«Non devi scusarti. Stavo giusto scendendo nel seminterrato. Mi fa piacere avere compagnia. Ti piacciono i trucchi magici?»
La risposta di Justin non fu quella che si era immaginato. Il dondolio cesso.
«Se mi piacciono i trucchi? Signor Butler, questo e un modo indiretto per chiedermi se so far volare una matita?»
«Niente affatto. Vieni con me. Sono sicuro che il seminterrato ti piacera.»
Con un'alzata di spalle, il ragazzo gli fece capire che ne dubitava, ma che l'avrebbe accompagnato ugualmente. Charles chiuse a chiave la porta dell'ufficio e insieme si avviarono lungo il corridoio seguendo il cartello che indicava l'uscita e portava alla scala. Il ragazzo si volto a guardare l'ascensore e Charles spiego che le scale erano l'unica via d'accesso ai piani sotterranei, aggiungendo che sperava che a Justin quattro scalini non dispiacessero. Justin procedette lento e con fatica accanto a Charles, come se le sue gambe pesassero un quintale ciascuna.
A quanto pareva le scale erano una novita per quel ragazzino. Quando la porta si apri su una scala a chiocciola di ferro nero, Justin si afferro al corrimano. La luce cruda di una lampadina deformava le ombre del ferro ondulato.
«Spaventoso» disse Justin, approvando i giochi aggrovigliati di luci e ombre. «Questo vecchio palazzo mi piace.»
«Non hai ancora visto niente.»
Charles camminava davanti, seguito dal ragazzo, dal cui passo era scomparsa ogni riluttanza.
«Cosa andiamo a fare laggiu, signore? Vuole che infili due dita nel suo rilevatore di paura?»
«No, niente macchinali strani o metodi sofisticati. Le chiacchierate e qualche test scritto sono gli unici ferri del mio mestiere.»
«In che genere di soggetti e specializzato? Alieni?»
«Niente di cosi eccitante. Mi occupo di persone dotate di qualche talento particolare. Trovo un modo per qualificare, quantificare e applicare queste qualita… Molte persone hanno alcune aree dell'intelligenza eccezionalmente sviluppate. Prendi la mia socia, Mallory. Ha un talento naturale per l'informatica.»
«I computer sono solo congegni meccanici» disse Justin nel tono di una persona di mezz'eta. «Chiunque puo farne funzionare uno con un manuale di istruzioni.»
«Be', Mallory non ha bisogno di manuali. Fa cose a cui i progettisti non hanno mai pensato. Non hai idea di quello che riesce a fare con un computer.»
Un momento. Forse Mallory non era quello che si dice un buon modello per un ragazzino.
«Ma il talento della sua socia ha gia un'applicazione.»
«Si. Nella maggior parte dei casi esamino persone il cui talento non ha alcun campo di applicazione apparente e identifico un modo di valorizzarlo. Poi trovo loro un posto in un progetto di ricerca. Sembra noioso, vero?»
«D'accordo, signor Butler. Vuole cominciare senza i miei genitori?»
«Oh, no. Facciamo questa gita per il semplice piacere di farla. Stavo per venire quaggiu per cercare un vecchio disco che apparteneva a mio cugino. Era un mago… Maximillian Candle. Ne hai mai sentito parlare? No, non puoi averne sentito parlare. E passato molto tempo da quando calcava il palcoscenico. Ti interessa la magia? Non mi hai risposto.»
Erano arrivati in fondo alla scala, e Charles stava armeggiando con la serratura della porta. Una volta entrato, cerco a tastoni la torcia sul mobile in ingresso. L'accese e diresse il raggio verso il ragazzo per illuminargli il cammino.
Si fecero strada tra un labirinto di scatoloni e casse, vecchi mobili e foto incorniciate.
Charles inseri una chiave in un'altra serratura e la parete posteriore comincio a ripiegarsi su se stessa, come una gigantesca, silenziosa fisarmonica.
Lo spazio cavernoso oltre la parete era illuminato debolmente da un'ampia finestra. Le sbarre alla finestra erano opera di Mallory, cosi come le serrature a prova di ladro installate per tutto l'edificio. Avrebbe messo sbarre a ogni finestra se Charles glielo avesse consentito. C'era voluto del bello e del buono a convincerla che avrebbe preferito essere derubato piuttosto che sentirsi in prigione a casa propria.
Adesso il raggio della torcia illuminava un collage di satin e seta. Lustrini e cristalli scintillavano nelle custodie per vestiti trasparenti appese all'interno di un baule. Una parte della stanza era oscurata da un paravento di carta di riso raffigurante un grande drago dalla lingua fiammeggiante. Delle mensole fissate al muro ospitavano maschere, cappelli a cilindro, una gabbia per le colombe, carte da gioco giganti, scatole decorate e piccoli bauli pieni di trucchi magici.
«Tra un attimo accendero la luce.» Charles tocco con un dito la sommita di una sfera di cristallo e quella si animo, illuminandosi con pulsazioni misteriose come se la luce al suo interno respirasse.
Si giro verso il ragazzo, la cui attenzione era focalizzata altrove. «Oh, quello e il cugino Max.»
«Come va?» disse il ragazzo alla testa mozza appollaiata sulla sommita di un baule. Justin guardava alternativamente Charles e la testa di cera. «Le assomiglia.»
«Mori quando avevo all'incirca la tua eta.»
Charles prese in mano la testa. Lo fissava con occhi vivi e l'espressione di stupore caratteristica di Max quando era in vita.
«Il cugino Max salvo la mia infanzia.»
«Cosa intende dire?»
«Grazie alla magia. Era un mago fantastico. Naturalmente il piu grande di tutti i tempi e Malakhai. Faceva un numero con una donna morta, un fantasma.»
«Come no, signor Butler.»
«Dico davvero. Si chiamava Louise. Mori a soli diciannove anni. Era una di quelle persone molto dotate di cui stavo parlando, che…»
«Louise Malakhai? Quella del
«A quanto pare qualcosa hai imparato a scuola.»
«No, cerco di non imparare niente alla Tanner School. E troppo rischioso. Non sono sicuro che sappiano quello che fanno. La mia prima matrigna era solita ascoltare il
«Be', si e no.»
«Perche ha intitolato il concerto con il suo nome? E una sorta di autoritratto in musica?»
«Veramente lei aveva dato al concerto un titolo diverso. Fu Malakhai a cambiarlo, dopo che lei mori. Allora conosci quella musica.»
«Non proprio. Ho ascoltato il disco solo una volta dopo la morte della mia matrigna. Era un vecchio disco per giradischi…»
«D'antiquariato?»
«Si. Probabilmente adesso si trova su CD. La mia matrigna… quella pazza che si e suicidata… amava quel disco. Lo ascoltava di continuo.»
«A te piaceva?»
«Non l'ho mai ascoltato tutto. Lo metteva quando era sola. Quando c'era qualcun altro spegneva, o lo ascoltava con le cuffie. Diceva che il concerto era… abitato dai fantasmi. Diceva di sentire qualcuno che si muoveva nella musica. Strano, no? Comunque, dopo la sua morte, un giorno che stavo ascoltando il disco, papa lo strappo dal giradischi e lo distrusse.»
Charles penso a quel diabolico spazio vuoto, che ogni orecchio riempiva di significati diversi. Una volta lui aveva sentito Louise gridare. Un'altra volta, da adolescente infatuato della donna fantasma, l'aveva sentita ridere.
«Louise mori giovane. Il concerto fu la sua unica composizione, tutto cio che Malakhai possedeva quando torno dalla guerra di Corea. Lo usava come colonna sonora per tutti i suoi spettacoli.»
«Con una donna morta.»
«Si, una donna morta invisibile. Gli faceva da assistente. Quando gli porgeva un oggetto di scena, lo si vedeva fluttuare dalla mano di Louise a quella di Malakhai.»
«Trucchi. Fili e roba del genere.»
«Ma Malakhai sapeva anche ispirare terrore. Mandava Louise tra la folla. Piu tardi la gente del pubblico giurava di averla sentita passare, il fruscio del vestito, la corrente d'aria.»