non era precisamente quanto gli sarebbe piaciuto e tendeva a cascargli sopra un occhio, sulle ventitre, tuttavia era nero e aveva sopra stelle e lune che dichiaravano che il suo proprietario era, senza la minima ombra di dubbio, un mago, anche se, magari, un mago alquanto disperato.
Si senti vestito in maniera adeguata per la prima volta da duemila anni. Era una sensazione sconcertante e lo obbligo a riflettere per qualche secondo prima di scalciare da una parte il tappetino che aveva accanto al letto e di usare il bastone per tracciare un cerchio sul pavimento.
Dove la punta del bastone passava, lasciava una linea di brillante ottarino, l’ottavo colore dello spettro, il colore della magia, il pigmento dell’immaginazione.
Egli segno otto punti sulla sua circonferenza e li uni per formare un ottogramma. Un cupo pulsare comincio a riempire la stanza.
Alberto Malich si pose al centro del cerchio e brandi il bastone sopra la testa, senti il solletichio del potere dormiente che si risvegliava lentamente ed in maniera determinata, come una tigre che cammina con passo felpato. Esso innesco vecchi ricordi di potenza e di magia che si misero a ronzare attraverso gli attici carichi di ragnatele della sua mente. Si senti vivo per la prima volta da secoli.
Si passo la lingua sulle labbra. Il rumore pulsante si era dissolto, lasciando uno strano tipo di silenzio di attesa.
Malich sollevo la testa e grido una singola sillaba.
Una fiamma blu e verdastra si sprigiono dalle due estremita del bastone. Vampate di fiamme color ottarino si sollevarono dagli otto punti fissati sull’ottogramma e avvilupparono il mago. Tutto cio non era assolutamente necessario per la realizzazione dell’incantesimo, ma i maghi ritenevano che le apparenze avessero sempre una certa importanza…
E cosi valeva anche per le sparizioni. Egli scomparve.
Venti stratoemisferici frustavano il mantello di Morty.
«Dove dobbiamo andare prima?» gli strillo Ysabell in un orecchio.
«Bes Pelargic!» grido Morty, mentre la burrasca faceva turbinare via le sue parole.
«Dove sta?»
«Impero Agateo! Continente Contrappeso!»
Indico verso il basso.
Non stava ancora forzando Binky, al momento, sapendo quante miglia avessero ancora da percorrere, e il grosso e bianco cavallo stava attualmente correndo ad un galoppo leggero al di sopra dell’oceano. Ysabell guardo giu sulle onde verdi e roboanti con le creste imbiancate di spuma e si strinse piu forte a Morty.
Morty cerco di scrutare oltre il banco di nuvole che contraddistingueva il distante continente e resistette all’urgenza di spronare Binky col piatto della spada. Non aveva mai colpito il cavallo e non era completamente sicuro di che cosa sarebbe successo qualora ci avesse provato. Tutto cio che poteva fare era attendere.
Gli apparve una mano, da sotto un braccio, che teneva un tramezzino.
«Ce ne sono col prosciutto oppure con formaggio e mostarda» disse lei. «Potresti anche mangiare, tanto non si puo fare niente altro.»
Morty getto un’occhiata al triangolo di pane ripieno e cerco di pensare quando fosse stata l’ultima volta che aveva mangiato. Sicuramente doveva avere superato il periodo di tempo a portata di un orologio… non aveva bisogno di un registro per calcolarlo. Prese il tramezzino.
«Grazie» disse, nel modo piu gentile che riusci ad esprimere.
Il piccolo sole rotolava giu verso l’orizzonte, trascinandosi dietro la pigra luce del giorno. Le nuvole davanti a loro si infittivano e risultavano profilate di rosa e arancione. Dopo qualche tempo, Morty riusci a distinguere la foschia piu scura della terra sotto di loro che presentava, qui e li, le luci di una citta.
Mezz’ora dopo era certo di riuscire a vedere i singoli edifici. L’architettura Agatea era incline ad usare tozze piramidi.
Binky scese un po’ di quota finche i suoi zoccoli si trovarono pochi metri al di sopra del mare. Morty esamino nuovamente la clessidra e, con delicatezza, tiro le redini per dirigere il cavallo verso il porto che si trovava leggermente piu in direzione del Rim rispetto alla loro attuale rotta.
C’erano poche navi all’ancora, nella maggior parte dei casi si trattava di mercantili da costa dotati di una singola vela. L’Impero non aveva incoraggiato i suoi sudditi ad allontanarsi troppo, per paura che essi potessero vedere cose che avrebbero potuto turbarli. Per lo stesso motivo era stata costruita una grande muraglia che circondava l’intero paese, costantemente pattugliata dalla Guardia Celeste, la cui principale funzione era quella di pestare pesantemente i piedi di qualsiasi abitante riteneva potesse avere desiderio di uscire qualche minuto per prendersi una boccata d’aria fresca.
La cosa non succedeva frequentemente perche la maggior parte dei sudditi dell’Imperatore del Sole erano abbastanza contenti di vivere all’interno della Muraglia. E un dato di fatto che ognuno si viene a trovare necessariamente o da una parte o dall’altra di un muro e cosi l’unica cosa da fare e dimenticarsene oppure cercare di sviluppare dei piedi molto forti.
«Chi governa questo posto?» chiese Ysabell, mentre passavano sopra al porto.
«C’e una specie di Imperatore Bambino» disse Morty. «Ma l’uomo che conta in realta e il Gran Visir, immagino.»
«Non bisogna mai fidarsi di un Gran Visir» esclamo Ysabell con tono saggio.
E, a dire il vero, l’Imperatore del Sole non lo faceva. Il Visir, il cui nome era Nove Specchi Girevoli, aveva delle idee molto chiare rispetto a chi dovesse governare il paese, e cioe che sarebbe dovuto essere lui, e adesso il bambino era diventato grande a sufficienza da porre domande del tipo: 'Non pensi che la muraglia sembrerebbe piu bella se avesse dei grossi portali?' e 'Gia, ma che cosa c’e dall’altra parte?' e aveva deciso che, nell’interesse dello stesso Imperatore, quello sarebbe dovuto essere dolorosamente avvelenato e seppellito nella calce viva.
Binky atterro sul ghiaietto ben rastrellato che si trovava all’esterno del palazzo basso e dalle molte stanze, che rispecchiava severamente l’armonia dell’universo.[8] Morty scivolo giu dalla sella ed aiuto a scendere anche Ysabell.
«Cerca di non starmi fra i piedi, eh?» disse lui precipitosamente. «E non farmi nemmeno delle domande.»
Corse lungo qualche gradino laccato e si affretto attraverso le stanze silenziose, fermandosi di tanto in tanto per ottenere qualche riferimento dalla clessidra. Alla fine passo lungo un corridoio e sbircio attraverso una grata a volute in una lunga e bassa stanza in cui la corte era riunita per il pasto serale.
Il giovane Imperatore del Sole era seduto a gambe incrociate al capo della stuoia e indossava un mantello pieno di fronzoli e penne che si estendeva alle sue spalle. Esso sembrava decisamente troppo grosso per la sua eta. Il resto della corte stava seduto attorno alla stuoia secondo un ordine di precedenza complesso e rigido, tuttavia non era assolutamente possibile non notare immediatamente chi fosse il Visir, che stava ingozzando lo
Morty avanzo lungo il passaggio, svolto all’angolo e ando quasi a sbattere contro parecchi imponenti membri della Guardia Celeste, che erano ammassati attorno ad uno spioncino che si trovava nella parete di carta e si stavano passando l’un l’altro una sigaretta nel tipico modo che usano i soldati in servizio: con il palmo della mano a coppa.
Morty torno in punta di piedi alla grata e si mise ad origliare la conversazione:
«Io sono il piu sfortunato dei mortali, oh, Presenza Immanente, per trovare una cosa come questa nel mio per altro soddisfacentissimo
Tutta la Corte allungo il collo per vedere meglio. Anche Morty lo fece. Tuttavia non pote esimersi dall’essere d’accordo con quella affermazione… quell’affare era una specie di ammasso blu-verdognolo con dei filamenti gommosi che pendevano giu da esso.
«Il preparatore del cibo verra punito, Nobile Rappresentante di Erudizione» disse l’Imperatore. «Chi ha fatto questa cosa?»
«No, o Percettivo Padre della Tua gente, mi stavo riferendo al fatto che questo boccone e, io credo, la vescica e la milza di un’anguilla di mare profondo: a quanto si tramanda e il cibo piu prelibato che esista, tanto da potere essere mangiato soltanto dagli eletti degli stessi dei, cosi viene scritto, nel numero dei quali io non oserei mai includere il mio miserabile essere.»