«Suppongo che desiderasse un posto in cui sentirsi a casa.»

«E tu sei morto, Albert?»

«Io? Sembro forse morto?» il vecchio sbuffo quando Morty comincio a scrutarlo con una lenta e critica occhiata «e adesso puoi anche farla finita. Io sono vivo quanto te. Forse anche di piu.»

«Scusami.»

«Lascia stare.» Albert apri la porta sul retro e si volto per guardare Morty nel modo piu gentile che riuscisse a realizzare.

«E meglio non porre troppe domande» aggiunse «la gente si sente imbarazzata. Adesso che ne dici di un bel pasticcio di avanzi fritti?»

Il campanello suono mentre loro stavano giocando a domino. Morty balzo sull’attenti.

«Vorra che le venga preparato il cavallo» disse Albert. «Seguimi.»

Uscirono entrambi e si diressero verso la scuderia mentre il tramonto incombeva e Morty osservo il vecchio che sellava il cavallo della Morte.

«Si chiama Binky» disse Albert mentre stringeva il sottopancia. «Sta solo a dimostrare che non puoi mai essere certo di nulla.»

Binky cerco di mordergli la sciarpa in modo affettuoso.

Morty ricordo l’incisione in legno dell’almanacco di sua nonna, tra la pagina dedicata ai periodi di semina e la sezione delle fasi lunari, che mostrava la Morte, La Grande Livellatrice che Viene per Tutti gli Uomini. L’aveva guardata per centinaia di volte mentre stava imparando a leggere. Non sarebbe stata solenne nemmeno la meta, se fosse stato universalmente risaputo che il cavallo sputafuoco che montava lo spettro si chiamava Binky.

«Io avrei studiato qualcosa come Zanna oppure Sciabola o Ebano» continuo a dire Albert «ma la padrona vuole concedersi i suoi ghiribizzi, sai. Non vedi l’ora di partire, eh?»

«Penso di si» rispose Morty con aria incerta. «Non ho mai visto la Morte effettivamente all’opera.»

«Non e successo a molti» disse Albert. «Certamente poi, non due volte.»

Morty trasse un profondo respiro.

«E riguardo a quella sua figlia…» comincio a dire.

«AH. BUONA SERA, ALBERT, RAGAZZO.»

«Morty» disse automaticamente Morty.

La Morte avanzo impettita nella scuderia, abbassandosi leggermente per evitare di sbattere contro il soffitto. Albert fece un cenno col capo, non in maniera sottomessa, noto Morty, ma semplicemente con atteggiamento informale. Morty aveva conosciuto un paio di servi, nelle rare occasioni in cui era stato portato in paese, e Albert non assomigliava affatto a nessuno dei due. Sembrava agire come se la casa appartenesse in effetti a lui e la proprietaria fosse soltanto un ospite di passaggio, qualcosa che si deve tollerare come l’intonaco che si stacca e i ragni nel gabinetto. La Morte sembrava sopportare pazientemente questo atteggiamento, come se lei e Albert avessero discusso tutto quello di cui c’era bisogno di discutere gia molto tempo prima e fossero semplicemente soddisfatti, adesso, di portare avanti i propri lavori creandosi il minimo possibile di incomodo reciproco. A Morty sembrava quasi di stare facendo una passeggiata dopo una terribile tempesta… tutto era molto fresco, nulla particolarmente sgradevole, tuttavia si percepiva una sensazione di immense energie che erano appena state spese.

Il pensiero di scoprire qualcosa su Albert ando ad inserirsi alla fine della sua lista delle cose da fare.

«TIENI QUESTA» disse la Morte e gli mise in mano una falce, mentre saliva con un balzo su Binky. La falce sembrava quasi normale, eccetto che per la lama: essa era tanto sottile che Morty ci poteva vedere attraverso, un pallido bagliore azzurrognolo nell’aria che era in grado di tagliare la fiamma e mozzare il suono. La tenne con grande cautela.

«BENE, RAGAZZO» disse la Morte. «SALTA SU. ALBERT, NON CI ASPETTARE ALZATO.»

Il cavallo usci al trotto dal cortile per balzare nel cielo.

Ci sarebbe dovuto essere un lampo oppure un affollamento di stelle. L’aria si sarebbe dovuta sollevare in spirali e trasformarsi in scintille acceleranti come succede normalmente nei comuni iperbalzi transdimensionali di ogni giorno. Ma quella era la Morte, che dominava l’arte di andare in ogni luogo senza ostentazione e poteva scivolare fra le diverse dimensioni con la stessa facilita con la quale poteva passare attraverso una porta chiusa ed essi si mossero quindi, ad un galoppo tranquillo, attraverso canyon di nuvole e oltre montagne ondeggianti di cumuli, finche esse non si aprirono di fronte a loro e apparve il Disco, sotto, che si crogiolava al sole.

«QUESTO E IL MOTIVO PER CUI IL TEMPO E RELATIVO» disse la Morte quando Morty lo indico col dito. «NON E REALMENTE IMPORTANTE.»

«Ho sempre pensato che lo fosse.»

«LA GENTE PENSA CHE LO SIA SOLTANTO PERCHE LO HA INVENTATO» disse la Morte con tono serio. Morty ritenne che l’affermazione fosse alquanto trita, ma decise di non mettersi a discutere.

«E adesso che cosa faremo?» chiese.

«C’E UNA PROMETTENTE GUERRA IN KLATCHISTAN» disse la Morte. «SCOPPI DI PARECCHIE EPIDEMIE, UN ASSASSINIO PIUTTOSTO IMPORTANTE, SE PREFERISCI.»

«Come, un omicidio?»

«GIA, DI UN RE.»

«Oh, i re» disse Morty mettendo da parte la questione. Conosceva i re. Una volta all’anno arrivava a Sheepridge una compagnia di attori girovaghi, o almeno ambulanti, e le commedie che recitavano riguardavano invariabilmente dei re. I re si uccidevano sempre l’un l’altro, oppure venivano uccisi. Le trame erano alquanto complicate e comprendevano false identita, veleni, battaglie, figli perduti da lungo tempo, fantasmi, streghe e, di solito, una marea di pugnali. Dato che risultava chiarissimo che essere un re non era affatto una scampagnata era davvero sorprendente che meta degli attori tentassero visibilmente di diventarlo. Il concetto di Morty della vita di palazzo era leggermente confuso, ma si immaginava che nessuno vi potesse dormire sonni tranquilli.

«Mi piacerebbe abbastanza vedere un re vero» disse. «Hanno sempre in testa la corona, diceva mia nonna. Perfino quando vanno al gabinetto.»

La Morte riflette seriamente su questo punto.

«NON ESISTE ALCUN MOTIVO TECNICO PER CUI NON DOVREBBERO» ammise. «TUTTAVIA, PER QUANTO RIGUARDA LA MIA ESPERIENZA PERSONALE, GENERALMENTE NON SUCCEDE.»

Il cavallo turbino su se stesso e la vasta scacchiera pianeggiante della pianura di Sto accelero sotto di essi alla velocita del lampo. Era un paese ricco, pieno di limo, di campi di cavoli e di minuti e lindi regni i cui confini si contorcevano come serpenti mentre piccole guerre formali, patti matrimoniali, complesse alleanze e l’occasionale morso della sciatta cartografia cambiavano la sagoma politica del territorio.

«Questo re» chiese Morty mentre una foresta sfrecciava sotto di loro «e buono o cattivo?»

«NON MI PREOCCUPO MAI DI QUESTE COSE» disse la Morte. «NON E PEGGIORE DI QUALSIASI ALTRO RE, ALMENO LO IMMAGINO.»

«Ha condannato a morte delle persone?» domando Morty e, ricordando poi con chi stava parlando, aggiunse «esclusi i presenti, ovviamente.»

«A VOLTE. CI SONO DELLE COSE CHE DEVI NECESSARIAMENTE FARE, QUANDO SEI UN RE.»

Una citta scivolo sotto di loro, ammassata attorno ad un castello costruito su un affioramento roccioso che spuntava dalla pianura come una pustola geologica. Era una delle grandi rocce delle distanti montagne Ramtop, spiego la Morte, lasciata li dai ghiacci in ritirata nei giorni leggendari in cui i Giganti dei Ghiacci avevano mosso guerra agli Dei e avevano spinto i loro ghiacciai attraverso il territorio nel tentativo di congelare l’intero mondo. Alla fine avevano comunque lasciato perdere, e avevano riportato le loro mandrie luccicanti nelle terre nascoste fra le montagne dai crinali affilati come rasoi vicini al Centro. Nessuno, nelle pianure, aveva mai saputo perche lo avessero fatto: la generazione dei giovani della citta di Sto Lat, quella che si trovava attorno alla roccia, sosteneva all’unanimita che fosse successo in quanto quel posto era mortalmente noioso.

Binky trotto verso il basso sul nulla e atterro sul lastricato della torre piu alta del castello. La Morte smonto e disse a Morty di tirare fuori il sacco del foraggio.

«La gente non notera che c’e un cavallo quassu?» chiese, mentre si dirigevano verso una rampa di scale.

La Morte scosse la testa.

«TU CREDERESTI ALLA POSSIBILITA CHE CI SIA UN CAVALLO IN CIMA A QUESTA TORRE?» domando.

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