Bentagliato digrigno i denti. «Ehm. No» disse. «Non esattamente. A dire il vero assolutamente no.»

Lui sapeva perfettamente che cosa lei avrebbe detto dopo ed ecco che la frase arrivo, puntuale come il tramonto, in una voce tinta dal divertimento e dal fascino.

«Oh! E proprio vero che ai maghi non e permesso di…»

«Be’, se e tutto io dovrei davvero andare» disse Bentagliato a voce alta. «Se qualcuno dovesse desiderarmi, basta che segua le esplosioni. Io… gnnnnhhh!»

Keli era uscita dallo spogliatoio.

Ora, i vestiti femminili non interessavano particolarmente Bentagliato… a dire il vero, di solito, quando pensava alle donne, le sue raffigurazioni mentali raramente includevano la presenza di vestiti… tuttavia la vista che aveva davanti riusci veramente a mozzargli il fiato. Chiunque avesse ideato quell’abito non aveva saputo quando fermarsi. Avevano messo dei pizzi sopra la seta e li avevano bordati con vermino nero e avevano applicato perle in ogni punto che sembrasse vuoto, avevano anche arricciato e inamidato le maniche e poi vi avevano aggiunto filigrana argentata e avevano ricominciato da capo con la seta.

Era davvero stupefacente che cosa potesse venire realizzato con qualche chilo di metallo pesante, qualche irritazione di mollusco, un po’ di roditori morti e una immensa quantita di filo che veniva fuori dal sedere degli insetti. L’abito non era tanto indossato quanto occupato: se le balze che sporgevano verso l’esterno non erano sorrette da qualche rotella, allora Keli doveva essere ben piu forte di quanto lui non avesse immaginato.

«Che ne pensi?» somando lei girandosi lentamente. «E stato indossato da mia madre, da mia nonna e da sua madre.»

«Come, tutte insieme?» disse Bentagliato, abbastanza pronto a crederlo. 'Come e potuta entrare li dentro?' si stava intanto domandando. 'Deve esserci una porticina sul dietro…'

«Fa parte della eredita di famiglia. Sul corpetto ci sono diamanti veri.»

«Quale e il corpetto?»

«Questo pezzo qui.»

Bentagliato rabbrividi. «E molto imponente» disse quando pote darsi il permesso di parlare. «Non pensi, tuttavia, che sia un po’ troppo maturo

«E regale.»

«Gia, ma forse non ti permettera di muoverti molto velocemente.»

«Non ho alcuna intenzione di correre. Deve esserci dignita.» Ancora una volta la determinazione delle sue mascelle traccio la linea di discendenza fino ad arrivare al suo vecchio antenato conquistatore, che aveva preferito muoversi sempre molto velocemente e che conosceva tanto della dignita, quanto poteva essere portato sulla punta di una affilata spada.

Bentagliato allargo le braccia.

«D’accordo» disse. «Va bene. Faremo tutto il possibile. Spero soltanto che Morty venga con qualche buona idea.»

«E difficile riporre della fiducia in un fantasma» disse Keli. «Cammina attraverso le pareti!»

«Ci ho pensato anche io» confermo Bentagliato. «E un mistero, no? Cammina attraverso le cose soltanto quando non sa di stare facendolo. Penso che sia un difetto di fabbricazione.»

«Cosa?»

«Ne ero quasi certo, la notte scorsa. Lui sta diventando reale.»

«Ma siamo tutti reali! Almeno tu lo sei e suppongo di esserlo anche io.»

«Ma lui sta diventando piu reale. Estremamente reale. Quasi reale quanto la Morte e non si diventa piu reali. Assolutamente non molto piu reali di cosi.»

«Ne sei certa?» chiese Albert, con espressione sospettosa.

«Certamente» disse Ysabell. «Calcolali da solo se preferisci. Albert guardo nuovamente il grosso libro, il suo volto era il ritratto stesso della perplessita.»

«Be’, potrebbero anche essere giusti» ammise con scarsa grazia e copio i due nomi su un pezzo di carta. «Comunque c’e un modo per scoprirlo.»

Apri il cassetto superiore della scrivania della Morte e tiro fuori un grosso anello portachiavi di ferro. C’era un’unica chiave.

«ADESSO CHE SUCCEDE?» disse Morty.

«Dobbiamo andare a prendere le clessidre» rispose Albert. «Devi venire con me.»

«Morty!» sibilo Ysabell.

«Che c’e?»

«Quello che hai appena detto…» Lei piombo in silenzio e poi aggiunse: «Oh, niente. Soltanto che suonava strano…»

«Ho soltanto chiesto che cosa deve succedere adesso» disse Morty.

«Si, ma… oh, non preoccuparti.»

Albert passo oltre di loro e scivolo lungo il corridoio come un ragno a due gambe finche non raggiunse la porta che veniva sempre tenuta chiusa a chiave. La chiave calzava perfettamente. La porta si apri. Non si senti nemmeno il minimo cigolio dai cardini, soltanto un soffio di silenzio piu intenso.

E il fragore della sabbia.

Morty e Ysabell rimasero in piedi sull’arco della porta, ammutoliti, mentre Albert avanzava attraverso i corridoi pieni di clessidre. Il suono non entrava nel corpo soltanto attraverso le orecchie, vi arrivava anche passando per le gambe fino ad arrivare al cranio e riempiva il cervello finche quello non riusciva a pensare ad altro oltre che al frusciante, sibilante e cupo rumore, il suono di milioni di vite che si stavano vivendo. E stavano correndo verso la loro inevitabile destinazione.

Sollevarono lo sguardo sulle infinite scansie di clessidre, ognuna differente, ognuna con un nome. La luce che proveniva dalle torce si diffondeva dalle pareti cogliendone la parte illuminata cosi che su ogni pezzo di vetro brillava una stella. Le pareti piu lontane della stanza si perdevano in una galassia di luce.

Morty senti le dita di Ysabell stringerglisi su un braccio. Quando la ragazza parlo aveva una voce sforzata.

«Morty alcune di esse sono cosi piccole.»

«LO SO.»

La presa di lei si allento, molto delicatamente, come quando uno appoggia l’asso finale su un castello di carte e ritira la mano con grande attenzione in modo da non distruggere l’intero edificio.

«Ripetilo un po’?» disse con voce pacata.

«Ho detto che lo so. Io non ci posso fare nulla. Non eri mai stata qui dentro, prima?»

«No.» Lei era indietreggiata leggermente e stava fissando gli occhi di lui.

«Non e un posto peggiore della biblioteca» disse Morty e, in fondo, ci credeva. Tuttavia nella biblioteca potevi leggere, qui invece vedevi accadere le cose.

«Perche mi stai fissando in quel modo?» aggiunse.

«Stavo soltanto cercando di ricordare di che colore hai gli occhi» rispose lei «perche…»

«Se voi due avete finito!» latro Albert al di sopra del fragore della sabbia. «Da questa parte!»

«Marroni» disse Morty a Ysabell. «Sono marroni, perche?»

«Sbrigatevi!»

«Farai meglio ad andare ad aiutarlo» disse Ysabell. «Sembra che si stia agitando molto.»

Morty la lascio, la sua mente era improvvisamente diventata una palude di disagio, e cammino impettito sul pavimento piastrellato fino al punto in cui Albert stava battendo un piede a terra tradendo una certa impazienza.

«Che devo fare?» chiese.

«Seguimi e basta.»

La stanza si apri in una serie di passaggi, ognuno carico di file di clessidre. Qui e li le scansie erano inframmezzate da pilastri di pietra su cui erano incisi segni angolari. Albert getto ad essi qualche occhiata occasionale: principalmente, pero, avanzo lungo il labirinto di sabbia come se ne conoscesse a memoria ogni svolta.

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