Cynthia ha utilizzato la mia pozione per anni. E divenuta… sessualmente ricettiva… perfino senza il sangue, senza la febbre. Io ho risposto all’impulso. E stato potente, Abner. Forte quanto la Sete, ma diverso, piu pulito. Una Sete di vita, piuttosto che di morte. Ella morira quando verra il momento del parto, a meno che la vostra gente non l’aiuti. Julian non lo permetterebbe mai. E c’e anche il bambino a cui pensare. Io non voglio che venga corrotto, che sia schiavo di Damon Julian. Desidero che questa nascita sia un nuovo inizio per la mia razza. Dovevo fare qualcosa.»
Joshua York sorrise. «Mi dispiace per la bugia,» si scuso. «Abner, non c’e nessuno come voi. Avete tutti i miei ringraziamenti.»
«Non pensate a questo, ora,» disse rudemente Marsh, imbarazzato dalla gratitudine di Joshua. Lascio l’ombra degli alberi per incamminarsi verso il Fevre Dream e i marci tini di indaco, tinti di viola, che si profilavano dietro di esso. Quando fu vicino all’acqua, i suoi stivali produssero osceni suoni di risucchio, mentre tentava di liberarli dalla presa del fango. Marsh controllo di nuovo il fucile, per assicurarsi che fosse carico. Poi trovo una vecchia tavola consumata che giaceva nell’acqua bassa e stagnante, appoggiata contro una delle fiancate dello scafo e che raggiungeva il ponte di comando del battello. Joshua York, muovendosi rapidamente e in silenzio, lo segui. Si trovarono di fronte allo scalone, che conduceva all’oscurita del ponte di coperta, alle cabine chiuse da tende dove dormivano i loro nemici, alla lunga penombra del salone. Marsh non si mosse subito. «Voglio vedere il mio battello,» disse alla fine, e giro intorno alle scale, dirigendosi verso la sala macchine.
Le giunture di due caldaie erano scoppiate. La ruggine aveva mangiato i tubi del vapore. I grandi motori erano scuriti e stavano cadendo in pezzi. Marsh dovette camminare con attenzione per assicurarsi che uno dei suoi piedi non sfondasse un’asse marcia del pavimento. Si avvicino ad una fornace. All’interno, vi era della cenere vecchia e fredda e qualcos’altro, qualcosa di marrone e giallo, annerito qua e la. Immerse un braccio nella fornace e ne tiro fuori un osso. «Ossa nella fornace,» disse. «Il ponte distrutto. Dannate manette da schiavi ancora sul pavimento. Ruggine. Dannazione.
«Ve l’avevo detto,» disse Joshua York.
«Desideravo vederlo.» Uscirono nuovamente alla luce del sole che illuminava il castelletto. Marsh si guardo indietro, verso le ombre, le ombre arrugginite e marce di tutto quello che il suo battello era stato e di tutto quello che aveva sognato. «Diciotto grandi caldaie,» disse rauco. «Whitey amava i suoi motori.»
«Abner, venite. Dobbiamo fare quello per cui siamo venuti.»
Salirono l’imponente scalinata, con cautela. La fanghiglia sui gradini era viscida ed emanava un cattivo odore. Marsh si appoggio con troppa forza su una ghianda intagliata nel legno ed essa gli rimase in mano. La passeggiata era grigia e deserta, sembrava insicura. Entrarono nel salone e Marsh aggrotto le ciglia di fronte ai novanta metri di rovine, disperazione e bellezza rovinata. Il tappeto era macchiato, lacero e mangiato da funghi e muffa. Chiazze verdi si erano diffuse come un cancro che divorava l’anima del battello. Qualcuno aveva ricoperto di vernice l’osteriggio, pitturando di nero tutti quei bei vetri colorati. Era buio. Il lungo bancone di marmo era coperto di polvere. Le porte delle cabine di lusso pendevano rotte e divelte. Un lampadario era caduto. Camminarono attraverso le pile di vetri rotti. Un terzo degli specchi era spaccato o mancava. Il resto non rifletteva piu nulla, l’argento si era staccato o si era scurito. Quando raggiunsero il ponte di coperta, Marsh fu ben lieto di vedere il sole. Controllo ancora una volta il fucile. Il ponte del Texas incombeva su di loro, con le sue cabine chiuse e come in attesa. «Si trova ancora nella cabina del capitano?» chiese Marsh. Joshua assenti. Salirono i pochi gradini che portavano al ponte del Texas e si avvicinarono alla cabina. Nelle ombre del portico del Texas, Billy Tipton la Serpe li stava aspettando.
Se non fosse stato per gli occhi, Abner Marsh non avrebbe mai potuto riconoscerlo. Billy la Serpe era distrutto quanto il battello. Era sempre stato magro. Ma ora era uno scheletro vivente: ossa aguzze che sporgevano da una carne di un giallo malaticcio. La pelle aveva l’aspetto di quella di un uomo che sia stato costretto a letto per anni. Il suo viso era un dannato teschio. Un teschio giallastro e butterato. Aveva perso quasi tutti i capelli e la sommita della testa era ricoperta di croste e di piaghe vive. Era vestito di stracci neri e le unghie erano cresciute almeno di dieci centimetri. Soltanto gli occhi erano gli stessi: occhi color ghiaccio, come febbricitanti, che vi fissavano, tentavano di impaurirvi, cercavano di essere occhi di vampiro, proprio come quelli di Julian. Billy la Serpe sapeva che sarebbero venuti. Doveva averli sentiti. Quando girarono l’angolo, lui era la, col coltello in mano, quella mano mortalmente esperta. «Beh…» esclamo.
Abner Marsh carico il fucile e fece fuoco con entrambe le canne, a bruciapelo, contro il petto di Billy. A Marsh non interessava sentire quel secondo «Beh.» Non quella volta.
Il fucile ruggi e rinculo con forza, illividendogli il braccio. Il petto di Billy la Serpe divenne rosso in un centinaio di punti, e l’impatto lo scaravento all’indietro. La ringhiera marcia del portico del ponte del Texas cedette alle sue spalle e Billy si schianto sul ponte sottostante. Impugnando ancora il coltello, tento di rimettersi in piedi. Annaspo e barcollo in avanti, come un ubriaco. Marsh lo segui con un salto e ricarico il fucile. Billy la Serpe afferro il calcio di una pistola che aveva alla cintura. Marsh gli sparo altri due colpi e lo fece volare via dal ponte di controcoperta. La pistola roteo, libera dalla presa di Billy, e Abner Marsh senti l’orribile essere schiantarsi su qualcosa, di sotto. Ando a sbirciare dal castelletto. Billy giaceva a faccia in giu, contorto in una posizione innaturale, una macchia rossa sotto di lui. Impugnava ancora il suo dannato coltello, ma non sembrava potesse fare ancora danni con esso. Abner Marsh grugni, prese due cartucce nuove dalla tasca e si volto indietro a guardare il ponte del Texas.
La porta della cabina del capitano era completamente aperta e Damon Julian era uscito sul portico del Texas per affrontare Joshua, un pallido essere malvagio vestito in nero e con occhi invitanti. Joshua York se ne stava immobile, come un uomo in trance. Marsh costrinse i suoi occhi ad abbassarsi per guardare il fucile e le cartucce che aveva in mano.
«Guardami, Julian,» lo invito dolcemente Joshua. «Guardami.»
Marsh aveva ancora un colpo in canna. Riverso sul ponte, sollevo il fucile, ma fu troppo lento. Damon Julian distolse gli occhi da Joshua e si accorse dell’arma che veniva puntata su di lui. Piroetto e il colpo tuono attraverso l’aria vuota. Mentre Joshua York aiutava Abner Marsh a rimettersi in piedi, Julian era ormai scomparso giu per le scale. «Inseguitelo,» disse Joshua ansiosamente. «E state in guardia! Potrebbe tendervi un agguato.»
«E voi?»
«Mi assicurero che non lasci la nave,» disse Joshua. Poi roteo e salto dal bordo del ponte di comando, sul castelletto, rapido e agile come un gatto. Atterro ad un metro dal punto in cui giaceva Billy la Serpe, duramente, con un tonfo, e rotolo. Un istante dopo era di nuovo in piedi e saliva con velocita fulminea la grande scalinata. Marsh prese altri due proiettili e carico il fucile. Poi, si avvicino alla scala, sbircio dabbasso con circospezione e inizio a scendere, gradino dopo gradino, con il fucile pronto a sparare. Il legno scricchiolo sotto i suoi passi, ma non senti altro. Marsh sapeva che questo non significava nulla. Tutti loro, si muovevano cosi silenziosamente. Aveva il presentimento di sapere dove Julian si sarebbe nascosto. Nel salone, o in una cabina all’esterno. Marsh tenne il dito sul grilletto, e continuo, fermandosi per abituare gli occhi all’oscurita. All’estremita opposta del salone, qualcosa si mosse. Marsh miro e venne invaso dal gelo, poi si rilasso. Era Joshua.