ogni secondo di piu. Quando William indietreggio, Charles interpreto questo movimento come un invito a entrare. Si fermo accanto al divano, e fece per sedersi. Dopo una rapida occhiata, aveva deciso che le sedie erano troppo fragili. «Posso?»

William annui, e il principe ranocchio si accomodo.

«Mi chiamo Charles Butler.» William sorrise controvoglia mentre Butler gli porgeva il biglietto da visita.

«Il suo agente mi ha detto che lei si occupa di fotografie di delitti.»

«No, lo facevo tempo fa, ora non piu.»

Butler fissava la radio sul tavolino. William si chiese se fosse in grado di riconoscere una radio della polizia. Si schiari la gola. «Cioe, non lavoro piu per la polizia. Mi occupo d'incidenti d'auto, roba simile…»

«Si, conosco i suoi lavori, forti contrasti, luce accecante, ombre scure. E crudelta di ogni genere.»

Il fotografo era indeciso se fuggire o svenire. L'aveva sottovalutato: Charles Butler era un collezionista d'arte e non uno sprovveduto, ma le qualifiche sul biglietto da visita avevano a che fare con la psicologia. E a William non piacevano gli strizzacervelli.

«Mi piacerebbe vedere i suoi primi lavori» disse Butler. «Le foto dei delitti: in particolare mi interessa quello di Natalie Homer. Forse il nome non le dice niente. E successo vent'anni fa. I giornali lo definirono un suicidio mediante impiccagione.»

«Non ho quelle foto. Capisce, non ho potuto fare quel lavoro. La macchina fotografica si era rotta.»

Butler non gli credeva. William si senti soppesato, ma intravide un po' di compassione nello sguardo di Butler.

Disse: «E una foto che la maggior parte delle persone preferirebbe dimenticare». Era vero. Solo una ristretta cerchia di demoni amava il genere, e Butler non sembrava tra quelli.

«Quindi ha scattato almeno una fotografia.»

William si sfrego le mani sudate, poi vide comparire sul tavolino accanto al divano un libretto di assegni e un'elegante stilografica. Si rilasso, era solo una questione di soldi, un affare come un altro.

«Quella fotografia mi interessa in modo particolare» disse Charles e apri il libretto degli assegni. «Ci tengo molto.» Guardo William e il sorriso si apri, allentando la tensione. Poi sgancio la bomba: «Conosceva Natalie, vero?».

William non avrebbe potuto parlare, nemmeno se avesse voluto.

Butler continuo. «Signor Heart, lei vive qui da una vita, vero? Me l'ha detto il suo padrone di casa. Mi ha detto anche che lei ha ereditato quest'appartamento da sua madre. E questo edificio si trova a un isolato di distanza da quello dove mori Natalie. Dev'essere stato difficile fotografare il cadavere di una donna che conosceva.»

«Io non… conoscevo quella donna.» William aveva paura. Quell'uomo non gli credeva. Con un tono da confessionale disse: «Viveva qui da poco tempo: non le ho mai rivolto la parola».

Butler capi che aveva perso il controllo.

«Mi capitava di vederla per strada. Era talmente bella, era fuori posto qui, Dio, era cosi bella.» Il suo sorriso gli ricordava le madonne dipinte e le statuette che affollavano l'appartamento quando sua madre era ancora viva. La bella Natalie nei suoi lunghi vestiti estivi.

William studio la faccia di Butler, cercando di capire se aveva parlato troppo. «Non ero l'unico. Tutti si voltavano a guardarla. Tutti quegli uomini, potevano solo guardarla.»

«E quando mori, fu chiamato a fare le fotografie» disse quel visitatore che leggeva i pensieri. «La nausea non arriva all'istante. Quindi c'era tutto il tempo di scattare almeno una fotografia prima di vomitare. Lei e un bravo fotografo, credo sia stato un gesto istintivo…»

Sapeva anche che si era sentito male.

«D'accordo, ora gliela do.» William era sollevato. Butler era uno di quei clienti che gli permettevano di pagare l'affitto, uno di quei pazzi che collezionavano souvenir macabri, un maniaco che non avrebbe mai voluto incontrare fuori da una galleria d'arte.

Entro in camera da letto e chiuse la porta a chiave. Quando ricomparve, aveva la fotografia in mano.

Quando Charles se ne ando, William noto che la cifra dell'assegno era molto piu alta di quanto avessero pattuito. Osservo il suo appartamento, la miseria che lo circondava. Si spavento al pensiero che Butler potesse non essere un pazzo, ma un uomo caritatevole. Chiuse la porta e torno in camera. Si sdraio sul letto e fisso la parete. Tutte le notti, prima di spegnere la luce, vedeva un muro di fotografie tutte uguali, la stessa faccia, la corda, gli insetti. Quella fotografia era il miglior lavoro che avesse mai fatto. Le mosche gli ronzavano ancora nel cervello. Una nuvola nera circondava la Madonna degli Scarafaggi.

12

La seconda moglie di Erik Homer, ormai vedova, viveva in un grande appartamento sulla Novantunesima Est. «Affitti bloccati» spiego la donna. «Duecentottanta dollari al mese per un posto cosi grande. Ci crede? E pensare che un tempo era una delle zone peggiori della citta…»

Il detective Riker penso che le opinioni di quella donna erano limitate a quanto poteva vedere dalla finestra. Era chiaro che non usciva di casa da un pezzo. Riker strinse la tazza di caffe, desiderava una sigaretta, il fumo avrebbe coperto l'odore di chiuso. Jane Homer era una montagna di carne flaccida, e non usciva piu di casa perche non passava dalla porta. I capelli erano grigi, arruffati, con le punte biondo platino. In lei ogni vanita era scomparsa da anni. Sulla scrivania c'erano diverse foto di Jane piu giovane con il marito. A quel tempo, era magra come la prima signora Homer.

Nessuna fotografia del figliastro.

Un'infermiera si aggirava nella stanza accanto. Parlava con Mallory. Il fatto che la signora Homer fosse costretta in casa era un punto a favore di Riker. Come la maggior parte delle persone nelle sue condizioni, aveva molta voglia di chiacchierare: «Ho visto il servizio in televisione, l'altra sera. Il caso di Natalie non e mai finito in tivu…»

«Gia, i due omicidi si somigliano…» disse Riker, evasivo.

La donna annui. Si udi la porta che si chiudeva. L'infermiera era uscita.

«Suo marito le ha mai parlato dell'omicidio?» domando Riker.

«Oh, si. Erik e la sorella di Natalie, come si chiama quella donna? Susan qualcosa… Non importa. Ne hanno parlato al telefono, per ore. Erik ha organizzato il funerale, e l'ha pure pagato. Non spettava a lui, non crede?»

Impossessarsi del cadavere della ex moglie rientrava nel tipico comportamento di un marito possessivo. Anche da morta, Natalie non era riuscita a scappare da Erik Homer. Riker chiese: «E il ragazzo? Andava d'accordo con lui? Voglio dire, dopo la morte della madre?».

La donna sembrava stupita, o forse si sentiva in colpa. «Non era certo un problema.»

«Non era un problema?» Mallory era appena entrata nella stanza. Aveva una cornice in mano. Guardo Jane sdraiata sul letto e le domando: «Allora perche lo ha rifilato a un parente dopo la morte del marito?».

«Si» disse Riker. «E scritto nella sua deposizione.»

«L'assicurazione di Erik non era una fortuna.» Gli occhi di Jane Homer erano fissi sulla cornice d'argento. «Quell'anno ho avuto problemi di salute, la tiroide, sa… Il bambino amava i nonni.» Fisso Riker, poi Mallory; probabilmente si rendeva conto degli errori commessi. Riempi il silenzio con le parole. «Non potevo prendermi cura di lui, lo capite?»

Mallory si avvicino al letto. «Disse alla polizia che il bambino era con la sorella di Natalie, a Brooklyn.»

«Esatto» disse la signora Homer, cercando di ammansire Mallory con un sorriso. «Ora ricordo. Mio suocero aveva il morbo di Alzheimer. Sua moglie non ce la faceva con lui e il ragazzino. Cosi Junior ando a vivere con la sorella di Natalie.»

Mallory passo a Riker la cornice d'argento. Era un ritratto di famiglia. Sullo sfondo c'era lo zoo del Bronx. La foto era stropicciata e le pieghe sembravano dividere l'uomo dalla donna. Forse Jane Homer aveva recuperato quella foto dalla spazzatura. La ragazza della fotografia non portava la fede nuziale. Aveva un'espressione felice. Una terza persona era stata tagliata via. Tutto quello che restava erano le dita di un bambino, intrecciate a quelle molto piu grandi di un sorridente papa.

«Il ragazzo aveva dei problemi?» chiese Riker.

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