sicurezza.

«Lei ci sembra troppo coinvolto emotivamente e abbiamo deciso che sarebbe stato meglio per tutti toglierle il caso. Questo le dara la possibilita di calmarsi, sappiamo che e sotto pressione.»

David non sapeva che cosa pensare, tanto meno che cosa dire. Avrebbe potuto far notare a Kelley che il decorso della malattia si era svolto come lui aveva previsto, ma aveva la sensazione che non lo avrebbe nemmeno ascoltato.

«Non dimentichi quello che abbiamo detto ieri», aggiunse Kelley. «So che comprendera il nostro punto di vista, se solo ci pensa un po’.»

Quando riattacco, David si sentiva diviso: da un lato era furibondo per essere stato estromesso dal caso, dall’altro capiva che un po’ di ragione Kelley l’aveva. Gli basto vedere come gli tremavano le mani per riconoscere che era davvero troppo coinvolto emotivamente.

Se ne ando quasi barcollando, senza nemmeno passare a vedere Jonathan. Poiche era troppo presto per iniziare le visite in ambulatorio, passo dallo schedario dei referti. Prese le cartelle cliniche di Marjorie, di John e di Mary Ann, si sedette a un tavolo isolato e le riesamino da cima a fondo.

Non aveva abbandonato l’idea di un’infezione sconosciuta, qualcosa che i suoi pazienti potevano avere contratto in ospedale. Una cosa simile veniva chiamata infezione nosocomiale e lui ne aveva letto qualcosa, sapeva che in qualche altro ospedale era capitata. Tutti i suoi pazienti avevano avuto la polmonite, ma in ogni caso era stata causata da batteri diversi. Doveva essere stata il risultato di un’altra infezione, che pero non era evidente.

L’unico elemento in comune ai tre casi era l’anamnesi. Ogni paziente era stato curato per il cancro con varie terapie di chirurgia, chemioterapia e radioterapia. Fra loro tre, pero, l’elemento comune era soltanto la chemioterapia.

David sapeva che la chemioterapia abbassa moltissimo le difese immunitarie dei pazienti e si chiedeva se questo avesse a che fare con il rapido peggioramento che aveva notato in tutti e tre. L’oncologo, pero, aveva detto che la chemioterapia stata terminata molto tempo prima e che quindi il loro sistema immunitario doveva ormai essere ritornato normale.

Il cercapersone che aveva alla cintura si irrise a suonare, interrompendo il corso dei suoi pensieri; dal numero sullo schermo, David vide che lo chiamavano dal pronto soccorso; allora mise via i referti e scese al piano di sotto.

Il paziente in attesa era Donald Anderson, uno dei frequentatori piu assidui del suo ambulatorio. Era diabetico e spesso non era facile tenere a bada la sua malattia. A David basto guardarlo, per capire che il glucosio nel sangue era a livelli incontrollabili e che Donald si trovava gia in stato semicomatoso.

Ordino subito un test per la glicemia e gli applico una flebo, poi ando a parlare con la moglie, Shirley Anderson.

«Era una settimana che non stava bene», gli disse lei, «ma lo sa com’e testardo, non voleva venire a farsi vedere.»

«Credo che dovremo ricoverarlo. Ci vorra qualche giorno per riportare la situazione sotto controllo.»

Quando esamino i risultati delle analisi, David si stupi che Donald non stesse ancora peggio. Torno da lui, che grazie alla flebo si era gia ripreso, e vide che nella stanzetta contigua era distesa Caroline, l’amica di Nikki. Accanto a lei c’era il dottor Pilsner e David entro per salutarla. Lei gli rispose soltanto con lo sguardo, perche la bocca era coperta dalla mascherina dell’ossigeno. Aveva la pelle color cenere, quasi azzurrina, ed era evidente che respirava a fatica.

Il dottor Pilsner prese David in disparte e gli disse che la bambina stava molto male: aveva la febbre alta e una forte congestione.

«Pensa di ricoverarla?»

«Si, assolutamente. Lei sa meglio di molti altri che non possiamo correre rischi con questo genere di problemi.»

David annui. Si, lo sapeva. Si volto a guardare ancora una volta Caroline, che lottava per riuscire a respirare. Appariva minuscola sul grande lettino del pronto soccorso. David sospiro e penso a Nikki. Avrebbe potuto esserci lei, adesso, su quel lettino.

Angela fu avvertita da una delle segretarie che c’era una telefonata per lei da parte del medico legale e stacco subito il ricevitore.

«Spero di non disturbarti», disse Walt.

«Per niente.»

«Ho un paio di novita sull’autopsia di Hodges. Ti interessa sempre?»

«Certo.»

«In primo luogo, aveva una significativa quantita di alcol nel secreto oculare.»

«Non sapevo che lo si potesse scoprire, dopo cosi tanto tempo», si meraviglio Angela.

«Se c’e ancora un po’ di secreto oculare e facile», spiego Walt. «L’alcol e relativamente stabile. Abbiamo anche avuto la conferma che il DNA della pelle trovata sotto le sue unghie e diverso dal suo, quindi e senza dubbio quello del suo assassino.»

«E quelle particelle di carbone nella pelle? Ti e venuto in mente qualcosa?»

«A essere onesto, non ci ho pensato molto, ma ho cambiato idea sul fatto che dovessero essere contemporanee alla lotta. Mi sono accorto che le particelle sono nel derma, non nell’epidermide, dev’essere una vecchia ferita. Per esempio, potrebbe essersi conficcato la punta di una matita nella mano quando andava a scuola. Io ho una cosa simile nel braccio.»

«E io nel palmo della mano.»

«Il motivo per cui non ho fatto molto su questo caso e che non c’e tanta pressione da parte del pubblico ministero o della polizia di Stato. Purtroppo, sono stato sommerso da altri casi su cui grava una pressione maggiore.»

«Capisco», commento Angela. «A me comunque interessa ancora, quindi, se ci sono sviluppi, fammi sapere.»

Dopo avere riattaccato, continuo a pensare al caso Hodges e si domando che cosa stesse facendo Phil Calhoun. Non l’aveva piu sentito dal giorno del loro incontro. Il pensiero di Hodges le fece anche ricordare come si era sentita vulnerabile la notte in cui David era dovuto uscire di casa per andare all’ospedale.

Visto che era arrivata l’ora della pausa, spense il microscopio, si mise il cappotto e usci. Aveva detto a David che voleva una pistola e diceva sul serio.

A Bartlet non c’erano negozi di articoli sportivi, ma il signor Staley vendeva anche armi da fuoco e, quando lei gli spiego che ne voleva una per proteggere la propria casa, lui le consiglio un fucile da caccia.

Angela fece la sua scelta: un calibro dodici a pompa. Il signor Staley le spiego come caricarlo e scaricarlo, insistendo sull’uso della sicura, e le raccomando di leggere il libretto di istruzioni.

Angela carico in macchina il fucile e i proiettili, non senza un certo imbarazzo, visto che era la prima volta che teneva in mano un’arma e guardo verso i giardini, dov’era la stazione di polizia. Si vergognava ancora per la scenata del giorno prima e poi pensava che David avesse ragione: era sciocco inimicarsi il capo della polizia.

Si decise cosi ad attraversare i giardini e a entrare. Dopo dieci minuti venne ricevuta da Robertson.

«Spero di non disturbarla», gli disse.

«Nessun disturbo», rispose lui, nel farla accomodare.

«Non le rubero molto tempo.»

«Sono un pubblico servitore», declamo lui sfrontatamente.

«Sono venuta a scusarmi per ieri.»

«Eh?» Era evidente che il capo della polizia era decisamente sorpreso.

«Il mio comportamento di ieri e stato disdicevole, mi dispiace. E solo che sono rimasta davvero sconvolta dal ritrovamento del cadavere in casa mia.»

«Be’, e gentile da parte sua essere venuta.» Robertson era sconcertato, non si era aspettato niente di simile. «Mi spiace per Hodges. Terremo il caso aperto e le faremo sapere se salta fuori qualcosa.»

«Qualcosa e gia saltato fuori stamattina», lo informo Angela, riferendogli dell’ipotesi del medico legale, secondo cui l’assassino avesse un piccolo deposito di carbone sotto la pelle, derivante probabilmente da una matita.

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