sarei stato avvisato.»

«Gia» disse il ladro, che cominciava ad averne le tasche piene. «Gia, be’, lo sei stato, non ti pare? Grande pezzo di sterco fumante di elefante!»

Morty era appena indietreggiato ancora una volta. Attraverso una parete.

Il capo ladro aveva fissato la solida pietra che aveva inghiottito Morty e quindi aveva gettato a terra il proprio coltello.

«Benone, che io… … …» disse. «Un … … … ssimo stregone. Io odio i … … …issimi stregoni!»

«Non dovresti … … …li, allora» bofonchio uno dei suoi scagnozzi, pronunciando senza alcuno sforzo una sequela di bestemmie.

Il terzo membro del trio, che era un po’ lento di comprendonio, disse: «Ehi, e passato attraverso il muro!»

«E noi lo seguiremo in eterno, vero?» mormoro il secondo. «Hai proprio ragione, Pilgarlic. Io avevo detto che pensavo fosse un mago, soltanto che i maghi non passeggerebbero mai da queste parti da soli. Non ho forse detto che sembrava un mago? Ho detto…»

«Stai dicendo decisamente troppe cose» latro il capo.

«Ma io l’ho visto, e passato proprio attraverso questo muro…»

«Oh, davvero?»

«Gia!»

«Proprio attraverso, non l’hai visto?»

«Pensi di essere aguzzo, eh?»

«Abbastanza, in questi casi!»

Il capo tiro su il coltello da terra con un movimento repentino.

«Aguzzo quanto questo?»

Il terzo ladro balzo verso il muro e gli assesto qualche calcio con violenza, mentre dietro di lui si sentivano provenire dei rumori di tafferuglio e qualche umido gorgoglio.

«Ehi, il muro e assolutamente normale» disse. «E un muro fatto a regola d’arte se mai ne ho visto uno. Come pensate che riescano a farlo, ragazzi?»

«Ragazzi?»

Inciampo sui due corpi stesi a terra.

«Oh» disse. Per quanto lenta fosse la sua mente era tuttavia sufficientemente veloce da permettergli di rendersi conto di qualcosa di molto importante. Si trovava in un vicolo appartato delle Tenebre ed era da solo. Scappo via per salvarsi la vita e fece un bel po’ di strada.

La Morte camminava lentamente attraverso le piastrelle della sala delle vite, ispezionando la serie di file di affannate clessidre. Albert la seguiva obbediente tenendo un grande libro aperto fra le braccia.

Il suono rombava attorno a loro, una immensa cascata di rumore grigio.

Proveniva dagli scaffali su cui, allungandosi a una distanza infinita, una fila dopo l’altra di clessidre riversavano la sabbia del tempo mortale. Era un suono pesante, un suono profondo, un suono che colava come cupa crema sul brillante strudel dell’anima.

«BENISSIMO» disse alla fine la Morte. «CE NE SONO TRE. UNA NOTTE TRANQUILLA.»

«Cioe Goodie Hamstring, un’altra volta l’Abate Lobsang e la Principessa Keli» disse Albert.

La Morte guardo le tre clessidre che teneva in mano.

«STAVO QUASI PENSANDO DI INVIARE IL RAGAZZO DA SOLO» disse.

Albert consulto il suo librone.

«Be’, Goodie non dovrebbe creare problemi e l’Abate e quello che potremmo definire un uomo con una discreta esperienza in materia» disse. «Peccato per la principessa. Soltanto quindici anni. Potrebbe essere una cosa delicata.»

«E VERO. E UN PECCATO.»

«Padrona?»

La Morte rimaneva in piedi con la terza clessidra in mano, fissando pensosamente il gioco di luci sulla sua superficie. Sospiro.

«UNA COSI GIOVANE…»

«Si sente bene, padrona?» chiese Albert con voce molto preoccupata.

«IL TEMPO, COME UN FIUME CHE SCORRE PERENNEMENTE, SOPPORTA TUTTO QUESTO…»

«Padrona!»

«COSA?» chiese la Morte uscendo dallo stato di malinconia.

«Ha un po’ esagerato ultimamente, padrona, ecco di che si tratta…»

«DI CHE VAI BLATERANDO, UOMO?»

«Ha uno strano atteggiamento, padrona.»

«SCIOCCHEZZE. NON MI SONO MAI SENTITA MEGLIO. ADESSO, DI CHE STAVAMO PARLANDO?»

Albert alzo le spalle e sbircio le voci sul librone.

«Goodie e una strega» disse. «Si potrebbe irritare un po’ se lei inviasse Morty.»

Tutti i praticanti di arti magiche avevano il diritto, nel momento in cui la loro sabbia fosse terminata, di essere visitati dalla Morte in persona, piuttosto che da un suo qualche impiegato di second’ordine.

Sembro che la Morte non avesse nemmeno sentito quello che aveva detto Albert. Stava fissando nuovamente la clessidra della principessa Keli.

«CHE COS’E QUELLA SENSAZIONE DI MALINCONICO RAMMARICO CHE SI PROVA ALL’INTERNO DELLA TESTA PER IL FATTO CHE LE COSE STANNO NEL MODO IN CUI SEMBRANO STARE?»

«Tristezza, padrona. Almeno penso. Adesso…»

«IO SONO TRISTEZZA.»

Albert rimase in piedi a bocca aperta. Alla fine riusci a riprendersi tanto da essere in grado di farfugliare «Padrona, stavamo parlando di Morty!»

«MORTY CHI?»

«Il suo apprendista, padrona» disse pazientemente Albert. «Quel giovanotto alto.»

«CERTO. BENE, MANDEREMO LUI.»

«E gia pronto per andare da solo, padrona?» chiese Albert con aria dubbiosa.

La Morte riflette. «CE LA PUO FARE» rispose alla fine. «E UN TIPO SVEGLIO, IMPARA VELOCEMENTE E POI» aggiunse «LE PERSONE NON POSSONO PRETENDERE CHE IO CORRA LORO DIETRO PER TUTTO IL TEMPO.»

Morty fisso con sguardo vacuo le tende di velluto che si trovavano a pochi centimetri dai suoi occhi.

'Sono passato attraverso un muro' penso. 'Ed e impossibile.'

Sposto di lato, con grande circospezione, le tende in modo da vedere se ci fosse una porta nascosta da qualche parte, ma non c’era nulla oltre l’intonaco grumoso che si era staccato in determinati punti per mettere a nudo dei mattoni ammuffiti, ma inequivocabilmente solidi.

Lui spinse, tanto per provare. Era abbastanza evidente che non sarebbe stato in grado di uscire di nuovo da quella parte.

«Benissimo» disse alla parete. «E adesso?»

Una voce dietro di lui disse: «Ehm. Scusi?»

Lui si volto lentamente.

Raggruppati attorno alla tavola che si trovava al centro della stanza, c’era una famiglia di Klatchiani formata da padre, madre, una mezza dozzina di bambini di dimensione decrescente. Otto paia di occhi spalancati erano fissati su di lui. Un nono paio, appartenente a un nonno anziano di sesso indefinibile, non lo erano, in quanto il loro proprietario aveva colto l’occasione dell’interruzione per portar via una bella porzione dalla ciotola comune di riso, ritenendo che un pesce bollito in mano valesse piu di una qualsiasi quantita di manifestazioni inspiegabili e il silenzio venne sottolineato dal rumore di una robusta masticazione.

In un angolo della stanza affollata c’era un tempietto ad Offler di Klatch, il Dio Coccodrillo dalle sei zampe.

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