molto. Spero che non ci siano lesioni cerebrali.

Tocco il manometro collegato al braccio di Marygay. — Controlla la pressione sanguigna, e se pensi che sia il caso, dalle cinque centimetri cubi di vasocostrittore. Vado a darmi una ripulita.

Doc Wilson chiuse la borsa. — Hai qualche vasocostrittore, oltre alla fiala pneumatica?

Estelle controllo nella sua borsa. — No, solo la fiala d’emergenza… uh… si, ho il dosaggio controllato sul vasodilatatore.

— Okay, se devi usare il vasocostrittore e la pressione sale troppo in fretta…

— Le do il vasodilatatore a due centimetri cubi per volta.

— Bene. E un sistema da matti, ma… bene. Se non sei troppo stanca, vorrei che mi assistessi nell’operazione, di sopra.

— Sicuro. — Doc Wilson saluto con un cenno del capo e se ne ando.

Estelle comincio a fare spugnature al ventre di Marygay con alcool isopropilico. Aveva un odore freddo e pulito. — Qualcuno le ha fatto l’Antishock?

— Si — dissi io. — Circa dieci minuti fa.

— Ah. Ecco perche Doc era preoccupato… no, hai fatto benissimo. Ma l’Antishock contiene un po’ di vasocostrittore. Altri cinque centimetri cubi potrebbero essere una dose eccessiva. — Continuo a pulire, in silenzio, alzando gli occhi quasi continuamente per controllare l’indicatore della pressione sanguigna.

— William? — Era la prima volta che Estelle dava segno di conoscermi. — Questa don… uhm, Marygay, e la tua amante? La tua amante regolare?

— Infatti.

— E molto carina. — Un’osservazione straordinaria: il corpo di Marygay era sventrato e incrostato di sangue, la faccia tutta macchiata, dove io avevo cercato di asciugare le lacrime. Immagino che solo un dottore, una donna o un innamorato fosse capace di vedere oltre tutto questo e di riconoscere la bellezza.

— Si, davvero. — Marygay aveva smesso di piangere e teneva gli occhi chiusi, mentre succhiava le ultime gocce d’acqua dalla carta appallottolata.

— Posso darle un altro po’ d’acqua?

— Okay, lo stesso di prima. Non troppo.

Andai nel vano degli armadietti a prendere un tovagliolo di carta. Adesso che i fumi del liquido pressurizzante si erano dileguati, potevo sentire l’odore dell’aria. Non era l’odore giusto. Olio da macchina e metallo bruciato, come l’odore di un’officina per la lavorazione dei metalli. Pensai che avessero sovraccaricato il condizionatore dell’aria. Era gia successo, la prima volta che avevano usato le camere antiaccelerazione.

Marygay prese l’acqua senza aprire gli occhi.

— Avete intenzione di mettervi insieme, quando tornerete sulla Terra?

— Probabilmente — dissi io. — Se ci torneremo, sulla Terra. Abbiamo ancora una battaglia.

— Non ci saranno piu battaglie — disse Estelle, con voce inespressiva. — Vuoi dire che non l’hai saputo?

— Che cosa?

— Non sai che l’astronave e stata colpita?

— Colpita? — (E allora, come facevamo a essere ancora vivi?)

— Esatto. — Estelle riprese a pulire Marygay. — I vani della Squadra quattro. E il vano armature. A bordo dell’astronave non e rimasto un solo scafandro da combattimento… e non possiamo combattere in mutande.

— Cosa… I vani della squadra? E cos’e successo a quelli che c’erano dentro?

— Nessun superstite.

Trenta persone. — Chi erano?

— Tutto il Terzo plotone. La Prima squadra del Secondo plotone.

Al-Sadat, Busia, Maxwell, Negulesco. — Mio Dio.

— Trenta morti, e non si ha la piu vaga idea di quello che e successo. Non si sa neanche se puo ricapitare da un momento all’altro.

— Non e stato un missile automatico?

— No, li abbiamo colpiti tutti. E anche il vascello nemico. Non si e registrato niente di niente, su nessuno dei sensori, solo blam! e un terzo della nave e andato distrutto. E gia stata una fortuna che non si sia trattato del motore o dell’impianto ambiente. — Io non l’ascoltavo neanche. Penworth, LaBatt, Smithers. Christine e Frida. Tutti morti. Ero stordito.

Estelle prese dalla borsa un rasoio a lama libera e un tubo di gel. — Fai il gentiluomo e guarda dall’altra parte — disse. — Oh, anzi. — Intrise nell’alcool un quadrato di garza e me lo porse. — Renditi utile. Puliscile la faccia.

Mi misi all’opera e Marygay, senza aprire gli occhi, disse: — Che sollievo. Cosa fai?

— Il gentiluomo. E mi rendo utile…

— A tutto il personale: attenzione. A tutto il personale… Non c’erano altoparlanti nella camera a pressione, ma potevo sentire chiaramente quello del vano degli armadietti, oltre la porta. — Tutto il personale dal grado 6 in su, se non direttamente occupato in attivita di emergenza medica o manutenzione, si presenti immediatamente in sala assemblee.

— Devo andare, Marygay.

Ella non disse niente. Non sapevo neppure se avesse sentito l’annuncio.

— Estelle. — Mi rivolsi direttamente a lei, e al diavolo il gentiluomo. — Ti dispiace…

— Si. Ti faro sapere, non appena saremo in grado di dire qualcosa.

— Bene.

— Andra tutto per il meglio. — Ma la sua espressione era cupa, preoccupata. — Adesso vai — disse sottovoce.

Quando arrivai nel corridoio, l’altoparlante stava ripetendo l’annuncio per la terza volta: Nell’aria c’era un odore nuovo, e non ci tenevo a sapere cosa fosse.

20

Mentre mi avviavo verso la sala raduno mi ricordai di come ero conciato, e mi infilai nella toeletta vicino alla sala sottufficiali. Il caporale Hamehameha si stava spazzolando frettolosamente i capelli.

— William! Cosa t’e successo?

— Niente. — Aprii un rubinetto e mi guardai nello specchio. Avevo tutta la faccia e la tunica incrostate di sangue secco. — E stata Marygay, il caporale Potter, la sua tuta… be’, evidentemente faceva una grinza, uhm…

— Morta?

— No, ma quasi, uhm, la portano in chirurgia… — Non adoperare l’acqua calda. Il sangue non andrebbe piu via.

— Oh. Giusto. — Usai l’acqua calda per lavarmi la faccia e le mani, e ripulii la tunica con quella fredda. — La tua squadra era solo due vani piu in la dopo quella di Al, no?

— Si.

— Hai visto cos’e successo?

— No. Si. Non quando e successo. — Per la prima volta notai che piangeva: grosse lacrime le rotolavano lungo le guance e le cadevano dal mento. La voce era calma, controllata. Si tiro rabbiosamente i capelli. — E un caos.

Mi avvicinai a lei e le posai la mano sulla spalla. — Non toccarmi! — scatto lei e mi sposto la mano con un colpo di spazzola. — Scusami. Andiamo.

Sulla porta mi sfioro leggermente il braccio. — William… — Mi guardo con aria di sfida. — Sono contenta che non sia toccata a me. Capisci? E l’unico modo di vedere le cose.

Lo capivo, ma non sapevo se ci fosse davvero da essere contenti.

— Posso riassumere la situazione molto brevemente — disse il commodoro con voce tesa. — Se non altro

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