28
«Sara meglio caricarlo in macchina» disse lo sceriffo. «Quella maledetta fabbrica continua a vomitare feriti. Se chiamassimo un'ambulanza, dovremmo aspettare tutta notte.»
Il giovane agente della polizia di Stato richiuse la sua valigetta di pronto soccorso: «Nessun problema. E meno malridotto di quel che sembra».
Charles penso che Riker avrebbe potuto stare peggio solo da morto.
Aveva le costole spezzate, un braccio rotto e buona parte del viso bendata.
L'agente diede una mano a sistemare Riker sul sedile posteriore, accanto a Mallory. Lei lo copri con una coperta, rimboccandogliela come fosse un bambino. Era ancora incosciente, e sbatteva le palpebre di continuo.
L'agente si accosto al finestrino aperto. «Ho avvisato l'ospedale del vostro arrivo. Non vi faranno attendere.»
«Grazie» disse Mallory.
Quando furono soli, con Riker assopito fra di loro, Charles disse: «Hai visto Augusta che dava fuoco a Owltown?».
«Faceva pulizia» rispose Mallory.
«Come, scusa?»
«La terra e sua, adesso. Puo farne quello che vuole.»
«Vuoi dire che e stata Augusta a comprare le proprieta terriere della New Church?»
Mallory annui. «La zona commerciale e tutto il lungofiume sono suoi. Vuole farne un'oasi per i gufi. Ah, guarda laggiu.» Alle loro spalle un edificio crollava tra le fiamme. «Un'altra notifica di sfratto.»
Lo sceriffo e la suo vice salirono a bordo. Un attimo dopo la macchina si mosse, costeggiando i resti fumanti di Owltown.
Charles si rivolse ancora a Mallory. «Non credi che dovremmo cercare di fermar…»
«Non e rimasto molto, Charles, a parte il negozio la in fondo» e indico l'unico edificio superstite.
«Ops!» si corresse, mentre le fiamme ingoiavano anche quello. «Tutto andato.» Guardo Charles e sorrise. «Accidenti!»
Lo sceriffo imbocco la statale, diretto verso l'ospedale. Nello specchietto retrovisore brillava l'incendio di Owltown. Rivolto alla sua vice, che non aveva piu aperto bocca, disse: «Anche oggi ti sei meritata lo stipendio».
Dal sedile posteriore Mallory fece notare che era stata un tantino lenta.
«La mira era perfetta» replico lo sceriffo.
«Hai ragione» concesse Mallory. «Non c'e male, per una novellina.»
«Dove… che cosa e successo?» Riker aveva finalmente aperto gli occhi. Giro adagio la testa, da un finestrino all'altro, cercando un punto di riferimento.
«E tutto finito» disse Mallory. «Torna a dormire.»
«Non proprio» sottolineo Charles. «Non sappiamo ancora chi abbia ucciso Babe Laurie.»
«E forse non lo sapremo mai» esclamo lo sceriffo, come se quella possibilita non lo turbasse affatto. Ma Charles decise che Jessop doveva aver risolto quel piccolo mistero, perche, riflesso nello specchietto, sorrideva compiaciuto.
Mallory sembrava indifferente, imperturbabile.
«Ehi, bimba» fece Riker.
«Sta' tranquillo» disse Mallory. «Siamo quasi arrivati.»
«Ti ricordi quando eri alta poche spanne e potevo ancora chiamarti Kathy?»
«Certo che me lo ricordo. Ora riposa. Chiudi gli occhi.» Era un ordine, anche se impartito in tono gentile,
Riker, pero, non voleva obbedire. Ora aveva gli occhi ben aperti. «Quante ne abbiamo passate insieme, eh?»
«Si, Riker.»
«Quindi, posso chiamarti Kathy, adesso?»
«No.»
Riker sorrise e chiuse gli occhi e mormoro una rispostaccia. Mallory non era disposta a lasciargli l'ultima parola. Avvicino la testa alla sua e sussurro: «Dormi».
Charles fece l'inventario dei danni subiti dai suoi compagni. Lo sceriffo aveva una benda sopra l'occhio destro, ma pareva di ottimo umore. Riker stava tornando in se. Mallory aveva ferito tutta quella gente, eppure sembrava solo un po' stanca, come dopo una lunga giornata. Ma Lilith era un'altra storia.
Charles ne osservo il profilo: guardava fuori dal finestrino, le labbra serrate in una linea dura e sottile. Gli occhi, tanto tristi, sembravano sul punto di chiudersi.
Aveva appena ucciso un uomo, e un penoso senso di perdita la consumava.
Il finestrino incorniciava la luna sospesa sui campi di canna da zucchero.
Il mento di Lilith si rialzo appena. Charles colse il suo sguardo nel riflesso del finestrino: apparentemente fissava la luna, ma a lui sembro che stesse guardando un panorama completamente diverso.
La morte aveva cambiato tutto.
29
Mallory aveva abbandonato gli stivali per un nuovo paio di scarpe da corsa.
Era vicina alla finestra, isolata dal resto del gruppo, e fissava lo stemma di Casa Shelley inciso sul calice che aveva in mano.
La sala da pranzo era elegante e formale. Per l'occasione era stato scelto il servizio piu bello. Il lungo tavolo di palissandro era apparecchiato con argenti, cristalli e pizzi d'antiquariato.
Charles osservo Mallory che si spostava nella sala adiacente, una biblioteca dagli scaffali vuoti. L'avrebbe seguita se Augusta non gli si fosse parata davanti.
«Sta dicendo addio alla casa» gli disse la donna.
Charles assenti. Levo il bicchiere e sorrise. «A un altro vantaggioso affare immobiliare.»
Fecero tintinnare i bicchieri, e alle spalle di Augusta Henry Roth mimo: «
Charles rise. «Spero tu non abbia intenzione di bruciare questa casa o di lasciare che vada in rovina.»
«C'e una clausola restrittiva nel contratto che me lo impedisce.» Augusta sogghigno e ando a controllare il bicchiere di Riker, che rischiava di rimanere vuoto.
Il detective era seduto in una poltrona ben imbottita. L'ingessatura del braccio riportava le firme di alcune graziose infermiere, oltre a quelle degli agenti della polizia di Stato e di Lilith Beaudare. Il sergente si stava godendo la sua condizione di invalido: gli bastava uno sguardo alla tavola per vedere esaudito ogni suo desiderio. Augusta aveva sviluppato una gran simpatia per lui. Mentre lo sceriffo e la sua vice si servivano da bere, Augusta e Riker fumavano e chiacchieravano amabilmente.
Attraverso la porta aperta della biblioteca, Charles vide Mallory in piedi davanti al camino. Il vento scuoteva i vetri delle finestre in tutta la casa. Una folata entro dalla canna fumaria e sollevo un po' di polvere dal camino.
Era cosi chiusa e riservata.
Augusta aveva ragione. Charles non avrebbe mai ottenuto risposta a tutte le sue domande, anche perche non osava formulare quelle che maggiormente gli stavano a cuore. Gli interrogativi vorticavano nel suo cervello, ciechi come pipistrelli condannati a volare in tondo, per sempre.