mentre parliamo. Permettete che offra un rinfresco a voi e ai vostri amici?»

Uno degli altri due creoli si affianco al suo amico. «Sentiamo cos’ha da dirci, Richard.»

Di mala voglia l’uomo acconsenti. «Billy,» disse Damon Julian, «vuoi farci strada?» Billy la Serpe soppresse un sorriso, assenti con un cenno del capo e s’incammino alla testa del gruppo. Passato un isolato imboccarono un vicoletto, e lo percorsero fino a giungere nella chiusa cinta di un cortile oscuro. Billy la Serpe si sedette sul bordo di una fontana su cui galleggiava uno strato di sudiciume. L’acqua trapelo attraverso la stoffa dei calzoni ma lui non se ne diede cura.

«Che posto e questo?» domando l’amico di Montreuil. «Qui non c’e nessuna taverna!»

«Beh,» fece Billy Tipton, «si vede che ho preso la strada sbagliata.» Gli altri creoli erano entrati nel cortile, seguiti dal resto della comitiva di Julian. Kurt e Cynthia si piantarono all’imboccatura del vicolo. Armand avanzo verso la fontana.

«Questa faccenda non mi piace,» disse uno degli uomini.

«Cosa significa tutto questo?»

«Cosa significa?» fece eco Damon Julian. «Ah. Un cortile buio, il chiaro di luna, una fontana. Il vostro amico Montreuil mori in un luogo proprio simile a questo, monsieur. Non questo stesso posto, ma uno davvero assai simile ad esso. No, non guardate Billy. Lui non ha colpa. Se ne volete soddisfazione, e a me che dovete chiederla.»

«A voi?» disse l’amico di Montreuil. «Come volete. Permettetemi di appartarmi unmomento. I miei amici mi faranno da padrini.»

«Certamente,» concesse Julian. L’uomo si allontano per consultarsi brevemente con i suoi due compagni. Uno di essi si fece avanti. Billy la Serpe si levo dal bordo della fontana e gli ando incontro.

«Io faro da padrino a Mister Julian,» disse. «Vogliamo stabilire le condizioni del duello?»

«Voi non potete fare da padrino,» obietto l’uomo. Aveva il volto oblungo, grazioso d’aspetto e i capelli erano di un cupo castano.

«Le condizioni,» ripete Billy la Serpe. La mano gli scivolo dietro la schiena. «Quanto a me, preferisco i coltelli.»

L’uomo emise un lieve grugnito e barcollo all’indietro. Abbasso gli occhi sopraffatto dal terrore. Il coltello di Billy affondava nelle sue viscere, sepolto fino all’impugnatura, ed una macchia rossa andava espandendosi lentamente sul suo gilet. «Dio,» piagnucolo il creolo.

«Sono solo io, pero, a preferirli,» continuo Billy la Serpe. «Ed io non sono un gentiluomo, no signore, stando alle regole non posso fare da padrino. I coltelli, poi, neppure quelli sono armi permesse.» L’uomo cadde sulle ginocchia ed i suoi amici, che d’improvviso si resero conto di quanto stava accadendo, accorsero allarmati. «Mister Julian, beh, lui la pensa diversamente. La sua arma preferita,» un sorriso, «sono i denti.»

Julian afferro l’amico di Montreuil, quello chiamato Richard. L’altro si diede alla fuga, e trovo le braccia di Cynthia ad accoglierlo all’imbocco del vicolo. Essa lo bacio, e fu un lungo bacio bagnato. L’uomo si dibatte, lotto per divincolarsi ma non riusci a liberarsi dall’abbraccio di lei. Le sue pallide mani gli sfiorarono la nuca e le lunghe unghie affilate e sottili come rasoi scivolarono sulle sue vene. La bocca e la lingua di Cynthia inghiottirono il suo grido.

Billy recupero il coltello mentre Armand si chinava per occuparsi della sua vittima gemente. Nel pallido lucore della luna il sangue che fluiva lungo la lama pareva quasi nero. Billy si accinse a ripulirla nella fontana, poi esito. Sollevo il coltello portandoselo alle labbra e lecco la superficie della lama per saggiarne il gusto. Si storse quindi in una smorfia. Un saporaccio, decisamente diverso da quello che gli promettevano i suoi sogni. Beh, poco importava, le cose sarebbero cambiate quando Julian lo avrebbe trasformato, lo sapeva questo.

Billy la Serpe lavo il coltello e lo ripose nel fodero. Damon Julian aveva ceduto Richard a Kurt, ed ora sostava solitario, il capo in su, a contemplare la luna. Billy la Serpe gli si accosto. «Ci hanno fatto risparmiare un po’ di soldi,» disse.

Julian sorrise.

CAPITOLO UNDICESIMO

A bordo del Fevre Dream NATCHEZ Agosto 1857

Per Abner Marsh quella notte pareva non finire mai. Fece un piccolo spuntino, giusto per mettere a tacere lo stomaco e calmare le sue paure, e subito dopo si ritiro nella sua cabina, ma il sonno non volle accoglierlo con la sperata sollecitudine. Per ore ed ore resto desto a fissare le ombre, ed intanto la sua mente galoppava all’impazzata inseguendo il guazzabuglio di pensieri gravidi di sospetto, di rabbia e di colpa. Sotto il sottile lenzuolo inamidato, Marsh sudava come un maiale, e quando, finalmente, riusci a prender sonno, non fece altro che girarsi e rigirarsi, svegliandosi sovente, agitato da sogni furtivi, incoerenti, sogni infiammati di sangue, di battelli incendiati, di zanne gialle e di Joshua Anton York, pallido e freddo sotto una luce scarlatta, la febbre e la morte dietro i suoi occhi arsi dalla collera.

Il giorno che segui fu il piu lungo che Abner Marsh avesse mai conosciuto. Tutti i suoi pensieri lo riportavano oziosamente, invariabilmente, al medesimo punto. A mezzodi gli fu chiaro quel che doveva fare. Era stato colto sul fatto, e per questo non esisteva rimedio. Doveva confessare a Joshua cio che aveva fatto e mettere le cose in chiaro una volta per tutte. Cio poteva significare la cessazione della loro societa, ebbene, andasse pure cosi, non aveva altra scelta… anche se l’idea di rinunciare al Fevre Dream lo distruggeva, scaraventandolo nella stessa disperazione che aveva provato il giorno in cui aveva visto cio che i blocchi di ghiaccio avevano fatto ai suoi battelli. Sarebbe stata la fine per lui, ed in fondo era proprio cio che meritava per aver tradito la fiducia di Joshua. D’altro canto, pero, le cose non potevano continuare nel modo in cui stavano andando. Marsh decise che Joshua avrebbe dovuto apprendere della sua intrusione dalla sua stessa bocca, il che significava doverlo avvicinare necessariamente prima che lo avesse fatto quella donna, Katherine.

Il Capitano non tardo a spargere la voce. «Voglio essere avvertito nel momento stesso in cui arriva,» ordino, «non importa quando sara o cosa staro facendo, avvertitemi immediatamente. Intesi?» Cio fatto, Abner Marsh si mise in attesa e cerco di trarre il massimo del piacere possibile da un gustoso pranzo a base di maiale arrostito con contorno di fagiolini e cipolle, coronato infine da un dessert consistente in una mezza crostata di mirtilli.

Mancavano due ore a mezzanotte quando un marinaio si presento da lui. «Il Capitano York e ritornato, Capitano. Ci sono delle persone con lui. Mister Jeffers sta provvedendo a farli sistemare nelle loro cabine.»

«Joshua e salito alla sua cabina?» gli chiese Marsh. L’uomo annui. Marsh afferro il suo bastone da passeggio e si diresse alla scala.

Giunto dinanzi alla porta della cabina di York, esito per qualche istante, poi squadro le spalle ampie e con un colpo netto l’impugnatura del bastone batte sulla porta. York apri al terzo colpo. «Entrate, Abner,» lo invito, sorridendo. Marsh entro, si chiuse la porta alle spalle e vi si appoggio, mentre York attraversava la stanza per tornare ad occuparsi di cio che stava facendo poco prima. Aveva preparato un vassoio d’argento sul quale aveva posto tre bicchieri. Adesso ne prese un quarto. «Sono lieto che siate venuto. Ho portato delle persone a bordo e vorrei che le conosceste. Ci raggiungeranno per un drink non appena si saranno sistemate nei loro alloggi.» York trasse una bottiglia della sua bevanda personale dalla rastrelliera, si muni del coltello e taglio via il sigillo di cera.

«Lasciate stare,» disse Marsh bruscamente, «Joshua, dobbiamo parlare.»

York depose la bottiglia sul vassoio e si volse a guardare Marsh. «Eh? Di cosa? Mi sembrate turbato, Abner.»

«Sapete che ho a disposizione una copia delle chiavi di tutte le serrature di questo battello. Mister Jeffers me le custodisce nella cassaforte. Quando siete andato a Natchez, ho aperto la vostra cabina e l’ho perquisita.»

Joshua York non ebbe il minimo sussulto, ma nell’udire le parole di Marsh le sue labbra si serrarono appena. Abner Marsh lo guardo direttamente negli occhi — come un uomo era chiamato a fare in un momento come quello — e vi scopri freddezza, e furia, la furia del tradimento. Avrebbe quasi preferito che Joshua gli avesse

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