puntuale come sempre.
Nel salire in auto, David si lamento di non poter andare in bicicletta. Non pioveva fortissimo, ma le nuvole erano basse e gonfie e dalla terra inzuppata d’acqua si levava una pesante nebbia.
Arrivarono in ospedale alle sette e mezzo. Angela si reco al laboratorio e David si diresse in corsia. Quando entro nella stanza di John Tarlow, la trovo invasa da scale e teli che coprivano i mobili e il letto era vuoto. Quando ando a chiedere spiegazioni alla caposala, quest’ultima gli spiego che il paziente era stato trasferito nella stanza 206.
«Come mai?» volle sapere David, sorpreso.
«Hanno voluto imbiancare la stanza. E venuta una squadra della manutenzione e ci hanno detto che dovevamo liberarla, cosi abbiamo spostato il signor Tarlow alla 206.»
«Che mancanza di riguardo verso il paziente!»
«Be’, non se la prenda con noi, vada a lamentarsi all’ufficio tecnico.»
Irritato, David segui il consiglio di Janet e scese fino alla stanza del capufficio tecnico. Alla scrivania c’era un uomo piu o meno della sua eta che indossava una camicia da lavoro stropicciata di tela verde e calzoni della stessa stoffa. Aveva l’aria trasandata.
«Si?» gli chiese Werner Van Slyke sollevando lo sguardo dalla propria agenda. Il viso e la voce erano completamente privi di emozione.
«Uno dei miei pazienti e stato fatto spostare dalla sua camera», disse David. «Vorrei sapere perche.»
«Se sta parlando della 216, la stanno imbiancando.»
«E evidente che la stanno imbiancando. Quello che non e evidente e il perche.»
«Abbiamo un calendario da seguire.»
«Calendario o non calendario», sbotto David, «non penso che i pazienti debbano essere disturbati, soprattutto quelli che stanno male, e i pazienti, se sono in ospedale, vuol dire che stanno male.»
«Parli con Helen Beaton se ha un problema», ribatte l’altro con la solita voce piatta e si rimise a guardare l’agenda.
Sconcertato dall’insolenza del suo interlocutore, David rimase qualche secondo sulla soglia, mentre Van Slyke continuava a ignorarlo. Alla fine si decise ad andarsene e, mentre ritornava al secondo piano, prese seriamente in considerazione la possibilita di parlarne con il direttore generale. Quando pero entro nella nuova stanza di John Tarlow si trovo a dover affrontare un problema ben piu pressante: le condizioni del suo paziente erano peggiorate.
La diarrea e il vomito, che inizialmente si erano placati, ora erano ancora piu violenti di prima e per di piu John appariva intontito e apatico. David non capiva il perche di quei sintomi, dato che evidentemente non era disidratato, grazie alla fleboclisi.
Nonostante un esame accurato del paziente, non riusci a trovare una spiegazione delle sue condizioni, in particolare di quelle mentali. L’unico dubbio che gli venne in mente fu che John potesse avere dimostrato un’eccessiva sensibilita al leggero sonnifero che aveva prescritto per lui, nel caso ne avesse avuto bisogno.
Nella stanza delle infermiere prese la sua cartella clinica e la consulto freneticamente, sperando di trovare fra i risultati delle analisi, arrivati nel frattempo dal laboratorio, una spiegazione e, di conseguenza, una soluzione. Dopo lo scontro del giorno precedente con Kelley era riluttante a chiedere un consulto, dato che sia l’oncologo sia lo specialista in malattie infettive non appartenevano al CMV.
Chiuse gli occhi e si sfrego le tempie, non sapendo che cosa fare. Purtroppo i risultati della coprocoltura, un test fondamentale, non erano ancora disponibili e lui non sapeva ancora se aveva a che fare con un batterio oppure no e, in caso positivo, con quale genere di batterio. Di buono c’era che, per ora, John non aveva la febbre.
Dalla cartella clinica risultava che il sonnifero gli era stato effettivamente somministrato; David, allora, lo cancello dalle prescrizioni e richiese un’altra coprocoltura e un altro conteggio dei globuli rossi. Chiese inoltre che la temperatura di John venisse controllata ogni ora, con l’ordine esplicito di essere avvertito, se fosse salita oltre i livelli normali.
Completata l’ultima biopsia della giornata, Angela puli il piccolo laboratorio accanto alla sala operatoria e si diresse verso la propria stanza. Aveva trascorso una mattinata proficua e piacevole e, fino a quel momento, era riuscita a evitare il dottor Wadley, anche se sapeva che prima o poi lo avrebbe incontrato e si preoccupava per come lui si sarebbe comportato.
Entrando nel suo ufficio, si accorse che la porta comunicante era socchiusa e cerco di chiuderla il piu silenziosamente possibile.
«Angela!» la chiamo il dottor Wadley, facendola sobbalzare. «Venga, voglio mostrarle qualcosa di affascinante.»
Lei sospiro ed entro. Wadley era seduto davanti al microscopio normale, non a quello didattico.
«Venga», ripete, facendo un gesto con il braccio per sottolineare il suo invito, poi batte un dito sopra il microscopio. «Dia un’occhiata a questo vetrino.»
Lei avanzo guardinga, poi si fermo, esitante. Intuendo la sua riluttanza, Wadley si diede una piccola spinta, facendo allontanare la poltroncina dalla scrivania. Angela allora si avvicino al microscopio e si chino.
Prima che potesse guardarvi dentro, Wadley si spinse in avanti, l’afferro alla vita e la fece sedere sul suo grembo, serrandole intorno le braccia.
«Presa!» grido compiaciuto.
Angela strillo e cerco di divincolarsi. Aspettandosi un approccio piu subdolo, era rimasta scioccata da quell’azione cosi diretta e violenta.
«Mi lasci andare!» grido al massimo della collera, cercando di allentare la stretta per liberarsi.
«No, se prima non lascia che io le dica una cosa», replico Wadley, ridacchiando.
Angela smise di lottare. Teneva gli occhi chiusi e si sentiva tanto umiliata quanto furibonda.
«Cosi va meglio», approvo Wadley. «Ci sono buone notizie. Per il viaggio e tutto sistemato. Ho gia preso persino i biglietti e il mese prossimo parteciperemo al convegno di patologia a Miami.»
Angela riapri gli occhi. «Meraviglioso!» esclamo, con il massimo sarcasmo che riusci a infondere alla sua voce. «E ora mi lasci andare!»
Wadley allento la stretta e Angela scatto in piedi, ma lui le afferro il polso. «Sara fantastico», continuo. «Il tempo sara perfetto, a Miami e il periodo migliore dell’anno e potremo stare sulla spiaggia. Ho gia fissato le nostre camere al
«Mi lasci andare!» sibilo Angela a denti stretti.
«Ehi!» Wadley si chino in avanti per guardarla piu da vicino. «E pazza o che cosa? Mi spiace di averla spaventata, volevo solo farle una sorpresa.»
Quando lui le lascio il polso, Angela si precipito nel proprio ufficio, sbattendo la porta. Era fuori di se dalla rabbia, mortificata, avvilita.
Rimase qualche minuto con il viso fra le mani, cercando di riprendere il controllo di se. Quando senti che la respirazione le era ritornata normale, afferro il cappotto e usci di corsa. Le avance sfrontate di Wadley erano servite se non altro a spingerla all’azione.
Quando arrivo all’ufficio di Cantor, dovette aspettare circa mezz’ora, dato che non aveva un appuntamento, e questo le servi per calmarsi ulteriormente e ripensare a tutta la vicenda. Si chiese se non avesse anche lei una parte di colpa, se non fosse stata troppo ingenua.
«Venga, venga», la invito Cantor con giovialita, appena fu libero. Sgombro per lei una sedia sommersa da riviste mediche e le offri qualcosa da bere, che rifiuto, poi si sedette, incrocio le braccia e le chiese che cosa potesse fare per lei.
Ora che se lo ritrovava davanti, Angela fu assalita nuovamente dalle impressioni negative che aveva avuto la prima volta che lo aveva visto. Gli leggeva sul viso un sorrisetto malizioso, come se avesse gia deciso che qualsiasi cosa covasse nella sua mente femminile non era importante.
«Non e facile parlarne», esordi Angela. «La prego di avere pazienza con me. Mi e stato difficile venire qua, ma non sapevo che altro fare.»
Cantor la incoraggio a continuare.
«Sono qui perche sono stata oggetto di molestie sessuali da parte del dottor Wadley.»
Cantor appoggio le mani sulla scrivania e si chino in avanti. Ad Angela fece piacere vedere che almeno