebbe potuta interpretare anche come un atteggiamento di profondo rispetto o come un autoimposto minuto di silenzio) si sciolse, e il suo corpo si rilasso e si ammorbidi.

Grenouille mise da parte la clava e si dedico con solerzia al suo lavoro. Per prima cosa spiego la pezza da profumare, la stese mollemente dal rovescio sul tavolo e sulle sedie e fece ben attenzione a non toccare la parte grassa. Poi alzo la coperta del letto. L’aroma meraviglioso della fanciulla, che sgorgo all’improvviso caldo e concentrato, non lo colpi in modo particolare. Lo conosceva gia, e soltanto dopo, quando fosse diventato veramente suo, l’avrebbe goduto, goduto fino a ubriacarsene. Ora si trattava di prenderne il piu possibile e di lasciarne sfuggire il meno possibile, era il momento in cui occorrevano concentrazione e velocita.

Con rapidi colpi di forbici taglio la camicia da notte di Laure, gliela tolse, afferro la pezza spalmata di grasso e la getto sul suo corpo nudo. Poi sollevo il corpo e lo fece passare sotto la parte pendente della pezza, che arrotolo come fa un panettiere con lo strudel; piego le parti terminali della pezza e avvolse tutto il corpo, dalle dita dei piedi fino alla fronte. Soltanto i capelli spuntavano da quella fasciatura da mummia. Li taglio rasente alla pelle della testa e li avvolse nella camicia da notte, che annodo come un fagotto. Da ultimo copri il cranio rasato con un pezzo di tela che aveva tenuto da parte, liscio con le mani il bordo sovrapposto alla testa e picchietto per farlo aderire con leggeri colpetti delle dita. Esamino l’involucro da cima a fondo. Non c’era piu una fessura, non un forellino, non una minima piega da cui potesse sfuggire l’aroma della fanciulla. Era imballata alla perfezione. Non restava altro che aspettare, sei ore, fino alle prime luci dell’alba.

Prese la poltroncina su cui erano stesi i vestiti di Laure, la porto vicino al letto e si sedette. Nell’ampia veste nera aleggiava ancora l’effluvio delicato del profumo della ragazza misto all’odore dei pasticcini all’anice che aveva messo in tasca come provvista per il viaggio. Appoggio i piedi sul bordo del letto, accanto ai piedi di Laure, si copri con la veste nera di lei e mangio i pasticcini all’anice. Era stanco. Ma non voleva dormire, perche non era decoroso dormire durante il lavoro, anche se il lavoro consisteva soltanto nell’attendere. Ricordo le notti passate a distillare nel laboratorio di Baldini: l’alambicco annerito dalla fuliggine, la fiamma tremolante, il lieve rumore come di sputo con cui il distillato colava a gocce dal tubo di raffreddamento nella bottiglia fiorentina. Di tanto in tanto era stato necessario sorvegliare il fuoco, aggiungere altra acqua per distillare, cambiare la bottiglia fiorentina, sostituire il prodotto da distillare ormai esaurito. E tuttavia gli era sempre sembrato che si dovesse vegliare non soltanto per sbrigare le operazioni che di volta in volta si rendevano necessarie, ma che la veglia fosse importante di per se. Anche li in quella stanza — dove il procedimento dell’enfleurage si compiva in modo totalmente autonomo, anzi, dove esaminare, rivoltare e toccare il pacco odoroso avrebbe potuto addirittura nuocere al processo — anche li Grenouille aveva l’impressione che la sua presenza vigile fosse importante. Il sonno avrebbe potuto mettere in pericolo il buon esito dell’operazione.

Del resto non faceva fatica a vegliare e ad aspettare, nonostante la sua stanchezza. Questa attesa gli piaceva. Gli era piaciuta anche con le altre ventiquattro fanciulle, perche non era un’attesa passiva e ottusa, ne un’attesa cocente e febbrile, bensi un’attesa partecipante, ricca di significato, in un certo modo attiva. Si realizzava qualcosa durante quest’attesa. Si realizzava l’essenziale. E anche se non era lui ad agire, esso si realizzava per suo tramite. Aveva dato il meglio di se. Aveva impiegato tutta la sua abilita. Non un particolare gli era sfuggito. L’opera era unica nel suo genere. Sarebbe stata coronata dal successo… doveva attendere ancora qualche ora. Lo appagava profondamente, quest’attesa. In vita sua non si era mai sentito cosi bene, cosi tranquillo, cosi equilibrato, cosi tutt’uno con se stesso — neppure quand’era stato sulla sua montagna — come in queste ore di pausa del lavoro, quando a notte fonda sedeva accanto alle sue vittime e aspettava vegliando. Erano gli unici momenti in cui il suo cervello malinconico formulava pensieri quasi lieti.

Stranamente questi pensieri non erano rivolti al futuro. Non pensava al profumo che avrebbe raccolto fra qualche ora, non al profumo fatto dell’aura di venticinque fanciulle, non a progetti futuri, alla felicita e al successo. No, pensava al suo passato. Ricordava le tappe della sua vita, dalla casa di Madame Gaillard con davanti la catasta di legna calda e umida fino al suo viaggio di quel giorno nel piccolo villaggio di La Napoule, odoroso di pesce. Ripenso al conciatore Grimal, a Giuseppe Baldini, al marchese de la Taillade-Espinasse. Ripenso alla citta di Parigi, alle sue esalazioni cattive fatte di mille odori, ripenso alla fanciulla dai capelli rossi in Rue des Marais, alla campagna aperta, alla brezza leggera, ai boschi. Ripenso anche alla montagna dell’Auvergne — non volle evitare questo pensiero — alla sua caverna, all’aria priva di odore umano. Ripenso anche ai suoi sogni. E ripenso a tutte queste cose col massimo piacere. Si, ricordando il passato gli sembrava di essere un uomo particolarmente favorito dalla fortuna, e che il suo destino l’avesse guidato per vie molto tortuose, ma alla fin fine giuste… come sarebbe stato possibile altrimenti che lui fosse arrivato fin li, in quella stanza buia, alla meta dei suoi desideri? Se ci rifletteva fino in fondo, era davvero un individuo toccato dalla grazia.

Si senti sopraffatto da commozione, umilta e gratitudine. «Ti ringrazio», disse a bassa voce, «ti ringrazio, Jean Baptiste Grenouille, di essere come sei!» A tal punto era preso da se stesso.

Quindi abbasso le palpebre, non per dormire, ma per dedicarsi tutto alla pace di quella Notte Sacra. La pace gli riempiva il cuore. Ma gli sembrava che regnasse anche tutt’attorno. Annuso il sonno pacifico della cameriera nella stanza accanto, il sonno profondamente soddisfatto di Antoine Richis dall’altra parte del corridoio, annuso il sonno quieto e leggero del locandiere e dei servi, dei cani, delle bestie nella stalla, di tutto il luogo e del mare. Il vento era calato. Ovunque c’era silenzio. Nulla turbava la pace.

Una volta piego il piede di lato e tocco appena il piede di Laure. Non proprio il suo piede, bensi la pezza che lo avvolgeva, con lo strato sottile di grasso dall’altra parte che si stava impregnando del profumo di lei, quel profumo squisito, il profumo di Grenouille.

46

Quando gli uccelli cominciarono a cantare — cioe ancora molto prima dell’inizio dell’alba — si alzo e termino il suo lavoro. Fece srotolare la pezza e la tiro via come un cerotto dal corpo della morta. Il grasso si staccava bene dalla pelle. Soltanto sui rilievi rimase attaccato qualche residuo che dovette togliere con la spatola. Gli altri resti di pomata li tolse con la maglietta di Laure, con cui alla fine sfrego ancora tutto il corpo da capo a piedi, cosi a fondo che persino il grasso dei pori si stacco dalla pelle in piccoli grumi, portando con se gli ultimi filamenti e frammenti di profumo. Soltanto ora per lui Laure era davvero morta, avvizzita, scialba e flaccida come gli scarti dei fiori.

Getto la maglietta di Laure dentro la grande pezza per l’enfleurage, nella quale soltanto avrebbe continuato a vivere, vi aggiunse la camicia da notte con i capelli e avvolse il tutto strettamente formando un pacchettino compatto, che mise sotto il braccio. Non si dette neppure la pena di ricoprire il cadavere sul letto. E, sebbene il nero della notte si fosse gia trasformato nel grigio-blu dell’alba e gli oggetti della stanza cominciassero a prendere forma, non diede neppure un’occhiata al letto, per vedere la ragazza, almeno una volta in vita sua, con gli occhi. La sua persona non lo interessava. Per lui Laure non esisteva piu come corpo, bensi soltanto come profumo privo di corpo. Ed era questo che teneva sotto il braccio e che porto con se.

Si isso pian piano sul davanzale della finestra e scese dalla scala a pioli. Fuori si era levato il vento, e il cielo si schiariva e riversava sulla campagna una luce fredda color azzurro scuro.

Mezz’ora dopo la serva accese il fuoco in cucina: quando usci di casa per prendere la legna, vide la scala appoggiata alla finestra, ma era ancora troppo assonnata per riuscire a spiegarselo. Poco dopo le sei si levo il sole. Si levo dal mare, enorme e rosso-oro tra le due isole Lerins. In cielo non c’era una nuvola. Era l’alba di uno splendido giorno di primavera.

Richis, che aveva la stanza rivolta a ovest, si sveglio alle sette. Per la prima volta da mesi aveva dormito in modo davvero splendido, e contrariamente al suo solito rimase a letto ancora un quarto d’ora, si stiracchio e sospiro di piacere e ascolto il gradevole rumore che saliva dalla cucina. Poi, quando si alzo e spalanco la finestra e vide il bel tempo fuori e inspiro l’aria fresca e frizzante del mattino e udi il rumore della risacca, il suo buon umore non ebbe piu limiti: sporse in fuori le labbra e fischio un’allegra melodia.

Mentre si vestiva continuo a fischiare, e fischiava ancora quando lascio la stanza e attraverso il corridoio con passo leggero fino alla porta della camera di sua figlia. Busso. Busso di nuovo, molto piano, per non svegliarla

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