legge immaginaria o a qualche principio della natura umana.
“La Confraternita dell’Uomo Futuro predica sopra ogni altra cosa la tolleranza, e dobbiamo tollerare non solo i poveri e i deboli, chi e odiato e chi e rifiutato, ma anche i ricchi e i potenti, chi odia e chi rifiuta. Cio che abbiamo visto non mi sembra una cosa giusta, ma se pare giusto a loro, se quello e il loro modo di vivere, allora non possono essere accusati di alcun crimine.”
— Perche? — protesto John. — Ditemi perche?
— Perche il mio compito, il compito della Confraternita, e legato all’Uomo Futuro, non solo all’uomo. La nostra legge consiste nel far progredire l’Uomo Futuro e guidare o usare gli uomini solo per servire questo fine. Per quel che riguarda tutto il resto, siamo tenuti a non interferire nelle loro vite, a meno che non siano loro a chiederlo. Non potevamo offrire a quel pover’uomo il tipo d’aiuto che ci stava chiedendo silenziosamente.
“Il nostro tempo e finito John, ricordatelo. Non abbiamo il diritto di trasformare gli altri in quello che vorremmo che fossero. L intera razza umana ha gia dimostrato di non essere all’altezza delle proprie mire. Predicare un nuovo stile di vita non porterebbe a nulla di buono. Riaccenderebbe solo dei conflitti causati in passato da un tale atteggiamento. Il “mio” sforzo e volto a preparare la via per una nuova razza. Dall’uomo, forse proprio da uomini come questa gente di montagna, verra l’Uomo Futuro, libero dalle nostre credenze e generato dalla nostra tolleranza. Non appena diventiamo intolleranti e cominciamo a obbligare altri uomini a seguire il nostro stile di vita, o qualunque altro stile di vita, allora diamo inizio allo scontro, e dallo scontro non puo che derivare morte. All’uomo non deve essere permesso di distruggersi, John. Ci e andato vicino in piu di un’occasione. Annientando se stesso annienterebbe l’Uomo Futuro. Il genere umano deve tramontare lentamente, ma prima di scomparire del tutto deve dare alla luce l’Uomo Futuro.”
— Non vi capisco — protesto John. — Non penso nemmeno che voi stesso capiate tutto quello che dite. Quando vi si rivolgono delle accuse, o delle domande, non fate altro che parlare, parlare e parlare. Conoscete a memoria frasi d’effetto, ma quando le mettete assieme non sono altro che sciocchezze. Non danno nessuna risposta, vi lasciate solo prendere la mano dalla vostra eloquenza. So che avete torto, filosofia o non filosofia, perche quello che avete fatto e sbagliato.
— Non so — disse l’omino pulendosi gli occhiali nella manica. — Non sono in grado di dirlo. Esiste davvero, cosi come tu dici o sembri far intendere, un “diritto” col quale dobbiamo confrontarci? Penso di no. Non esiste una regola cosmica, un ordine divino. Esiste solo la libera scelta: io ho scelto e rispetto la mia scelta. Non esiste nient’altro.
— Non faro mai una scelta come quella — dichiaro John. “Nemmeno io” avrei voluto aggiungere, ma temevo di averla gia fatta.
Era quasi mezzogiorno quando vedemmo la statua. La curiosita e una certa stanchezza dovuta alla notte precedente mi spinsero a fermarmi e a scendere dal carro per studiare quello strano ornamento della solitaria strada di montagna. Anche Alvaro scese per sgranchirsi le gambe, mentre John rimase sul carro ostentando un totale disinteresse.
La statua era modellata con creta grigia e marrone. All’inizio pensai che i colori seguissero un qualche schema, o quantomeno che fossero stati usati in quel modo per ottenere un particolare effetto visivo, ma osservando piu da vicino si capiva che erano stati accostati con assoluta casualita. Era come se lo scultore non si fosse curato di esaminare la natura dell’argilla che aveva impiegato, ma avesse semplicemente raccolto tutto il materiale disponibile e l’avesse modellato come veniva.
La statua sembrava la grottesca parodia di una figura umana. Era leggermente piu bassa di me, aveva gli occhi deformi e una testa troppo grossa che le dava le sembianze di un bambino gigantesco. Al posto delle pupille c’erano solo due buchi ai lati del setto nasale. Le cavita oculari erano sfregiate, come se fossero state raschiate da un’unghia, forse per abbozzare le sopracciglia. Decisi che gli occhi della statua erano chiusi, sebbene la figura fosse in piedi e non si potesse certo supporre che dormisse.
Era calva, con un cranio arrotondato che non mostrava tracce di saldature ossee. La bocca era storta e le orecchie una massa informe di argilla applicata male, come aggiunta per ripensamento. La statua era nuda e la pelle intorno all’inguine appariva perfettamente liscia. Non vi era traccia di peli pubici ne di organi genitali o escretori.
La giudicai una scultura piuttosto misera, anche se possedeva qualche qualita che mi intrigava. — Che ne pensate? — domandai ad Alvaro.
— Qualcuno si e divertito a modellarla — rispose — altrimenti non avrebbe scelto di metterla in mostra sul ciglio della strada.
Guardai le colline circostanti. — Non vedo nessun villaggio — osservai.
— Il territorio e cosi accidentato e tortuoso che il primo villaggio potrebbe essere a un chilometro di distanza o forse meno — mi fece notare. — Non riusciamo a spaziare molto con lo sguardo.
C’era del vero nella sua affermazione: le regioni montuose potevano confondere viaggiatori non avvezzi alle loro particolarita. Era estremamente facile perdere i punti di riferimento. Noi stessi ci saremmo smarriti di continuo, se non ci fosse stata la strada che, presumibilmente, rappresentava il percorso piu breve per giungere a destinazione.
— Penso che ce ne siano altre piu su — disse John indicando davanti a se. C’erano davvero altre sagome grigie e marroni, ma sembravano distese, non in posizione verticale come quella accanto a noi.
Risalimmo sul carro e ripartimmo. A circa un centinaio di metri dalla prima, trovammo i resti di una seconda statua che qualcuno aveva abbattuto e fatto a pezzi. Da quel che potevamo vedere, sembrava che questa fosse in tutto e per tutto simile alla prima.
Nei cinquecento metri successivi passammo accanto ad altre sette statue, due delle quali intere, mentre le altre presentavano danni piu o meno gravi. Differivano nell’altezza e nelle posizioni: alcune erano in piedi, altre inginocchiate, altre correvano. Anche le braccia avevano pose diverse: erano stese, sollevate o conserte. Ma a tutte mancavano gli occhi e il sesso. Sembravano essere la rappresentazione di qualcosa di disumano e vagamente terrificante. Una era stata un enigma, ma nove lasciavano intendere che qualcuno ne era ossessionato.
Giungemmo infine a una capanna di legno circondata da pini. Era piccola ma ben costruita. Davanti alla porta sedeva un uomo enorme che plasmava una statua d’argilla simile a quelle che avevamo visto lungo la strada. Lavorava in silenzio, muovendo lentamente le mani, ma la figura che stava creando era ben delineata e gia definita.
Per un istante restammo a guardarlo seduti sul carro uno accanto all’altro, senza sapere cosa fare o cosa dire. Il gigante, che doveva essere alto due metri e mezzo o poco meno, era pallido e magro in proporzione alla sua altezza. Forse non si era accorto della nostra presenza o forse gli era talmente indifferente da essere disposto a ignorarci senza nemmeno rivolgerci uno sguardo.
Alla fine prevalse la curiosita e smontai. Questa volta John mi segui, aiutando prima Alvaro a scendere. Ci avvicinammo tutti e tre all’uomo seduto.
— Buongiorno — mi arrischiai a dire.
Il gigante non sollevo gli occhi. — Mostro — disse.
— Mostro? E il tuo nome o ti riferivi a me?
Il gigante continuo a lisciare la testa della sua opera per darle, con una ragionevole approssimazione, una forma ovale.
— Sei stato tu a mettere le statue lungo la strada? — chiesi anche se la domanda era piuttosto sciocca.
— Statue. — Il gigante sputo per terra. — Uomini.
— Si, ho visto che sono uomini — dissi. — Alcuni sono caduti. Forsee stato il vento. — L’uomo resto impassibile. — Sono rotti — aggiunsi.
— Morti — commento lui con una leggera scrollata di spalle, come per indicare che cosi andava il mondo e che non valeva la pena piangerci sopra.
— E un peccato — dissi tentando di portare avanti la conversazione.
— Gli uomini muoiono — rispose il gigante che era palesemente un fatalista e un uomo di poche parole.
— Ah, non sprechi fiato — osservai. — Non vorrai dirmi che un tempo quelle statue erano vive?
Finalmente il gigante sollevo lo sguardo. Aveva un viso da bambino e una schietta espressione di sorpresa.