pianterreno, si ritrovo ben presto a sfogliare un testo sulle malattie infettive. Non cercava niente di particolare, sperava soltanto che gli balzasse agli occhi qualcosa che potesse ricollegare alla morte dei suoi pazienti e al malessere delle infermiere. A un certo punto si accorse di essersi addormentato sul libro aperto. Si riscosse e guardo l’orologio: le undici e Angela non era ancora tornata.
Preoccupato, le telefono al laboratorio.
«Ci sto mettendo piu del previsto», gli rispose. «Lo so, avrei dovuto telefonarti, ma ormai ho quasi finito. Entro un’ora saro a casa.»
«Ti aspetto.»
Passo piu di un’ora, prima che Angela avesse finito del tutto. Chiuse alcuni vetrini in una valigetta di metallo, pensando che a David avrebbe fatto piacere dar loro un’occhiata con il microscopio che avevano a casa e si diresse verso l’uscita.
Non vedendo la Volvo, si ricordo che aveva dovuto lasciarla nel parcheggio superiore e s’incammino brontolando dentro di se: non solo era esausta, ma aveva anche il peso della valigetta.
Attraverso tutto il parcheggio inferiore, dove ormai c’erano pochissime auto, e si avvicino al sentiero che conduceva a quello superiore. Si accorse di essere completamente sola e comincio a sentirsi a disagio, tanto piu che le parve di udire dei passi dietro di lei. Si volto, ma non vide nulla.
Prosegui, pensando che fossero animali selvatici. Aveva sentito dire che, di tanto in tanto, venivano segnalati orsi bruni in quella zona. Si chiese che cosa avrebbe fatto, se gliene fosse capitato uno davanti all’improvviso.
«Non fare la stupida», si disse e prosegui, non vedendo l’ora di arrivare a casa. Era mezzanotte passata.
Il parcheggio inferiore era molto ben illuminato, ma imboccando il sentiero che conduceva a quello superiore, Angela si fermo un attimo per dare tempo ai suoi occhi di abituarsi all’oscurita. Lungo il sentiero non c’erano lampioni e la folta vegetazione di sempreverdi formava una specie di galleria.
L’abbaiare di un cane in lontananza la fece sobbalzare. Si addentro ancora di piu lungo il sentiero e arrivo alla scaletta che portava alla terrazza superiore. Udi gli scricchiolii del bosco e il frusciare del vento e si senti ancora piu nervosa. Le venne in mente l’episodio della cantina, quando David e Nikki l’avevano spaventata, e quel ricordo non servi certo a rassicurarla.
In cima alle scale, il sentiero ritornava pianeggiante e svoltava a sinistra. A una cinquantina di metri, Angela poteva vedere il parcheggio superiore, anch’esso bene illuminato.
Si era appena tranquillizzata, quando dall’ombra balzo fuori un uomo, in modo cosi fulmineo che lei non ebbe modo di tentare la fuga. Brandiva un bastone, che teneva alto sopra la testa, e aveva il viso coperto da occhiali da sci a maschera.
Arretrando istintivamente, Angela inciampo in una radice e cadde a terra. L’uomo le si getto addosso e lei grido, rotolando da una parte. Pote udire il colpo del bastone che affondava nell’erba soffice, dove un istante prima era la sua testa.
Appoggiandosi sulle mani e sulle ginocchia, si rimise in piedi, ma l’uomo l’afferro con una mano guantata e sollevo nuovamente il bastone. Allora lei lo colpi all’inguine con la valigetta di metallo, con tutta la forza di cui era capace. Lui grido dal dolore e allento la presa sul suo braccio.
Non potendo tornare indietro, verso l’ospedale, perche la strada era bloccata dal suo assalitore, corse verso il parcheggio superiore e il terrore le mise le ali ai piedi. Sentiva l’uomo dietro di lei, ma non osava voltarsi. Arrivo alla Volvo con un solo pensiero in mente: il fucile.
Lascio cadere a terra la valigetta e armeggio con le chiavi, fino ad aprire il bagagliaio. Afferro il fucile, strappo via la carta in cui era avvolto e pesco un proiettile dalla scatola che le era stata fornita.
Carico il fucile e si volto di scatto, tenendolo all’altezza della vita, ma non vide nessuno. Il parcheggio era completamente deserto. L’uomo non l’aveva inseguita e cio che aveva udito era stato soltanto l’eco dei propri passi.
«Non puo essere un po’ piu precisa?» chiese Robertson. «’Un tipo alto’. Che razza di descrizione e? Come facciamo a trovare quel tizio, se voi donne non lo sapete descrivere meglio?»
«Era buio.» Angela faceva fatica a tenere a bada le sue emozioni. «Ed e successo molto in fretta. Aveva gli occhiali da sci.»
«Che cosa diavolo faceva li in mezzo agli alberi a mezzanotte passata, comunque? Diavolo, tutte voi infermiere siete state avvertite!»
«Io non sono un’infermiera, sono un medico.»
«Oh, ragazzi!» Rise Robertson. «Crede che allo stupratore importi se lei e un’infermiera o una dottoressa?»
«Volevo dire che non sono stata avvertita. Le infermiere probabilmente lo sono state, ma a noi medici nessuno ha detto niente.»
«Be’ avrebbe dovuto starci attenta lo stesso.»
«Sta cercando di dirmi che questa aggressione e stata colpa mia?»
Robertson ignoro la sua domanda. «Che genere di bastone aveva?»
«Non ne ho idea. Le ho detto che era buio.»
Robertson scosse la testa e guardo il suo assistente. «Hai detto che Bill e appena stato la?»
«Si», gli rispose lui. «Non piu di dieci minuti prima che avvenisse l’aggressione aveva fatto un giro con la macchina in tutti e due i parcheggi.»
«Cristo, non so che cosa fare», disse Robertson. Guardo Angela e alzo le spalle. «Se almeno voi donne collaboraste un po’ di piu, non avremmo questi problemi.»
«Posso usare il telefono?»
Angela chiamo David e dalla voce che aveva capi che si era addormentato. Gli disse che sarebbe stata a casa entro una decina di minuti.
«Ehi, ma e l’una! Che cosa stai facendo?»
«Te lo diro quando arrivo a casa.»
Dopo avere riattaccato, Angela si rivolse a Robertson e gli chiese in tono stizzoso: «Me ne posso andare, adesso?»
«Naturalmente», le rispose lui. «Ma se le viene in mente qualche altra cosa, ce lo faccia sapere. Vuole che il mio assistente l’accompagni a casa?»
«Credo di potermela cavare da sola», rispose lei.
Dieci minuti dopo, si stringeva convulsamente al marito sulla porta di casa. Lui, gia allarmato per l’ora tarda, era rimasto scioccato nel vederla scendere dalla macchina stringendo una valigetta in una mano e un fucile nell’altra, ma non le aveva detto niente, per il momento, l’aveva abbracciata e basta.
Quando finalmente Angela riusci a staccarsi dal marito, si tolse il cappotto imbrattato di fango e porto valigetta e fucile nel salottino. David la segui e getto un’occhiata all’arma, ma ancora non disse nulla al riguardo. Angela si sedette sul divano, si strinse le ginocchia fra le braccia e sollevo lo sguardo su di lui.
«Vorrei riuscire a mantenermi calma», gli disse con voce smorta. «Mi porteresti un bicchiere di vino?»
Lui l’accontento immediatamente e le domando se voleva anche mangiare qualcosa, ma lei scosse la testa. Sorseggio il vino tenendo il bicchiere con tutte e due le mani, come se temesse di lasciarlo cadere, poi comincio a raccontare dell’aggressione. Ben presto, pero, si lascio sopraffare dall’emozione e scoppio in lacrime. Per almeno cinque minuti non riusci a parlare e David l’abbraccio, cercando di calmarla. Era affranto e dava a se stesso la colpa dell’accaduto: non avrebbe dovuto lasciarla lavorare fino a un’ora cosi tarda.
Alla fine, Angela riusci a dominarsi e fini il suo racconto. Quando arrivo alla parte che riguardava Robertson, si senti invadere dalla collera.
«Quell’uomo e incredibile!» esclamo. «Mi rende furibonda. Si e comportato come se la colpa fosse mia.»
«E un idiota», commento David.
Angela prese la valigetta e gliela porse, mentre si asciugava le lacrime. «Tutta questa fatica e i vetrini non hanno grandi cose da mostrare. Non c’era tumore al cervello, soltanto un po’ d’infiammazione dei tessuti perivascolari, ma non era specifica. Qualche neurone appariva danneggiato, ma potrebbe trattarsi di un mutamento post-mortem.»