«Andiamolo a scoprire» disse lui.

«Attenti! Sta tornando!»

Gli otto maghi piu anziani dell’Universita si misero in fila, cercarono di lisciarsi per bene la barba e, in generale, fecero un tentativo privo di successo di sembrare presentabili. Non era semplice. Erano stati strappati dai loro laboratori oppure da un bicchierino postprandiale di fronte ad uno scoppiettante fuoco, oppure dalla tranquilla contemplazione da qualche parte, con la testa sotto un fazzoletto abbandonati in una poltrona, ed erano tutti quanti piuttosto in apprensione e decisamente sgomenti. Continuavano a fissare il piedistallo vuoto.

Soltanto una creatura avrebbe potuto imitare l’espressione dei loro volti e sarebbe potuta essere un piccione che non soltanto ha sentito dire che Lord Nelson ha disertato la sua colonna ma che e anche stato visto comprare un caricatore a dodici colpi e una scatola di cartucce.

«Sta percorrendo il corridoio!» grido Scuotivento e si tuffo dietro ad un pilastro.

I maghi riuniti guardarono le due ante del portone come se esse stessero per esplodere, cosa che mostra che abilita di preveggenza essi avessero, visto che esse esplosero. Pezzi di quercia grossi quanto fiammiferi piovvero sulle loro teste ed una figura piccola e magra apparve, stagliandosi contro la luce. Teneva in mano un bastone fumante. Nell’altra teneva invece un piccolo rospo giallo.

«Scuotivento!» latro Albert.

«Signore!»

«Porta via questo affare e sbarazzatene.»

Il rospo si arrampico sulla mano di Scuotivento e gli getto uno sguardo apologetico.

«Questa e l’ultima volta che un maledetto oste da del filo da torcere ad un mago» disse Albert con malcelata soddisfazione. «Sembra che io non abbia fatto in tempo a voltare le spalle per qualche centinaio di anni che la gente di questa citta si sente incoraggiata a pensare di poter ribattere ai maghi, eh?»

Uno dei maghi anziani mormoro qualcosa fra se.

«Cosa? Parla a voce alta, amico!»

«Come economo di questa universita devo dire che abbiamo sempre incoraggiato una politica di buon vicinato nel rispetto della comunita» bofonchio il mago, cercando di evitare lo sguardo penetrante di Albert. Aveva nella coscienza un vaso da notte rovesciato e tre casi di graffiti osceni da essere presi in considerazione.

Albert resto a bocca aperta. «Perche?»

«Be’… ehm… per un senso di dovere civico, riteniamo che sia importante, a livello quasi vitale, che noi forniamo un esem…aarrggghh!»

Il mago cerco disperatamente di spegnere le fiamme che aveva sulla barba. Albert abbasso il proprio bastone e guardo lentamente tutta la fila di maghi. Essi oscillarono sotto il suo sguardo come fili d’erba in una tempesta.

«C’e qualche altro che vuole mostrare un senso di dovere civico?» chiese. «Buon vicinato… nessuno?» Si drizzo alla sua massima altezza. «Larve prive di spina dorsale! Non ho fondato questa Universita in modo che voi poteste prestare alla gente un maledettissimo falciaerba! A che serve avere il potere se non lo si sfrutta? Se uno non vi mostra rispetto, non dovete lasciare abbastanza della sua dannata taverna nemmeno per abbrustolirci le castagne sopra, capito?»

Qualcosa di molto simile a un debole sospiro si alzo dai maghi riuniti. Fissarono con sguardo triste il rospo che si trovava nelle mani di Scuotivento. La maggior parte di loro, durante la giovinezza, aveva eccelso nell’arte di ubriacarsi in maniera indegna al Tamburo. Ovviamente, adesso, quegli avvenimenti facevano parte del loro passato, ma la cena annuale di forchetta e coltello della Corporazione dei Mercanti si sarebbe dovuta tenere proprio il giorno dopo nella saletta superiore del Tamburo e a tutti i maghi di Ottavo Livello erano stati mandati inviti omaggio: ci sarebbe stato cigno arrosto, due diversi generi di zuppa inglese e una quantita di brindisi ai 'Nostri stimati, no, distinti ospiti' finche non fosse arrivato il momento, per i facchini del locale, di tirar fuori le carriole.

Albert incedette boriosamente lungo la fila, pungolando l’occasionale pancione con il bastone. La sua mente danzava e cantava. Tornare indietro? Mai! Questo era potere, questa era vita: avrebbe sfidato il vecchio Bonifacio e gli avrebbe sputato nell’occhio vacuo.

«Per lo Specchio Fumante di Grism, ci saranno dei bei cambiamenti da queste parti!»

I pochi maghi che avevano studiato la storia annuirono a disagio. Si sarebbe tornati ai pavimenti di pietra e ad alzarsi quando era ancora buio, alla totale astinenza dall’alcool in qualsiasi circostanza e a memorizzare i veri nomi di ogni cosa finche il cervello non fosse scoppiato.

«Che sta facendo quell’uomo?»

Un mago che aveva distrattamente tirato fuori la sua borsetta del tabacco lascio cadere la sigaretta mezzo- arrotolata dalle dita tremanti. Essa rimbalzo quando colpi il suolo e tutti i maghi la osservarono rotolare con occhi languidi finche Albert non fece un passo avanti con grande agilita e la schiaccio.

Poi si volto di scatto. Scuotivento, che lo aveva seguito come una specie di aiutante non ufficiale, rischio quasi di andargli a sbattere contro.

«Tu! Scuoticoso! Hai mai fumato?»

«No, signore! Sudicia abitudine!» Scuotivento evito l’occhiataccia che gli venne lanciata dai suoi superiori. Si rese improvvisamente conto di essersi creato dei nemici per la vita e non era affatto una consolazione sapere che, di conseguenza, non li avrebbe avuti ancora per molto.

«Benone! Reggi il mio bastone. Adesso, branco di miserabili trasformisti, tutto questo finira, capito? Per prima cosa, domani, sveglia all’alba, tre giri di corsa del quadrangolo e ritorno qui per le flessioni! Pasti bilanciati! Studio! Esercizi salutari! E quella dannatissima scimmia se ne andra in un circo, immediatamente!»

«Oook?»

Parecchi dei maghi piu anziani chiusero gli occhi.

«Ma prima» disse Albert abbassando la voce «mi accontenterete celebrando il Rito di AshkEnte.»

«Io ho un paio di lavoretti da terminare» aggiunse.

Morty avanzava impettito lungo i corridoi della piramide, neri quanto gatti, con Ysabell che gli si affrettava dietro. Il debole bagliore della sua spada illuminava oggetti sgradevoli: Il Dio Offler il Coccodrillo poteva sembrare una pubblicita di cosmetici confrontato con alcune delle cose che la gente di Tsort venerava. In alcune nicchie lungo il percorso si trovavano statue di creature apparentemente costruite con tutti i pezzi che Dio aveva scartato.

«A che cosa servono?» sussurro Ysabell.

«I Sacerdoti di Tsort ritengono che queste diventino vive quando la piramide e sigillata e che passeggino per i corridoi per proteggere il corpo del re dai ladri di tombe» disse Morty.

«Che superstizione orribile.»

«Chi ha parlato di superstizione?» domando Morty distrattamente.

«Diventano davvero vive?»

«Tutto quel che posso dire e che quanto gli tsortiani lanciano una maledizione contro un posto, non sbagliano mai.»

Morty svolto ad un angolo e Ysabell lo perse di vista per un istante mozzafiato. La ragazza corse in fretta attraverso l’oscurita e gli ando a sbattere contro. Lui stava esaminando un uccello dalla testa di cane.

«Puah!» disse lei. «Non ti fa passare i brividi lungo la schiena?»

«No» rispose Morty con voce piatta.

«Perche no?»

«PERCHE IO SONO MORTY.» Si volto e lei vide i suoi occhi balenare come capocchie di spillo azzurrognole.

«Smettila!»

«IO… NON POSSO.»

Lei cerco di ridere. Non funziono. «Tu non sei la Morte» gli disse. «Stai soltanto eseguendo un suo lavoro.»

«LA MORTE E CHIUNQUE COMPIA IL LAVORO DELLA MORTE.»

Il silenzio sconvolgente che segui a questa affermazione venne rotto da un gemito proveniente da un punto piu avanzato di quell’oscuro passaggio. Morty si giro sui tacchi e si affretto verso di esso. 'Ha ragione' penso

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