essere sul punto di perdere il secondo paziente della sua breve carriera a Bartlet.
Si rivolse quindi al dottor Hasselbaum, che si dimostro egualmente pessimista. Secondo lui, John era affetto da una polmonite causata da un tipo di batterio particolarmente letale e inoltre era stato colpito da choc. Sottolineo anche che la pressione arteriosa era molto bassa e che i reni non funzionavano piu regolarmente. «Le difese fisiologiche del signor Tarlow sono particolarmente basse, probabilmente a causa della leucemia. Se tentiamo una terapia, dev’essere massiccia. Ho la possibilita di utilizzare alcuni farmaci sperimentali creati per aiutare a combattere questo tipo di choc endotossinico. Che cosa ne pensa?»
«Tentiamo», disse David.
«Sono farmaci costosi», lo avverti il dottor Hasselbaum.
«La vita di un uomo e piu importante di qualsiasi altra cosa.»
Un’ora e mezzo piu tardi, quando la terapia di John era stata avviata e non restava altro da fare, David si affretto verso l’ambulatorio. Di nuovo, tutte le sedie della sala d’aspetto erano occupate e c’erano anche pazienti in piedi.
David respiro a fondo e si getto a capofitto nel lavoro. Fra una visita e l’altra telefonava all’unita di terapia intensiva per controllare le condizioni di John e ogni volta gli ripetevano che non si notavano cambiamenti.
Oltre ai pazienti previsti, ce n’era un certo numero che costituivano dei casi d’emergenza e questo contribui ad aumentare la confusione. Fra questi c’erano anche due vecchie conoscenze di David: Mary Ann Schiller e Jonathan Eakins.
Anche se lo angustiava il modo in cui si erano evoluti i casi di Marjorie e di John, David li fece ricoverare entrambi, la prima per una forma acuta di sinusite, il secondo per un’aritmia cardiaca preoccupante.
Altre due pazienti che avevano bisogno di cure immediate erano due infermiere del secondo piano, che soffrivano di disturbi simili all’influenza: malessere generale, febbricola, un basso numero di globuli bianchi e problemi gastrointestinali fra cui crampi, vomito, diarrea. Dopo averle visitate, le mando a casa prescrivendo riposo a letto e una terapia sintomatica.
Quando ebbe un minuto di tempo libero, chiese a Susan se le risultava che nell’ospedale circolasse l’influenza.
«No, che io sappia», gli rispose lei.
La giornata di Angela stava andando meglio del previsto, visto che non aveva avuto occasione di incontrare Wadley.
A meta mattinata telefono al direttore dell’istituto di medicina legale di Burlington, il dottor Walter Dunsmore, il cui numero aveva trovato il numero sull’elenco telefonico. Gli spiego di essere una patologa che lavorava all’ospedale di Bartlet e che le interessava molto il caso Hodges. Aggiunse anche di avere preso in considerazione, tempo prima, l’idea di intraprendere la carriera di medico legale.
Lui la invito subito ad andarlo a trovare a Burlington, per visitare i laboratori. «Anzi, perche non assiste all’autopsia di Hodges?» le propose. «Mi piacerebbe che lei fosse presente, ma l’avverto: come molti miei colleghi, sono un insegnante deluso.»
«Quando pensa di eseguirla?» domando Angela, sperando che, se avessero potuto rimandarla a sabato, le sarebbe stato possibile partecipare.
«E prevista per oggi, in tarda mattinata, ma potrei farla slittare al primo pomeriggio.»
«E molto gentile da parte sua. Purtroppo, non so che cosa direbbe il mio capo, se mi assentassi dal lavoro.»
«Conosco Ben Wadley da anni. Gli faro un colpo di telefono e chiariro la cosa con lui.»
«Non so se sia una buona idea.»
«Sciocchezze! Lasci fare a me. Non vedo l’ora di conoscerla.»
Angela stava per protestare, quando si accorse che il dottor Dunsmore aveva riattaccato. Si chiese quale sarebbe stata la reazione del dottor Wadley e non dovette attendere molto per saperlo: il suo capo la chiamo quasi immediatamente.
«Sono bloccato in sala operatoria», le disse con un tono molto cortese. «Ho appena ricevuto una telefonata dal medico legale capo. Dice che vorrebbe che lei assistesse a un’autopsia.»
«Si, ho appena parlato con lui, ma non sapevo che cosa lei ne pensasse.» Dall’allegria del dottor Wadley, era evidente che Cantor non gli aveva ancora parlato.
«Penso che sia una brillante idea», affermo Wadley. «Credo che tutte le volte che il medico legale ci chiede un favore, dovremmo farglielo. Non nuoce tenercelo buono. Potremmo essere noi a dover chiedere un favore a lui. La incoraggio ad andare.»
Angela lo ringrazio, poi chiamo David per fargli sapere i suoi programmi e senti subito che aveva una voce tesa e stanca.
«Hai una voce tremenda. Che cosa c’e che non va?» gli chiese.
«Te lo diro dopo, adesso sono indietro con le visite e gli abitanti di Bartlet non hanno pazienza.»
Angela gli riferi rapidamente dell’invito ricevuto e David le auguro buon divertimento e riattacco.
Angela lascio immediatamente l’ospedale e prima di andare a Burlington, passo da casa per cambiarsi. Nel percorrere il vialetto d’ingresso, vide un furgone della polizia parcheggiato davanti casa. Era evidente che gli investigatori della scientifica erano ancora li.
«Sono tutti di sotto», le confermo Alice. «Sono li da ore.»
Angela scese in cantina per incontrarli. Erano in tre e avevano delimitato tutta la zona intorno alla scala con un nastro plastificato, oltre ad averla illuminata a giorno con i proiettori. Uno di loro cercava impronte digitali sulla pietra, un altro frugava scrupolosamente la terra del pavimento, il terzo usava uno strumento luminoso per individuare eventuale materiale organico e orme non visibili a occhio nudo.
Il primo si presento come Quillan-Reilly e si scuso per l’invasione.
«Nessun disturbo», lo rassicuro Angela, che rimase qualche minuto a guardarli lavorare. Mentre stava per andarsene, Quillan le chiese se l’interno della casa fosse stata imbiancata negli ultimi otto mesi.
«Non penso», rispose lei. «Noi di sicuro non lo abbiamo fatto.»
«Bene, allora le spiace se torniamo stasera per usare il Luminol sulle pareti del piano di sopra?»
«Che cos’e?»
«Un prodotto chimico utilizzato per individuare le macchie di sangue», spiego Quillan.
«Ma la casa e stata pulita», obietto Angela, leggermente offesa.
«Vale sempre la pena provare.»
«Be’, se pensa che sia utile, tornate pure. Noi vogliamo collaborare», acconsenti Angela, domandando poi se le prove raccolte dal medico legale si trovassero ancora presso la polizia locale.
«No, le abbiamo noi», rispose Quillan.
«Bene.»
Dieci minuti dopo, Angela era in auto, diretta a Burlington. Trovo con facilita l’ufficio del medico legale e Walt Dunsmore l’accolse con gentilezza, facendola sentire immediatamente a suo agio. Le propose persino di darsi del tu.
Angela indosso gli indumenti chirurgici e provo un’ondata di eccitazione quando ricevette la mascherina, la cuffia e gli occhiali protettivi. Per lei la stanza dell’autopsia aveva sempre costituito l’arena delle grandi scoperte.
Il cadavere di Dennis Hodges era disteso sul tavolo e gli erano gia state fatte le radiografie, che adesso erano allineate su un pannello luminoso. Walt presento ad Angela il suo assistente Peter e il lavoro ebbe inizio.
Esaminarono dapprima le radiografie che rivelarono una frattura nella parte alta della fronte, chiaramente mortale, e un’altra frattura lineare nella parte inferiore del cranio. Anche la clavicola sinistra, l’ulna sinistra e il radio sinistro erano fratturati.
«Non c’e dubbio, si tratta di un omicidio», affermo Walt. «Guardate come il poveretto ha lottato strenuamente.»
«Il capo della polizia locale ha suggerito il suicidio», gli riferi Angela.
«Stava scherzando, spero.»
«Non lo so. A me e mio marito non e parso un buon detective. Puo darsi che non abbia mai avuto fra le mani un caso di omicidio.»