— Non guardarla piu — disse John. Ma lui guardava da sopra la mia spalla. Ora era lui a fissare la luce. Cercai di mettergli la mano davanti agli occhi, ma John mi guardo dritto in viso e la scosto.

— Va tutto bene — disse. — Non mi fara niente.

— Che cos’e? — domandai.

— Uno sciame di mosche.

— Lucciole! — Risi in modo isterico, con un suono breve, stizzoso.

— Non lo so — rispose. — Non sono come quelle che conoscevo.

Mi chiesi come facesse a saperlo. — Riesci a distinguerle? — domandai. — Una per una intendo, non tutte insieme.

— Si — rispose annuendo. Diedi un’occhiata furtiva a Joaz. Stava ancora guardando e sembrava pietrificato. Xavier era accanto a lui e con la mano si riparava gli occhi, sbirciando di tanto in tanto tra le dita. Tirai Joaz per la manica.

— Sta bene — mi assicuro John.

— Voglio guardare — dissi.

— D’accordo, ma riparati gli occhi — rispose.

Mi misi il palmo della mano sul viso e mi voltai. La figura infuocata si muoveva lentamente sulla brughiera e si avvicinava con decisione ai due in un modo che a me parve minaccioso. Sottili lingue di fuoco e lampi improvvisi guizzavano e tornavano nella massa che procedeva in modo irregolare. Ora che sapevo cos’era cominciai a scorgere le singole luci. Erano davvero solo lucciole.

La donna sollevo a mezz’aria le mani e schiuse i pugni per scacciare gli insetti. Ma lo sciame colorato ondeggio e turbino e la donna lo manco. Poi fu avvolta dalla nube iridescente; e con lei, il suo compagno. Ma mentre lui rimase perfettamente immobile in un alone di colori cangianti, lei si volto e inizio a correre.

Fu allora che vidi il suo viso terreo e spaventato. Gli occhi erano come scaglie di ghiaccio che scintillavano riflettendo la luce delle lucciole. La donna cadde al suolo inciampando nel lungo vestito.

I colori presero a fluttuare sulla sua sagoma prostrata, poi si dispersero lentamente, uno per uno, spegnendosi. Abbandonarono anche l’uomo. Quando ritorno il buio, l’uomo ando incontro alla donna per aiutarla. Nessuno dei due sembrava ferito. Li persi di vista nell’oscurita proprio mentre l’uomo si chinava per sollevare la compagna.

Allungai la mano intimorito per toccare John. La sua mano incontro la mia e la strinse con forza.

— Cos’e accaduto? — domandai.

— Si sono sfamate, credo.

— Con cosa, col sangue?

— Non penso. — La sua voce era strana e distante. Riuscivo a malapena a vederlo.

— Subito mi ha fatto male guardarle — confessai.

— Non era dolore — disse. — Si stavano impossessando della tua mente, ecco tutto. Ne stavano solo prendendo possesso.

— Ma perche?

— Non lo so.

— Come fai a sapere cosi tanto senza sapere niente? — chiesi, irritato dalla sua calma.

— Non lo so — rispose di nuovo senza che la sua voce tradisse alcuna emozione.

— Joaz! — chiamai. — Cos’e accaduto? Siamo diventati tutti matti?

— No — disse. — Mantieni il controllo, Matthew. Penso che sia la droga.

— Vuoi dire che si tratta di allucinazioni?

— Oh, no. E reale. La droga sta affinando la nostra percezione e la sta estendendo lungo la linea del tempo. Tutti noi riusciamo a vedere di piu, a capire di piu. Disponiamo di una percezione piu profonda, non solo piu estesa. Forse abbiamo anche piu forza.

— Ma perche voi riuscite a vedere e io no? — volli sapere.

— Ci stiamo adattando piu velocemente. Ci vuole tempo, Matthew.

Scossi la testa. Il buio intorno a me cominciava di nuovo a spaventarmi. — Andiamocene — dissi. — Alla luce del giorno. Ovunque, ma lontano da qui.

— D’accordo — disse John, e continuo a tenermi la mano, mentre ci lasciavamo alle spalle l’oscurita e io incominciavo di nuovo a vedere.

Ma non volevo guardare, mi bastava sapere che potevo farlo. Ero molto stanco e volevo solo dormire. Mi sentivo la testa strana e pesante. Mi resi conto che mi appoggiavo a John e che mi sorreggeva con entrambe le braccia.

— Va tutto bene — disse. — E solo questione di tempo. Col tempo capirai. E una questione di adattamento. Presto dormiremo.

Non ricordo di essere andato a dormire. Non ricordo di aver fatto un’altra sosta, ma ricordo che, quando mi svegliai, ancora non sapevo cos’era successo all’uomo e alla donna, o a me, sulla collina.

Incominciavo solo a rendermi conto che il futuro era un luogo a noi estraneo. Un posto strano e orribile che avrebbe potuto dissolversi in un caos del tutto al di la della mia comprensione.

Ero consumato dalla paura. Ma c’era John accanto a me, John che era pronto e ansioso di conoscere tutto cio che era nuovo, che voleva scoprire mondi alieni e nuovi concetti.

Avevo sempre avuto bisogno di John.

E, sapevo, ne avrei avuto bisogno sempre.

16. L’unicorno

La vegetazione si estendeva intorno a noi in un fitto intrico verde e marrone. Rami snelli e flessuosi ricadevano dai tronchi degli alberi sfiorando il terreno, si attorcigliavano formando archi aerei, intrecci e alveari di un verde cupo. L’erba cresceva ovunque non vi fossero i tronchi, raggiungeva i rami degli alberi e avvolgeva le foglie piu basse.

Ci fermammo in una piccola radura ricoperta di muschio verde scuro e di felci simili a ventagli che spuntavano dal terreno come foglie gigantesche. Sotto il muschio vi erano pietre piatte e traballanti che spiegavano l’assenza di erba e di alberi. Tra le pietre spuntavano fitte famiglie di funghi e altri saprofiti erano abbarbicati ad alberi morti e moribondi.

Minuscole goccioline di umidita si trascinavano faticosamente lungo i viticci, mentre piccoli rivoli d’acqua scorrevano tra le fessure della corteccia verso il terreno fradicio. Tutta la foresta era stata recentemente inzuppata da una pioggia abbondante.

Non ci sedemmo, ma ci fermammo per guardarci attorno.

— Un tempo qui c’era una costruzione — commento Xavier.

— Ne resta proprio poco — disse Joaz. — Probabilmente era gia ricoperta di vegetazione anche nel nostro tempo.

— Quanto tempo fa? — domandai. — Dove pensate che siamo arrivati?

— Non lo so — rispose Joaz.

— Ha importanza? — domando John.

— Mi sarebbe piaciuto saperlo — dissi, imbarazzato. Sembrava che loro si fossero adattati in fretta… persino il lento, pacioso Xavier. Vedevano piu di me, avevano in mente uno schema gia pronto nel quale collocavano ogni nuova esperienza. Non capivo cosa mi mancava, ma sapevo che loro tre erano in possesso di una qualche facolta che finora non avevo scoperto. Niente li sorprendeva. Niente li spaventava. Non facevano domande, pero avevano ben poche risposte. Pensavo che la visione del passato mi avesse insegnato molto, ma evidentemente non abbastanza.

Certo restava il fatto che loro tre avevano sentito il bisogno di intraprendere questa missione. Faceva parte di loro molto prima che la iniziassero. Ma io non ne sentivo il bisogno, non era la mia missione. Ero un passeggero. Forse non avevo il diritto di comprendere.

— Non ci sono insetti — dissi.

— E bagnato — mi fece notare Xavier. — Non ci si aspetta di vederne.

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