giardino di Cass. Ho sempre pensato che fosse un'idea della dottoressa, un aspetto della terapia. Ma Mallory mi ha detto di no. Quando e passata di qua l'altra sera, mi ha detto che Ira chiedeva a Cass il permesso di cogliere fiori per sua madre.»

Charles penso che fosse una storia bellissima. E, se l'aveva inventata Mallory, era ancora piu bella.

Nella luce fluorescente della caffetteria l'incarnato di Darlene pareva ancora piu pallido. Charles la accompagno al tavolo piu vicino. Temeva che, se non si fosse seduta, sarebbe caduta. Quand'era l'ultima volta che aveva dormito?

«Aspetti qui, vado a prenderle un caffe.»

Ma poi mise sul vassoio anche una porzione di verdure, e un piatto di carne che galleggiava in una salsa acquosa. Il piece de resistance fu una fetta di torta al cioccolato avvolta nel cellophane. Voleva farla ingrassare.

Quando depose il vassoio sul tavolo, Darlene scoppio a ridere.

Era un progresso.

Una volta seduto, Charles le porse la lettera di ammissione al Centro Dallheim.

Lei la lesse in silenzio, poi il foglio le cadde di mano. «Lo vogliono! Vogliono Ira!»

«Oh, si. Sono molto interessati al suo caso. Ma adesso mangi qualcosa.»

Per giorni aveva tormentato il direttore del progetto con storie raccolte grazie a Betty, Mallory e Augusta, trasformando Ira in qualcosa di piu di un semplice numero: un essere umano.

«Comincera non appena stara abbastanza bene da potersi spostare fino a New Orleans. Non le sara permesso di vederlo per i primi tre mesi. Ma dopo potra portarlo a casa ogni fine settimana.»

«Capisco. Lei pensa che ci sia davvero una possibilita che Ira un giorno riesca a badare a se stesso?»

«Grazie a lei. Se non avesse continuato la terapia, a quest'ora sarebbe una causa persa. La prego, mangi qualcosa. Ci potrebbero volere anni di lavoro, ma col tempo acquistera autonomia.»

«Cosi, se mi dovesse accadere qualcosa…»

«Non sara ricoverato in un manicomio statale.»

Per qualche momento sembro felice. Poi la tristezza di sempre affioro nel suo sguardo.

«Bene… splendido.» Era piu calma adesso. «C'e qualcosa che devo fare. Ho solo bisogno…»

«Assaggi la carne, Darlene. Sono molto curioso di scoprire a quale specie appartenga.»

Lei impugno forchetta e coltello e fece per affettarla. All'improvviso le vennero a mancare le forze, e le posate caddero nel piatto.

«Non e molto allettante, vero? Mi dispiace.»

«Devo assolutamente parlare allo sceriffo» biascico. «C'e qualcosa…»

«Ha sentito che lo sceriffo pensa che sia stato Fred Laurie a uccidere Babe?»

«Non e stato Fred.» Con la mano urto la tazza di caffe e un fiotto di liquido scuro si sparse sul tavolo.

«Lo so.» Charles strappo qualche tovagliolo dal contenitore metallico al centro del tavolo e asciugo il caffe versato. «Ma, vede, la sua teoria piace davvero a tutti. Sara difficile forzare lo sceriffo ad accettare la sua confessione. Adesso provi i legumi.»

«Lei sapeva…» Si passo una mano tra i capelli, le dita sottili come artigli. «Io volevo dirlo a Tom. Ogni giorno, ho desiderato dirglielo. Non riesco a dormire la notte. Continuo a sentire il rumore del sasso che colpisce il cranio di Babe.»

«Non deve raccontarmi niente di tutto questo.»

«Ma si che devo» esclamo lei, un po' troppo forte. La gente seduta al tavolo vicino si giro a guardarla. Darlene abbasso il capo. «Voglio raccontarglielo.» La sua voce, adesso, era un sospiro. «Ho bisogno di parlare con qualcuno.» Giocherello con la fede nuziale, facendola scorrere lungo il dito. «Vidi che Babe lasciava la macchina alla stazione di servizio. Si stava dirigendo al ponte sull'Upland Bayou. Io l'ho seguito mentre i dottori stavano operando mio figlio. Ma non e quel che crede, non e per quello che aveva fatto alle mani di Ira.»

Anche l'anello era troppo largo adesso, c'era cosi poca carne intorno alle ossa.

Charles fissava il proprio riflesso nel portatovagliolo di metallo. Non riusciva piu a guardarla negli occhi. Stava soffrendo troppo mentre gli raccontava la violenza commessa sulla strada che portava a Casa Shelley.

«Non sapevo se l'avessi ucciso o no. Urlai quando vidi tutto quel sangue e corsi all'auto. Ero certa che qualcuno mi avesse sentita o vista. Lo lasciai li per strada e tornai all'ospedale ad aspettare lo sceriffo. Ero certa che da un momento all'altro Tom sarebbe entrato ad arrestarmi. Quando il dottore venne nella sala d'aspetto per parlarmi, non noto che c'era del sangue fresco sul mio tailleur: era quello di Babe, mischiato a quello di Ira.»

Si copri il volto con le mani dalle unghie martoriate.

«Mangi qualcosa.» Era quel che gli diceva sempre sua madre nei momenti di difficolta.

Darlene prese la forchetta e distrattamente rigiro i piselli. «Mi sentivo impazzire all'idea di quel che sarebbe accaduto a mio figlio se io fossi finita in prigione. Non ce la facevo piu a resistere.»

La forchetta le scivolo di mano e i piselli si sparpagliarono sul tavolo. «Ma non gli dissi niente. Chi avrebbe badato a Ira?»

Darlene spinse di lato il piatto e prese la confezione di cellophane con la torta. «Come ha fatto a scoprirlo, Charles?»

«Questo e l'ospedale dove Cass fece fare i test sul sangue di Ira. Quando lei lo ha portato qui per le fratture alle mani, il medico ha consultato il computer e le ha chiesto se Ira avesse seguito la cura per la sifilide. I dati a video erano incompleti, e il medico necessitava di un'anamnesi il piu possibile accurata: e la procedura normale.»

«E stata l'infermiera dell'accettazione, non un dottore.» Con le mani cercava di aprire l'involucro della torta, senza riuscirci.

«Non sapevo di cosa stesse parlando quella donna. Le dissi che c'era un errore. Ira era stato curato per l'epatite, non per la sifilide.»

Charles si chiese se fosse il caso di aiutarla ad aprire l'involucro.

«Be', per me non aveva senso, allora l'infermiera mi porto nel seminterrato, dove tengono l'archivio cartaceo.»

L'involucro resisteva. Lei cerco di sfondarlo con un dito, dimenticando di non avere piu unghie. «Trovammo una cartella che corrispondeva al numero di Ira sul computer. Non c'erano nomi, solo date e parametri per i test effettuati su un bambino di sei anni, un ragazzo di tredici e uno di diciannove. L'archivista disse all'infermiera che erano nella stessa cartella perche il medico, Cass Shelley, stava cercando di ricostruire il percorso dell'infezione.»

«Il ragazzo di tredici anni era Jimmy Simms.»

«Lo immaginai. E Babe aveva compiuto diciannove anni proprio allora. Tutti in paese sapevano della sua festa per lo scolo. Era una leggenda. E poi ci fu la cerimonia pubblica di guarigione. Ira non fu piu lo stesso, dopo. Cosi pensai che avesse stuprato mio figlio in quell'occasione. Gli aveva fracassato le mani. Avevo buone ragioni per crederlo colpevole, no?»

«Non ne sembra piu cosi sicura adesso.»

«Dopo che l'ho ucciso…» Non volendo incontrare i suoi occhi, fisso l'invincibile involucro di cellophane. «Voglio dire, piu tardi, quella stessa sera, mi resi conto che mio marito doveva essere al corrente della sifilide di Ira. Devono notificarlo ai genitori, no? E questo spiega il suo litigio con Cass. Forse lei lo accuso di aver violentato il suo stesso figlio.»

La fede nuziale le scivolo dal dito e rotolo sul tavolo.

«Deve essere andata cosi» disse, torcendo fra le mani la busta con la torta, sbriciolandola. «Ira ora e sano. Mio marito lo fece curare, prima di schiantarsi contro quel palo del telefono.»

«Quindi adesso crede di aver ucciso l'uomo sbagliato?»

«Ho sentito che Ira le ha detto che fu suo padre a lanciare la prima pietra. Rappresenta una prova, no? Cass stava per rendere pubblica l'intera sporca faccenda, cosi mio marito…»

Le mani riposavano sul piano del tavolo troppo stanche per lottare ancora.

«Suo marito non fece del male a Ira» chiari Charles, coprendole un mano con la sua. «Probabilmente gli dissero che Cass lo aveva accusato. Qualcosa di simile accadde al vicesceriffo Travis. Malcolm gli lesse la lettera di Cass, e lo indusse a credere che la dottoressa intendesse accusare lui, Travis, di aver violentato un ragazzo: Jimmy, immagino. In punto di morte Travis disse che Cass, con la sua scienza, stava per rovinarlo. Era innocente, ovvio, ma l'accusa, una volta pubblica, sarebbe stata di per se un marchio infamante,

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