mentre li faceva scivolare fuori dalla pila per esaminarli, in modo da rimetterli esattamente al loro posto quando avrebbe terminato la sua perquisizione. I giornali erano… beh, giornali, nulla di piu. Almeno una cinquantina ne erano affastellati sulla scrivania, numeri vecchi e nuovi, l’Herald ed il Tribune di New York, parecchie testate di Chicago, tutte le riviste pubblicate a St. Louis e a New Orleans, giornali di Napoleon, Baton Rouge, Memphis, Greenville, Vicksburg, Bayou Sara, settimanali di una dozzina di piccole cittadine fluviali. La maggioranza di essi erano intatti. Da qualcheduno era stato ritagliato un articolo.
Sotto l’ingombrante ammasso dei giornali, Marsh trovo due registri con la rilegatura in cuoio. Li tiro da sotto la pila di carta con prudente lentezza, sforzandosi di ignorare la morsa nervosa che gli serrava lo stomaco. Forse York vi teneva un diario, un giornale di viaggio, penso, qualcosa che gli avrebbe rivelato da dove York proveniva e quale fosse la sua meta. Apri il primo libro e la delusione gli fece aggrottare le sopracciglia. Nessun diario. Solo articoli accuratamente ritagliati da giornali ed incollati sulle pagine bianche, ciascuno recante l’indicazione della data e del luogo scritte nella fluida calligrafia di York.
Marsh lesse il primo articolo che gli capito davanti agli occhi, tratto da un giornale di Vicksburg, e riguardante il ritrovamento di un cadavere trascinato dalla corrente sulla riva del fiume. Il rinvenimento risaliva a sei mesi addietro. Altri due articoli relativi a Vicksburg riempivano la facciata opposta; un’intera famiglia trovata morta in una capanna ad una trentina di chilometri dalla citta, una ragazza negra — probabilmente fuggita ai suoi padroni — trovata cadavere nel bosco, morta per cause sconosciute.
Marsh giro le pagine, lesse, sfoglio ancora. Dopo un po’ chiuse l’album e ne apri un altro. Stessa storia. Pagine e pagine di corpi, morti misteriose, cadaveri scoperti qui e la, tutti catalogati per citta. Marsh richiuse i due registri e li rimise a posto, cerco quindi di giudicarne il significato. I giornali abbondavano di articoli riguardanti morti ed assassinii che York aveva lasciato li dov’erano. Perche? Esamino alcuni giornali, li sfoglio e ne scorse attentamente il contenuto finche non fu certo delle sue conclusioni. Allora si acciglio. Appariva evidente che York non avesse alcun interesse per le morti cagionate da armi da fuoco o da taglio, per annegamenti o letali esplosiosi di caldaie, per le impiccagioni comminate dalle autorita a truffatori e ladri. Gli articoli che egli collezionava erano diversi. Morti la cui responsabilita non era imputabile ad alcuno. Gente sgozzata. Corpi mutilati e dilaniati, o altrimenti troppo scempiati perche si potesse riconoscere la causa della morte. O anche corpi intatti, la cui morte rimaneva inspiegabile, sui quali v’erano ferite troppo piccole perche le si potesse notare ad un primo sguardo, integri eppur dissanguati. La raccolta poteva comprendere una sessantina di storie, nove mesi di morte sul basso Mississippi.
Per un attimo Abner Marsh fu sopraffatto dalla paura. Provo una fitta al cuore al pensiero che Joshua conservasse i resoconti di turpi crimini da lui stesso perpetrati. Ma bastarono pochi secondi di logica riflessione per dissipare quell’atroce dubbio. Cio non poteva essere. Qualcuno, forse, ma nella maggioranza dei casi le date lo assolvevano. Joshua si trovava con lui a St. Louis, a New Albany o a bordo del Fevre Dream quando quegli sventurati avevano conosciuto la loro orrida fine. Joshua York non poteva portare il peso di quella colpa.
Tuttavia, Marsh intui che le soste ordinate da York , le sue misteriose escursioni a terra, rispondevano ad un disegno coerente. York stava visitando i luoghi di quei delitti, uno per uno. Cosa stava cercando? Cosa… o chi? Un nemico? Un nemico responsabile di tanta turpitudine, colui che spostandosi lungo il fiume aveva commesso tutti quei delitti? In tal caso, Joshua stava dalla parte del bene. Ma perche il silenzio, se i suoi scopi erano moralmente giusti?
Allora Marsh capi che doveva esserci piu di un nemico. Una sola persona non poteva aver commesso tutti gli omicidi che riempivano le pagine degli album, e d’altra parte Joshua stesso aveva parlato di ‘nemici’. Inoltre, pur essendo tornato da New Madrid con le mani sporche di sangue, la sua caccia non aveva avuto fine.
Il Capitano non riusciva a venirne a capo.
Comincio ad aprire cassetti e scomparti della scrivania di York. Documenti, carta da lettera con l’immagine stampata del Fevre Dream e intestata col nome della Societa, buste, inchiostro, mezza dozzina di penne, carta assorbente, una carta del sistema fluviale con l’indicazione delle marche di riferimento, lucido per gli stivali, ceralacca per sigilli: in poche parole, niente di utile. In un cassetto vi trovo delle lettere e si aggrappo a quelle pieno di speranza. Ma esse non gli dissero nulla. Due erano certificati di credito, il resto semplice corrispondenza d’affari con agenti di Londra, New York, St. Louis ed altre citta. Marsh si trovo tra le mani la lettera di un banchiere di St. Louis che poneva la Fevre River Packets all’attenzione di York. «Ritengo che essa sia perfettamente adatta ai vostri scopi, cosi come voi li descrivete,» aveva scritto l’uomo. «Il suo proprietario e un esperto battelliere, noto per la sua onesta, a quanto si dice estremamente brutto ma altrettanto leale, e di recente ha subito disastrosi rovesci che dovrebbero renderlo ricettivo alla vostra offerta.» La lettera proseguiva, ma non diceva a Marsh nulla che gia non sapesse.
Il Capitano rimise a posto le lettere come le aveva trovate, si alzo e si mosse da una parte all’altra della cabina, cercando qualche altra cosa, qualcosa che gli illuminasse la mente. Non trovo nulla; indumenti nei cassetti, la disgustosa bevanda nella rastrelliera, abiti nell’armadio, libri ovunque. Marsh scorse i titoli dei volumi piu vicini al letto; uno era un libro di poesie di Shelley, un altro una specie di libro di medicina del quale non capiva una riga. L’alta libreria offriva altri esemplari della stessa sorta; molta narrativa e poesia, una discreta quantita di storia, libri di medicina, di filosofia e scienze naturali, un tomo di alchimia vecchio e impolverato, un intero scaffale di libri in lingue straniere. Pochi libri privi di titolo, rilegati a mano in un cuoio finemente lavorato con pagine in foglia d’oro, colpirono l’attenzione di Marsh; il Capitano ne prese uno sperando di trovare in esso il diario personale che avrebbe risposto ai suoi quesiti. Ma seppure lo fosse stato, Marsh non pote leggerlo; le parole erano scritte in una grafia grottesca, dai caratteri lunghi e sottili, chiaramente non il segno arioso di York, ma la scrittura striminzita di qualchedun altro.
Marsh compi un ultimo giro d’ispezione nella cabina di York per accertarsi di non aver tralasciato alcunche, ed infine si risolse ad uscire, non significativamente piu edotto di quando vi era entrato. Inseri la chiave nella serratura, la giro attentamente, soffio sulla lampada, usci e richiuse la porta dietro di lui. Fuori l’aria s’era rinfrescata un poco. Marsh si accorse di esser praticamente fradicio di sudore. Infilo di nuovo la chiave nella tasca della giacca e si accinse ad allontanarsi.
Ma si fermo.
Pochi metri piu in la, la vecchia e spettrale Katherine stava ritta a fissarlo con gli occhi carichi di malevolenza. Marsh decise di comportarsi con sfrontata disinvoltura. Sollevo il cappello. «Buona sera, signora,» le disse.
Katherine sorrise lentamente, un viscido rictus che le contorse il muso volpino mutandolo in una maschera di terribile allegrezza. «Buona sera, Capitano,» disse. E Marsh noto che i suoi denti erano gialli, e molto lunghi.
CAPITOLO DECIMO
Dopo la partenza di Adrienne ed Alain, imbarcatisi a bordo del battello Cotton Queen che li avrebbe portati a Baton Rouge e Bayou Sara, Damon Julian decise di fare quattro passi sul lungofiume fino al caffe francese, quel baretto all’aperto ch’egli conosceva. Billy Tipton lo accompagnava, camminando al suo fianco non senza un visibile disagio, e gettando occhiate sospettose a chiunque incontrassero sulla loro via. Al loro seguito procedeva il resto della combriccola di Julian; Kurt e Cynthia avanzavano affiancati, mentre Armand si teneva indietro da solo, furtivo e inquieto, che la sete era gia in lui. Michelle era rimasta a casa.
Gli altri erano spariti, dispersi, spediti a monte o a valle del fiume, imbarcati per ordine di Julian chi su quel battello chi su quell’altro, alla ricerca di denaro, salvezza, un posto nuovo ove radunarsi. Damon Julian era finalmente passato all’azione.
Soffice e chiara come burro, la luce della luna avvolgeva il fiume. Le stelle brillavano. Lungo la banchina dozzine di battelli si accalcavano al fianco dei velieri con i loro alti e fieri alberi maestri e le vele ammainate. Scaricatori negri trasferivano cotone, zucchero e farina da un’imbarcazione all’altra. L’aria era umida e fragrante, le strade affollate.
Trovarono un tavolo che li gratificava di una buona visuale sul frenetico andirivieni dei passanti, e ordinarono del caffellatte e le frittelle dolci per cui il bar era rinomato. Billy la Serpe addento una di queste ed una